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lunedì 8 novembre 2010

CASSA INTEGRAZIONE E DOPPIO LAVORO: QUANDO È POSSIBILE, QUANDO NO

Per legge e giurisprudenza il cassintegrato può svolgere un secondo lavoro dipendente o autonomo, entro i limiti fissati dalla norma senza decadere dal diritto alla CIG. Resta necessaria la comunicazione preventiva resa dal lavoratore all'INPS circa lo svolgimento dell'attività secondaria al fine di evitare la decadenza dal diritto alle prestazioni per tutto il periodo della concessione.

Ecco le circostanze in cui si può dar luogo:

1) all'incompatibilità tra la nuova attività lavorativa e l'integrazione salariale e alla conseguente cessazione del rapporto di lavoro su cui è fondata;

2) alla totale cumulabilità della remunerazione collegata alla nuova attività con l'integrazione salariale;

3) a una parziale cumulabilità dei redditi da lavoro con l'integrazione salariale.

Incompatibilità assoluta. Si ha incompatibilità nel caso in cui il lavoratore beneficiario dell'integrazione salariale abbia iniziato un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato. In questo caso, come affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 195 del 1995), «il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissione di termine, alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto precedente e quindi la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento».

Cumulabilità totale. C'è la piena compatibilità tra attività di lavoro ed integrazione salariale, quando la nuova attività di lavoro dipendente intrapresa, per la collocazione temporale in altre ore della giornata o in periodi diversi dell'anno, sarebbe stata comunque compatibile con l'attività lavorativa sospesa che ha dato luogo all'integrazione salariale. In tali casi l'integrazione salariale è pienamente cumulabile con la remunerazione derivante dalla nuova attività lavorativa.

Quest'ipotesi ricorre nel caso in cui i due rapporti di lavoro siano part-time, sia orizzontale (con riduzione dell'orario ordinario giornaliero) sia verticale (con prestazione del lavoro per intere giornate in periodi predeterminati). Del resto nell'ipotesi di part-time verticale l'integrazione salariale è dovuta soltanto nei periodi in cui sarebbe stata espletata l'attività lavorativa. Cumulabilità anche con il lavoro accessorio svolto nei limiti di 3 mila euro l'anno e pagato con i «buoni lavoro INPS».

Il limite dei 3 mila euro (al netto dei contributi previdenziali) è riferito al singolo lavoratore; pertanto va computato in relazione alle remunerazioni da lavoro accessorio che lo stesso percepisce nel corso dell'anno solare, sebbene legate a prestazioni effettuate nei confronti di diversi datori di lavoro. Risultato? L'interessato non è obbligato a dare alcuna comunicazione all'INPS.

Cumulabilità parziale. Al di fuori dai casi sopra descritti è possibile cumulare in modo parziale la busta paga derivante dal nuovo lavoro e le integrazioni salariali. In via generale l'integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario si dedichi ad altre attività remunerate, di conseguenza il reddito derivante dalla nuova attività di lavoro non è normalmente cumulabile con l'integrazione salariale. In tali casi il trattamento di integrazione salariale verrà sospeso per le giornate nella quali è stata effettuata la nuova attività lavorativa.

Tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, qualora il lavoratore dimostri che il compenso (o provento) per tale attività è inferiore all'integrazione stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l'intero importo dell'integrazione salariale spettante e il reddito percepito.

A - Nel caso in cui il beneficiario della integrazione salariale stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato tale contratto risulta compatibile con il diritto all'integrazione salariale. Se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa è inferiore all'integrazione, sarà possibile il cumulo parziale della stessa con il reddito, quale differenza per arrivare all'importo totale della integrazione spettante.

B - Analogamente nel caso in cui il lavoratore - beneficiario di integrazione salariale rispetto ad un rapporto di lavoro a tempo pieno - stipuli un nuovo contratto di lavoro subordinato a tempo parziale (sia esso a tempo determinato o indeterminato), sarà possibile il cumulo parziale dell'integrazione salariale con il reddito derivante da tale attività.

C - Se il nuovo lavoro è autonomo non rileva il fatto che il lavoro sospeso sia a tempo parziale o a tempo pieno, né il tempo dedicato alla prestazione di lavoro autonomo e neanche il fatto che tale nuova attività non comporti una contestuale tutela previdenziale di natura obbligatoria: non sussiste alcuna presunzione circa la possibile equivalenza tra il provento di tale attività e la misura dell'integrazione salariale cui il lavoratore avrebbe avuto diritto.

Spetta pertanto al lavoratore interessato dimostrare e documentare l'effettivo ammontare dei guadagni e la loro collocazione temporale al fine di consentire all'Istituto l'erogazione dell'eventuale quota differenziale di integrazione salariale.

Rientrano in tale ipotesi anche le somme percepite per incarichi pubblici elettivi o in virtù di un rapporto di servizio onorario con la Pubblica amministrazione.

Riferimento Circ. Inps n° 130/2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Salve,
provo a chiedere un chiarimento riguardo ad un caso specifico: contratto subordinato full time a tempo indeterminato per il quale vengo posto in CIGS solo pochi giorni al mese (per esempio 3), volendo intraprendere un'attività autonoma parallelamente all'attività subordinata suddetta quali vincoli e limitazioni esistono relativamente all'intregrazione per CIGS? i guadagni realizzati con l'attività in proprio sono cumulabili alla CIGS o meno? in caso affermativo in quali termini e con quali vincoli? essendo un lavoro autonomo, come si stabilisce la "sovrapposizione" con l'attività subordinata?

Grazie, salve