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sabato 6 novembre 2010

Lavoro gratuito: presupposti e aspetti assicurativi

L’espressione «lavoro» ha una precisa connotazione sul piano giuridico, concorrendo ad identificare ogni attività umana suscettibile di valutazione economica. Il diritto del lavoratore a ricevere la retribuzione rientra infatti tra i diritti contemplati dalla Costituzione della Repubblica Italiana. Nello specifico, l’art.36 al primo comma dispone che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, la giurisprudenza aveva sempre valutato il lavoro svolto nella casa o nell’azienda del capofamiglia da soggetti allo stesso legati da vincoli di coniugio, parentela o affinità, applicando il principio di presunzione di gratuità. L’attività prestata all’interno della famiglia veniva inquadrata, in mancanza di specifici elementi rivolti a dimostrare il contrario, come prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa, cioè come prestazione effettuata per spirito di gratitudine o di solidarietà.

Con la riforma del diritto di famiglia e l’introduzione dell’art.230-bis c.c., viene presa in considerazione l’attività lavorativa prestata dal coniuge, dai parenti entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo grado nell’ambito familiare. Fatta salva una diversa configurazione del rapporto (lavoro subordinato, società, associazione in partecipazione), il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Con il termine continuità si intende costanza e regolarità nel tempo della prestazione, anche senza l’osservanza di orari predeterminati.

La condizione imprescindibile affinché possa configurarsi un rapporto ex art.230-bis c.c. è l’esistenza di un’impresa familiare così come definita dall’art.2082 c.c. E’ ragionevole ipotizzare che la presunzione di gratuità della prestazione, legata anche al fattore della convivenza dei familiari prestatori di lavoro, possa trovare applicazione nelle imprese individuali e nelle società di persone, mentre è meno implicita nel caso di lavoro prestato nell’ambito di società di capitali.
Il lavoratore che partecipi all'impresa familiare, non ricorrendo gli estremi della fattispecie del lavoro subordinato, non è soggetto ai regimi assicurativi previsti per tali lavoratori, ma, laddove ne ricorrano i presupposti, assoggettato ai regimi assicurativi speciali previsti, ad esempio, per gli artigiani e commercianti. Infatti, l’articolo 4, co.1, n.6, del DPR n.1124/65 elenca tra i soggetti da assicurare contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, tra gli altri, “il coniuge, i figli, anche naturali o adottivi, gli altri parenti, gli affini, gli affidati del datore di lavoro che prestino con o senza retribuzione alle di lui dipendenze opera manuale, ed anche non manuale”.

Per quanto riguarda invece il calcolo del premio da versare, qualora i lavoratori non percepiscano retribuzione fissa o comunque la remunerazione non sia accertabile, si assume come base di calcolo, in mancanza di salari medi o convenzionali, la retribuzione valida ai fini della determinazione del minimale di legge per la liquidazione delle rendite di cui all'art.116, co.3 del DPR n.1124/6517.

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