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lunedì 22 novembre 2010

ASSISTENZA AI DISABILI: I TRE GIORNI DI PERMESSO AL MESE

Il «Collegato lavoro» ha, tra le altre cose, modificato in due punti la normativa in materia di riconoscimento dei permessi mensili ai lavoratori che assistono familiari handicappati.

Si tratta dei famosi tre giorni di permesso al mese, conosciuti e richiesti da milioni di lavoratori pubblici e privati, che ne fruiscono per curare familiari disabili in «situazione di gravità».

L'assistenza è riservata ai seguenti parenti e affini:

1) coniuge;

2) entro il primo grado (figli, genitori, suoceri, generi/nuore);

3) entro il secondo grado (fratelli/sorelle, nonni-nipoti, fratelli/sorelle del coniuge);

4) entro il terzo grado (si aggiungono zii e nipoti in via collaterale) quando i genitori o il coniuge del disabile: a) hanno 65 anni, b) sono anch'essi inabili; c) mancano.

Niente permessi se i familiari sono ricoverati a tempo pieno.

Come al solito i tre giorni di permesso possono essere presi: a) in via continuativa, b) in modo frazionato. Durante i tre giorni il lavoratore ha diritto: 1) alla busta paga, 2) ai contributi figurativi per la pensione. Nella realtà il datore di lavoro si limita ad anticipare in busta paga l'indennità, pari alla retribuzione, che poi chiede a rimborso dell'INPS in occasione del pagamento dei contributi con il modello F24. Trattandosi perciò di un'indennità e non di un salario scattano i contributi figurativi e il datore di lavoro è esonerato dal pagare quelli obbligatori.

Se si tratta di assistere un figlio la legge introduce una perfetta equiparazione tra moglie e marito. Il diritto è di tutti e due e possono chiedere il permesso anche in via alternativa: come dire, una volta a me, una volta a te. Ovviamente non tutti e due insieme.

C'è poi un'ulteriore novità presa stavolta per stringere un po' i freni. Per legge il lavoratore pubblico e privato, che dimostra di dover assistere i disabili prima indicati, ha diritto di farsi spostare, nei casi in cui ciò sia possibile, ad una sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, e non più alla sede più vicina al proprio domicilio. Esempio: un lavoratore a Milano ha diritto di essere spostato a Roma se nella capitale è domiciliato il familiare disabile e sempreché a Roma l'azienda abbia un'altra sede di lavoro.

E una volta vicino al disabile non può essere spostato dall'azienda ad altra sede senza il suo consenso.

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