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lunedì 28 giugno 2010

L’Inps prepara centomila ispezioni sulle invalidità civili

Un programma straordinario di ispezioni è stato varato dal Governo e delegato all’Inps, in materia di verifica delle invalidità civili.
L’obiettivo che si è dato il Governo è particolarmente ambizioso: verificare 100 mila posizioni per l’anno 2010 e duecentomila per gli anni 2011 e 2012.
La procedura mira a verificare la sussistenza delle condizioni cliniche che determinano l’accesso all’indennità di accompagnamento e agli altri benefici previsti dalla legge, al fine di contenere il ricorso abusivo a questo tipo di istituto.
Saranno vagliate le pratiche relative ai soggetti titolari di indennità di accompagnamento e che hanno un’età compresa tra i diciotto e i sessantasette anni compiuti, la cui prestazione è stata riconosciuta in data antecedente il 1° aprile 2007.
Obiettivi della verifica saranno anche i titolari di assegno mensile , di età compresa tra quarantacinque e sessant’anni di età la cui prestazione è stata riconosciuta in data anteriore al 1° aprile 2007.
Le Direzioni regionali Inps, avranno il compito di vagliare le domande in questione e di attivare tutte le iniziative utili con le Asl al fine di stabilire accorsi che rendano più snella e rapida l’istruttoria delle pratiche.
L’istruttoria si avvierà mediante la richiesta della cartella sanitaria all’Asl di competenza che saranno tenute a metterla a disposizione dell’Inps nel minor tempo possibile.
La documentazione sarà indirizzata al centro medico legale dove sarà esaminata da un’apposita commissione medica.
La commissione , esaminata la documentazione, potrà eventualmente confermare la posizione del soggetto in merito al beneficio di legge, ovvero convocarlo a visita medica di controllo.
Nei casi più gravi, potrà rettificare il verbale che ha dato luogo alla prestazione in essere come previsto dall’art. 10 del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010.
Potranno essere esonerati dal presentarsi alla visita medica, i soggetti che si trovano in una condizione di invalidità che impedisce spostamenti, o che si trovino ricoverati presso struttura sanitarie.
In tal caso, l’interessato, o il soggetto che ne ha in carico la cura o l’assistenza, è tenuto a produrre apposita certificazione medica a sostegno dello stato invalidante impeditivo degli spostamenti medici.
In assenza di comunicazioni preventive ovvero in caso di mancata presenza alle visite mediche da parte del soggetto rientrante nel programma di ispezioni, l’Istituto, attivate tutte le procedure previste dalla legge, procederà alla sospensione di quanto corrisposto al soggetto

giovedì 24 giugno 2010

Gestione speciale esercenti attività commerciali: obbligo contributivo

Con il messaggio n. 15352 del 10 giugno 2010, l'Inps fornisce alcune precisazioni sulla decorrenza e cessazione dell'obbligo contributivo alla gestione speciale esercenti attività commerciali con particolare riferimento ai soci liquidatori ed alle ipotesi di affitto d'azienda.

Preliminarmente, l'Istituto ricorda che l'obbligo d'iscrizione alla gestione commercianti, ex lege n. 613/1966, è legato allo svolgimento dell'attività aziendale con i caratteri dell'abitualità e della prevalenza e che, per "attività aziendale", deve intendersi l'insieme delle operazioni e delle funzioni che siano attinenti al perseguimento dell'oggetto sociale dell'impresa o alla concreta attività che essa eserciti, come risulta dalla documentazione reperibile presso la CCIAA o dalle rilevazioni effettuate dagli organi di vigilanza.

Con riferimento alla fase conclusiva della vita dell'impresa, in passato si è affermato che lo stato di liquidazione della società non comporta necessariamente la cessazione dell'attività dei soci e che, in tale presupposto, i contributi continuano ad essere dovuti sulla base del reddito d'impresa; inoltre, l'iscrizione alla gestione commercio continua a permanere valida sia per i soci liquidatori e sia per gli altri soci che continuano a svolgere l'attività sociale rimanendo inalterato il principio dell'attività svolta con carattere dell'abitualità e della prevalenza.

Affinché permanga l'obbligo di iscrizione è necessario lo svolgimento, con i caratteri dell'abitualità e della prevalenza, delle "attività sociali", ossia di quelle operazioni inerenti al raggiungimento dell'oggetto sociale e quindi analoghe alla quotidiana attività che l'impresa ha esercitato durante la propria vita.

Ne consegue che il socio liquidatore è soggetto all'obbligo d'iscrizione alla gestione commercianti fintanto che oggetto delle operazioni di liquidazione siano gli stessi beni o servizi già oggetto dell'attività d'impresa (l'ipotesi più semplice è data dallo smaltimento delle scorte di magazzino a prezzi ribassati).

Pertanto, pur ribadendo il principio secondo cui lo stato di liquidazione non comporta necessariamente la cessazione dell'attività che ha dato luogo all'iscrizione, si evidenzia che la predetta cessazione non è necessariamente legata alla cancellazione dell'impresa presso la CCIAA. Infatti, è possibile che il soggetto, pur trovandosi in condizione di non poter più esercitare l'attività, non possa procedere alla cancellazione dell'impresa, in quanto in attesa di alienare i beni strumentali. In questi casi, non si è più in presenza di un'attività aziendale che costituisce titolo per l'imposizione contributiva, bensì di una mera monetizzazione dei beni utilizzati per l'esercizio dell'attività medesima, con conseguente venir meno dei requisiti d'iscrizione alla gestione commercianti.

Con riferimento al caso di "affitto di azienda" - ossia al contratto con il quale un soggetto cede ad un terzo il diritto di utilizzare la propria azienda dietro il corrispettivo di un canone - bisogna tenere presente i principi dettati dalla normativa fiscale, in base ai quali occorre considerare che l'imprenditore individuale che ceda in affitto l'unica azienda, perde lo status di imprenditore, con la conseguenza che i canoni di locazione sono tassati come redditi diversi ex art. 67, comma 1, lett. h), D.P.R. n. 917/1986; pertanto, non si configureranno in capo al concedente gli estremi per l'iscrizione alla gestione esercenti attività commerciali.

Diverso è il caso in cui il cedente dell'intera azienda sia una società, poiché in questa ipotesi i canoni di affitto partecipano alla formazione del reddito d'impresa; pertanto, ricorrendone i presupposti, i relativi soci potranno restare soggetti ad imposizione previdenziale.

Allo stesso modo, ove - indifferentemente - un imprenditore individuale o una società cedano in affitto soltanto una parte dell'azienda medesima, o una delle attività condotte, permarrà l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti e nell'imponibile contributivo rientreranno anche i canoni derivanti dall'affitto del ramo d'azienda, che saranno configurabili come redditi di impresa.

Di diverso tenore è il caso in cui un'impresa, proprietaria di uno o più immobili, dichiari ed eserciti l'attività di "affitto di immobili propri" e dizioni similari.

Infatti, tale attività, sia che consegua ad una precedente e diversa attività commerciale svolta nei locali in questione, sia che venga intrapresa ex novo da soggetti mai iscritti alla gestione commercianti, rientra a pieno titolo nel settore terziario, ai sensi della legge n. 88/1989, trattandosi di un'attività di servizi dotata di autonoma caratterizzazione, quindi soggetta ad obbligo contributivo.

mercoledì 23 giugno 2010

Sgravi contributivi per l'incentivazione degli accordi di secondo livello anno 2009

L'Inps, con messaggio n. 16214 del 18 giugno 2010, rende noto da quando e in che modo sarà possibile trasmettere le istanze per usufruire della contribuzione sulle somme corrisposte nel 2009 a seguito di accordi di secondo livello.
In precedenza l'Istituto, con circolare n. 39/2010 ha illustrato i contenuti del beneficio contributivo previsto dalla legge n. 247/2007 e fornito le prime indicazioni per richiedere lo sgravio relativamente agli importi corrisposti nell'anno 2009; con i successivi messaggi n. 14586/2010 e n. 15238/2010 ha trasmesso le specifiche tecniche per la composizione dei flussi Xml contenenti molteplici domande di ammissione al beneficio ed ha fornito il manuale utente della procedura in oggetto per l'avvio di una fase sperimentale per l'acquisizione e l'invio delle domande di sgravio.
Con il messaggio in commento l'Istituto comunica che a partire dalle ore 15,00 del 21 giugno alle ore 23,00 dell'11 luglio 2010 potranno essere trasmesse via internet - sia singolarmente che tramite i flussi Xml - le domande utili a richiedere lo sgravio per l'anno 2009.
L'applicazione è disponibile tra i Servizi per aziende e consulenti, all'interno della sezione Servizi on line del sito www.inps.it.
Autorizzati all'utilizzo dell'applicazione sono gli utenti abilitati alla trasmissione dei flussi DM/Uniemens o dei Dmag.
Inoltre l'Inps puntualizza che:
- il beneficio segue una logica di "cassa" con la conseguenza che potranno essere proposte domande con esclusivo riferimento ad importi - collegati alla contrattazione di secondo livello - corrisposti nel periodo 1º gennaio-31 dicembre 2009;
- nei casi in cui si debba fare riferimento a più contratti aventi incidenza sul medesimo anno 2009, vanno proposte separate domande riportanti le diverse indicazioni riferite ai dati contrattuali;
- laddove, nel corso del 2009, sia stato corrisposto un premio riferito ad un contratto scaduto entro il 2008, ai fini della richiesta di sgravio, dovrà essere valorizzato il flag relativo all'ultrattività del contratto;
- nelle ipotesi di operazioni societarie (es: fusione, incorporazione) - che comportano il passaggio di lavoratori ai sensi dell'art. 2112 cod. civ. - con estinzione del soggetto incorporato, le richieste di sgravio dovranno essere inoltrate dal datore di lavoro subentrante; ai fini della determinazione del tetto (2,25%) entro il quale richiedere il beneficio, occorrerà fare riferimento alle retribuzioni complessivamente percepite nell'anno dai lavoratori, ancorché in parte erogate dal precedente datore di lavoro;
- nei casi in cui, successivamente al pagamento del premio, sia stata realizzata una operazione societaria (es. cessione di azienda o ramo di azienda) con il passaggio di lavoratori ai sensi dell'art. 2112 cod. civ. - senza l'estinzione del soggetto cedente - sarà quest'ultimo a richiedere lo sgravio su quanto erogato, salvo diverso accordo; in detta circostanza, con riguardo ai lavoratori coinvolti, l'istanza di accesso allo sgravio dovrà essere proposta da un solo soggetto; il cessionario potrà, comunque, inoltrare domanda con riguardo al premio che, a sua volta, abbia eventualmente corrisposto;
- le aziende - che, nel corso del 2009, hanno provveduto a corrispondere premi rientranti nel campo di applicazione del beneficio e che, nelle more, hanno sospeso/cessato l'attività - potranno, comunque, richiedere l'incentivo;
- con riferimento ai lavoratori nei cui confronti operano le disposizioni di cui alla legge n. 335/1995 in materia di massimale annuo contributivo e pensionabile, la retribuzione da considerare ai fini della determinazione del tetto del 2,25% - entro cui può operare lo sgravio - trova il suo limite nel massimale medesimo;
- le imprese di somministrazione di lavoro di cui al D.Lgs. n. 276/2003 ai fini dell'accesso allo sgravio, dovranno fare riferimento alla contrattazione di secondo livello sottoscritta dall'impresa utilizzatrice o dalle organizzazioni cui essa aderisce. Le richieste di sgravio riferite ai lavoratori somministrati dovranno essere proposte esclusivamente dalle imprese di somministrazione a cui carico l'articolo 25 del D.Lgs. n. 276/2003, pone gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali;
- le società capogruppo - ove delegate allo svolgimento degli adempimenti di cui all'articolo 1 della legge n. 12/1979 per tutte le società controllate e collegate - potranno inoltrare singole domande di sgravio riferite alla medesime società;
- l'indirizzo e-mail del datore di lavoro è un campo obbligatorio e, quindi, deve essere obbligatoriamente inserito sia nelle domande inviate tramite form on line che con file Xml;
- nella domande inviate tramite file Xml, per lo sgravio del datore di lavoro e lo sgravio del lavoratore, non deve essere indicato il numero dei lavoratori.

Apprendistato: ripristinata la competenza regionale sul "canale aziendale" della formazione

Anche nell'ipotesi di apprendistato, con formazione esclusivamente aziendale, deve essere riconosciuto alle Regioni un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell'attività formativa. Viene così eliminata la facoltà per la contrattazione collettiva di regolamentare autonomamente ed interamente la formazione in apprendistato, senza tener conto della disciplina regionale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 14 maggio 2010, n. 176, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 23, comma 2 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, nella parte in cui modifica l'articolo 49 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), limitatamente alle parole «non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi», «integralmente» e «definiscono la nozione di formazione aziendale e».

La norma dichiarata illegittima consentiva alla contrattazione collettiva di disciplinare per intero la formazione da svolgersi per l'adempimento degli obblighi formativi previsti per chi utilizza il contratto di apprendistato professionalizzante, creando, di fatto, il c.d. canale aziendale della formazione.

Prima di entrare nel merito della pronuncia della Consulta, che avrà importanti effetti nell'ambito dell'equilibrio dei poteri e competenze tra i vari soggetti facenti parte della specifica tipologia contrattuale, è utile inquadrare sinteticamente il contratto in questione, con particolare riferimento ai profili valutati dalla sentenza in rassegna.

Come noto, il D.Lgs. n. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi) ha introdotto, con l'art. 49, una tipologia di apprendistato denominato "apprendistato professionalizzante", che si caratterizza per essere un contratto di lavoro subordinato a causa mista: è attivabile per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro ed è finalizzato all'acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali. Tale percorso non porta tuttavia all'acquisizione di un titolo di studio del sistema di istruzione e formazione professionale, ma all'accrescimento delle capacità tecniche dell'individuo al fine di farlo diventare un lavoratore qualificato.

Il richiamato D.L. n. 112/2008 (noto anche come "decreto Brunetta"), apportando alcune modificazioni alla disciplina normativa dell'apprendistato introdotta nel 2003, ha eliminato il limite di due anni come durata minima del rapporto (lasciando a sei anni la durata massima), aprendo così la strada all'utilizzo del contratto di apprendistato anche nei rapporti di lavoro avviati nelle attività stagionali (comma 3, art. 49 cit.).

Inoltre, il D.L. n. 112/2008 ha abrogato il comma 5-bis del D.Lgs. n. 276/2003 che prevedeva, fino all'approvazione delle leggi regionali regolanti i profili formativi dell'apprendistato, la rimessione della disciplina dell'apprendistato professionalizzante ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In effetti, in ottemperanza al disposto del comma 5-bis (poi abrogato), alcune Regioni avevano emanato la relativa normativa (ad esempio, la Regione Lazio, con la L. 10 agosto 2006, n. 9 e con il Regolamento 21 giugno 2007, n. 7).

Arrivando al tema trattato dalla Corte Costituzionale, si evidenzia che l'art. 23, comma 2, del D.L. n. 112 del 2008 aveva aggiunto all'art. 49 del D.Lgs. n. 276 del 2003 il comma 5-ter, che così recitava: "In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo".

Questa disposizione - che dichiarava inoperante la previsione del precedente comma 5 dello stesso articolo per il quale "la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale" - è stata impugnata da alcune Regioni (Toscana, Piemonte, Marche, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia e Basilicata).

In sintesi, la norma sottoposta al vaglio di legittimità - in verità criticata sin dalla sua emanazione per gli evidenti profili di contrarietà alla Costituzione - prevedeva che in caso di formazione esclusivamente aziendale, la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante non fosse definita dalle Regioni d'intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, ma soltanto dai contratti collettivi di lavoro.

Le Regioni lamentavano che la suddetta norma fosse lesiva delle loro competenze legislative riconosciute dall'art. 117 della Cost., in quanto la norma censurata assegnava alla contrattazione collettiva la funzione di fonte esclusiva, in luogo di quella regionale, anche nella definizione della nozione di formazione aziendale, dei profili formativi, delle modalità di erogazione, della durata della formazione, nel riconoscimento della qualifica professionale, e ciò pur in presenza di una compiuta disciplina regionale.

Inoltre, le Regioni evidenziavano che la norma del D.L. n. 112/2008, operando una distinzione tra formazione "interna" all'azienda, che attiene al rapporto contrattuale ed è rimessa alla competenza statale, e formazione "esterna" all'azienda, da ricondurre ai profili "pubblicistici" dell'istituto, e quindi soggetta alla competenza legislativa concorrente regionale, non terrebbe conto delle strette interrelazioni che vi sono tra l'aspetto della formazione esterna e quello della formazione interna.

I rilievi di incostituzionalità sono ritenuti fondati.

La Corte, infatti, osserva che la formazione aziendale rientra nel sinallagma contrattuale e quindi nelle competenze dello Stato in materia di ordinamento civile. Peraltro, se è vero che la formazione all'interno delle aziende inerisce al rapporto contrattuale, sicché la sua disciplina rientra nell'ordinamento civile, e che spetta invece alle Regioni e alle Province autonome disciplinare quella pubblica, è altrettanto vero che nella regolamentazione dell'apprendistato né l'una né l'altra appaiono separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell'istituto, con la conseguenza che occorre perciò tener conto di tali interferenze.

Queste interferenze sono correlative alla naturale proiezione esterna dell'apprendistato professionalizzante e all'acquisizione da parte dell'apprendista dei crediti formativi, utilizzabili nel sistema dell'istruzione - la cui disciplina è di competenza legislativa concorrente - per l'eventuale conseguimento di titoli di studio.

Nella specie, prosegue la Corte, di tali interferenze non si è tenuto conto e ciò determina l'illegittimità costituzionale della norma - per contrasto con gli artt. 117 e 120 Cost. nonché con il principio di leale collaborazione -, in primo luogo con riguardo alle parole "non opera quanto previsto dal comma 5". In questa ipotesi dal momento che siffatta inapplicabilità finisce per rendere inoperante, senza alcun ragionevole motivo, il principio enunciato nel primo periodo del comma 5, secondo cui "la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante, è rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale", anche nel rispetto della legislazione regionale intervenuta, o che potrebbe intervenire, ai sensi della disposizione citata, come rilevato dalla Regione Lazio, che fa riferimento alla propria L. regionale 10 agosto 2006, n. 9 (Disposizioni in materia di riforma dell'apprendistato).

Inoltre, la Consulta afferma che occorre parimenti dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma in questione (art. 23, comma 2, D.L. n. 112/2008) limitatamente alla parola "integralmente", la quale rimette esclusivamente ai contratti collettivi di lavoro o agli enti bilaterali i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante, nonché alle parole, riferite ai contratti collettivi e agli enti bilaterali, secondo le quali essi "definiscono la nozione di formazione aziendale e".

Le suindicate espressioni, infatti, escludendo l'applicazione del precedente comma 5 dell'art. 49 del D.Lgs. n. 276/2003, sono anch'esse lesive dei suddetti parametri costituzionali, perché si traducono in una totale estromissione delle Regioni dalla disciplina in esame. Esse, anzi, appaiono particolarmente lesive, in quanto la definizione della nozione di formazione aziendale costituisce il presupposto dell'applicazione della normativa di cui si tratta e il fatto che lo Stato abbia stabilito come tale definizione debba avvenire e, quindi, implicitamente come vada definita la formazione esterna (di competenza regionale), denota che esso si è attribuito una "competenza sulle competenze" estranea al nostro ordinamento.

Infatti, così come le Regioni non possono, nell'esercizio delle proprie competenze, svuotare sostanzialmente di contenuto la competenza statale - come è stato sottolineato, in materia di apprendistato, fra l'altro, nella sentenza Corte Cost. n. 418 del 2006 - analogamente non è ammissibile riconoscere allo Stato la potestà di comprimere senza alcun limite il potere legislativo regionale.

Nella specie, lo Stato si è unilateralmente attribuito il potere di disciplinare le fonti normative per identificare il discrimine tra formazione aziendale (la cui disciplina gli spetta) e formazione professionale extra aziendale (di competenza delle Regioni), escludendo così qualsiasi partecipazione di queste ultime.

In sintesi, anche nell'ipotesi di apprendistato, con formazione rappresentata come esclusivamente aziendale, deve essere riconosciuto alle Regioni un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell'attività formativa.

La Corte, di conseguenza, conclude nel ritrascrivere letteralmente il testo del comma 5-ter in oggetto, a seguito delle disposte dichiarazioni di illegittimità costituzionale, che andrà quindi letto nel seguente modo, nell'ambito del sistema normativo nel quale si inserisce: "In caso di formazione esclusivamente aziendale i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo".

L'esito della sentenza è piuttosto interessante, perché accoglie nella sostanza il rilievo delle Regioni e smantella il cardine dell'articolo 23, ossia che in caso di formazione esclusivamente aziendale la sola autorità prevista fossero i contratti collettivi, stipulati a qualsiasi livello, e/o gli enti bilaterali.

Si è quindi tornati, in sostanza, alla situazione più simile a quella antecedente al varo del D.L. n. 112/2008, con il ripristino della titolarità delle Regioni nel definire i profili formativi dell'apprendistato, e una funzione di temporanea e transitoria titolarità della contrattazione collettiva nazionale fino a quando (tutte) le Regioni non abbiano legiferato in materia, compresa la valorizzazione della formazione interna all'impresa, purché abbia caratteristiche specifiche (funzioni aziendali preposte alla formazione, locali dedicati, tutor).

D'altra parte, occorre precisare che il potere (ri)affidato alle Regioni di legiferare in materia di formazione aziendale va ad incidere proprio su quella che è una caratteristica essenziale del contratto in esame.

Infatti, si rileva che l'apprendistato professionalizzante, che può essere stipulato con soggetti dai 18 ai 29 anni di età, ovvero dai 17 anni per i lavoratori già in possesso di una qualifica professionale, deve essere stipulato per iscritto e deve contenere, oltre l'indicazione della prestazione lavorativa a cui il lavoratore verrà adibito e la qualifica professionale che potrà essere conseguita al termine del rapporto sulla base degli esiti della formazione aziendale o extraziendale, anche il piano formativo individuale generale e di dettaglio, nonché il rapporto sulla base degli esiti della formazione aziendale od extraziendale.

È stabilito che i criteri e i principi direttivi cui le Regioni devono attenersi nel regolamentare i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono definiti con deliberazione della Giunta regionale, previo accordo con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro. A titolo di esempio, la Regione Lazio ha approvato il Repertorio regionale dei profili formativi per questa tipologia di contratto.

Il piano formativo individuale generale prevede un percorso formale e non formale, coerente con il profilo formativo di riferimento, che l'apprendista deve seguire durante il periodo del contratto.

Contestualmente, l'impresa deve redigere un piano formativo di dettaglio (secondo un modello predisposto), da aggiornare ogni anno, che specifichi i contenuti, i tempi e i luoghi della formazione formale, con la possibilità per l'impresa di avvalersi per la stesura del piano formativo individuale di dettaglio di strutture individuate con atto della Direzione regionale competente in materia di formazione.

La formazione formale può essere impartita all'esterno dell'impresa (nell'ambito di istituzioni scolastiche e formative, di università, centri di formazione accreditati), o all'interno dell'impresa, purché in luoghi non destinati alla produzione (in tal caso è necessario avere la disponibilità di locali, attrezzature e macchinari, formatori con competenza adeguata, tutori aziendali).

Va precisato che per formazione non formale si intende la formazione in contesto produttivo o di lavoro, tesa a conseguire un'abilità tecnico-operativa, sotto la guida di un tutore aziendale.

Il tutore aziendale è individuato dal datore di lavoro tra persone con qualifica adeguata a quella che l'apprendista deve conseguire, deve possedere almeno tre anni di esperienza nel settore e non può affiancare più di cinque apprendisti. Il tutore è garante del percorso formativo ed esprime proprio parere sulle competenze acquisite dall'apprendista.

Al termine del percorso formativo, l'impresa e/o la struttura di formazione esterna, devono rilasciare all'apprendista l'attestazione della qualificazione professionale, valida per la registrazione nel libretto formativo.

Il giovane che ha concluso un rapporto di apprendistato (con almeno 240 ore di formazione formale), ha facoltà di richiedere l'ammissione all'esame al competente Servizio per la formazione della Provincia, per il conseguimento della qualifica professionale, ed il competente Servizio per la formazione, verificata l'ammissibilità, darà comunicazione all'interessato indicando la sede e la data di svolgimento della prova d'esame.

Contratto a termine ed assunzione di soggetti disabili

In caso di assunzione con contratto a tempo determinato di un disabile psichico sulla base di apposita convenzione stipulata tra il datore di lavoro e gli uffici competenti, ai sensi dell’art. 11 legge 68/1999, non è richiesta l’indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine.


Cass., sez. lav., 31 maggio 2010, n. 13285

La Cassazione con la sentenza in esame ha avuto la possibilità di affrontare e risolvere la delicata questione avente ad oggetto la necessità di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, espressamente richieste dall’art. 1 del d. lgs. 368/2001, nell’ipotesi in cui si proceda all’assunzione di un disabile psichico sulla base di specifica previsione convenzionale ex art. 11 legge 681/1999.

E sul punto è stato evidenziato come nel caso evidenziato l’obbligo di allegazione e specificazione delle ragioni giustificatrici non è richiesto ai fini della valida stipulazione del contratto a tempo determinato.

Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte l’obiettivo primario che la legge n. 68/1999 si propone è fondamentalmente quello di realizzare la “promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”.

Tale finalità viene concretamente perseguita attraverso la puntuale predisposizione di strumenti che vanno dall’imposizione dell’obbligo di assunzione degli invalidi nell’ambito delle quote di riserva alla predisposizione, nei confronti dei datori di lavoro, di forme di promozione di tali assunzioni e del corretto impiego dell’invalido assunto.

Oggigiorno, per poter legittimamente derogare alle prescrizioni contenute nell’art. 1 del d. lgs. 368/01, in materia di contratto a tempo determinato, si richiede, ed è opportuno evidenziarlo, la preventiva stipulazione di una convenzione tra i datori di lavoro e gli uffici competenti contenente un programma mirante al conseguimento degli obiettivi indicati.

La succitata normativa può essere qualificata, senza alcun dubbio, come speciale rispetto alle generali regole vigenti in materia di costituzione del rapporto di lavoro e la predetta specialità investe anche la peculiare figura del contratto a termine.

Alla luce di quanto evidenziato, la Cassazione è giunta ad affermare che non appare in linea col perseguimento degli importanti obiettivi perseguiti dalla legge 68/1999 ritenere applicabile all’assunzione di un disabile, che avvenga secondo l’art. 11 della succitata normativa, la disciplina generale delle causali giustificative del contratto a tempo determinato.

martedì 22 giugno 2010

Indennità spettante ai collaboratori di attività di autotrasporto conto terzi

L’indennità di trasferta e l’assoggettamento di tale indennità ai fini contributivi e fiscali nell’attività di autotrasporto, è il quesito proposto con istanza d’interpello da parte della CONFAPI.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con risposta a distanza d’interpello n. 24 del 9 giugno 2010, interviene sulla materia dell’indennità di trasferta nell’ipotesi in cui la società committente impiega nel trasporto autotrasportatori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Preliminarmente nell’interpello non viene valutata la compatibilità di tale contratto di lavoro autonomo, con l’attività di autotrasporto, tenuto conto che l’attività di lavoro autonomo che contraddistingue tale tipo di rapporto potrebbe non essere confacente con l’attività propriamente resa dagli autisti.

Nell’interpello si procede ad una disamina dell’istituto della trasferta ed in particolare dell’indennità di trasferta corrisposta agli autotrasportatori per comprendere se la stessa avesse natura retributiva od anche fosse possibile riconsiderarla ai fini della determinazione dell’imponibile contributivo su cui determinare la quota dovuta all’Inps.

L’interpello ripercorre le disposizioni normative e di prassi amministrativa che disciplinano l’istituto della trasferta fino ad arrivare al D.lgs. 314/97 .

Al riguardo , soprattutto ai fini fiscali, il riferimento è costituito dall’art. 51 TUIR, comma 5 il quale stabilisce che concorrono a formare il reddito imponibile, le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori dal territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente euro 46,48 al giorno, elevate a euro 77,47 per le trasferte all’estero.

Nell’interpello viene chiarito che ai lavoratori in questione ( autisti che svolgono attività dia autotrasporto merci per conto terzi) non è possibile la riconduzione alla figura dei trasferisti e pertanto ai fini del caso in esame, la valutazione deve limitarsi all’eventuale computabilità dell’indennità di trasferta, in considerazione del fatto che il Ministero delle Finanze, con risoluzione del 9 maggio 2000, n. 56, ha stabilito che a tale categoria di lavoratori competono somme non correlate ad una specifica trasferta, ma contrattualmente attribuite per tutti i giorni lavorativi.

In definitiva, conclude, l’interpello le somme corrisposte con carattere di continuità ai lavoratori delle imprese dia autotrasporto, non correlate ad una specifica trasferta, ma contrattualmente attribuite per tutti i giorni lavorativi non rivestono natura meramente retributiva, rientrano nella base imponibile ai fini fiscali e contributivi per gli importi eccedenti di cui all’art. 51, comma 5 , ossia per gli importi che superano euro 46,48 al giorno, elevati a € 77,47 per le trasferte all’estero.

Tale previsione era già a suo tempo prevista nel contratto collettivo nazionale di lavoro logistica, trasporto merci e spedizioni che prevede che il personale viaggiante nonché il personale affiancato, comandato a prestare servizio extraurbano oltre alla normale retribuzione giornaliera ha diritto ad un’indennità di trasferta in relazione al tempo trascorso in territorio extraurbano.

Venendo alla questione specifica, con la Finanziaria 2007 i compensi corrisposti ai lavoratori a progetto devono essere in ogni caso proporzionati alla qualità e alla quantità del lavoro eseguito e devono tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento.

Nel caso di specie, qualora anche per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa si decida di prendere a riferimento la disciplina della trasferta prevista per i lavoratori subordinati, questa può trovare applicazione, e quindi rientrare nella base imponibile secondo le modalità sopra richiamate, a condizione che vengano rispettati i livelli minimi di trattamento retributivo.

Durc e associazione temporanea d’imprese

La regolarità contributiva sancita dal Durc rappresenta un elemento indispensabile sia al fine dell’affidamento di appalti per l’esecuzione di opere pubbliche, sia per il successivo pagamento in occasione dello stato di avanzamento dei lavori.

Il quesito proposto dal Ministero, riguarda una particolare situazione determinatasi quando il lavoro viene affidata ad un Associazione temporanea di imprese che ha proceduto a sottoscrivere un contratto di appalto per l’esecuzione dei lavori e che poi in una seconda fase, ne affida il reale compimento ad una società consortile.

Il quesito è stato proposto dall’ANCE, Associazione nazionale dei costruttori edili che ha determinato la risposta ad istanza d’interpello n. 19 del 9 giugno 2010.

La questione verte sulla regolarità contributiva delle singole imprese facenti parte dell’Associazione temporanea d’imprese in quanto una di esse potrebbe non essere in regola con il versamento dei contributi e pertanto non avere un Durc regolare.

Viene chiesto se tale condizione potrebbe determinare una sospensione dei pagamenti derivanti dalla conclusione del contratto di appalto, in conseguenza dello stato di avanzamento lavori.

Nella risposta del Ministero, viene affrontata la questione partendo dalla disposizione di cui al d.lgs. n. 81/2008 che tratta della verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi.

In tal senso appare evidente come la posizione di regolarità contributiva, attestata mediante un DURC regolare, debba essere verificata in capo ai due soggetti impegnati nell’appalto, ossia l’impresa affidataria e l’impresa esecutrice.

Tale verifica è una verifica iniziale che necessariamente deve essere verificata all’atto dell’affidamento dei lavori.

Successivamente alla stipula del contratto da parte dell’associazione temporanea di imprese, l’esecuzione dei lavori viene affidata alla società consortile costituita ad hoc che si assume tutti i rapporti che derivano dall’esecuzione dei lavori oggetto del contratto di appalto, compreso quello di sub appaltare parte dell’opera e di organizzare il proprio personale ai fini dell’esecuzione dei lavori appaltati.

Sulla base di tale considerazione l’interpello distingue due diversi momenti di verifica della regolarità contributiva di cui il primo si ha all’atto dell’affidamento dei lavori ed è riferito a tutte le imprese riunite nell’associazione temporanea di imprese, mentre il secondo fa capo al momento dell’esecuzione dei lavori e necessariamente prende a riferimento la sola società consortile quale impresa esecutrice e autorizzata dal committente a stipulare contratti di sub appalto.

In tal senso in occasione del pagamento delle somme previste per lo stato di avanzamento dei lavori, la regolarità contributiva deve essere verificata esclusivamente in capo alla società consortile autorizzata all’esecuzione effettiva dell’opera.

lunedì 21 giugno 2010

Contributi dovuti dagli iscritti alla gestione separata per i redditi eccedenti il minimale

L’Inps ha avviato la procedura di riscossione dei contributi dovuti dagli iscritti alla gestione artigiani e commercianti sulla quota di reddito eccedente il minimale e dai liberi professionisti iscritti alla gestione separata di cui all’art.2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, circolare Inps n. 73 del 14 giugno 2010.

A seguito di uno scambio di informazioni con l’Agenzia delle entrate, l’Inps ha provveduto all’invio di un prospetto di liquidazione dei contributi dovuti alla gestione separata relativi all’anno 2010 con importi e causali, allegando una nota esplicativa nella quale vengono illustrate le modalità di determinazione degli importi dovuti dai commercianti e artigiani con partita iva.

Per i soggetti che non sono titolari di partita iva, sono stati spediti i modelli F24 per i versamenti.

Per gli artigiani e gli esercenti attività commerciali i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedenti il minimale vanno versati alle scadenze previste per il pagamento delle imposte sui redditi.

Per l’anno 2010 le scadenze sono fissate nel 16 giugno 2010 per il saldo 2009 ed il primo acconto 2010 e del 30 novembre 2010 per il secondo acconto 2010.

Viene ricordata la possibilità di procedere ai versamento nel più ampio termine del 16 luglio 2010 anziché entro il 16 giugno 2010, aggiungendo una maggiorazione pari allo 0,40% a titolo di interessi.

La maggiorazione dello 0,40%, ricorda la circolare, deve essere versata separatamente ai contributi con la causale “API” (artigiani) o “CPI” ( commercianti) e la codeline Inps utilizzata per il versamento del conseguente contributo.

Il reddito imponibile da prendere in considerazione risulta pari al totale di redditi d’impresa conseguiti nell’anno 2009, al netto delle eventuali perdite sostenute nei precedenti periodi d’imposta e scomputate nei redditi dell’anno di cui trattasi.

Per i soci di società a responsabilità limitata iscritti alla gestione artigiani o commercianti, la quota imponibile è data dalla quota di utili attribuita dalla società al socio stesso od anche dalla quota di reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza.

Per i contribuenti minimi la base imponibile per il calcolo dei contributi prende a riferimento il reddito lordo conseguito al netto delle perdite riferite agli anni precedenti.

La rateizzazione è limitata alla quota di contributi relativo al reddito eccedente il minimale imponibile; pertanto la stessa non si applica alla quota base di contributi calcolata all’interno del minimale anche se l’interessato non ha ancora provveduto al relativo versamento.

La prima rata, va versata entro il termine per il versamento del saldo e/o dell’acconto. Le rate successive devono essere versate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza.
Il pagamento rateale ha comunque come termine ultimo il mese di novembre 2010.

Si ricorda che il pagamento rateale prevede la maggiorazione per il di ferimento pari all’importo dello 0,40% a cui deve essere aggiunta la quota interessi, da applicare ad ogni singola rata al tasso dello 0,5 per cento calcolato su base mensile.
Gli interessi vanno indicati e versati separatamente dai contributi secondo le causali che vengono espressamente richiamate nella circolare in commento.

Godimento dei benefici contributivi ex lege 407/90 in caso di trasferimento d’azienda

I benefici contributivi di cui all’art. 8, comma 9 della legge n. 407/90 possono essere goduti anche dal cessionario per la parte residua in caso di trasferimento d’azienda.

Il consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro con apposita istanza d’interpello, ha sollecitato un parere del Ministero del Lavoro in merito alal questione sopra richiamata. Tale parere è contenuto nella risposta ad istanza d’interpello n. 20 del 9 giugno 2010.

In particolare la questione attiene alla cessione d/azienda, all’interno della quale sono impiegati lavoratori per i quali il cedente gode dei benefici di cui all’art. 8, comma 9 della legge n. 407/90.

Lo sgravio contributivo in questione prevede due diverse gradazioni: una prima, pari al 50% dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti, e una seconda pari all’intero importo dei contributi a carico del datore di lavoro beneficiario per un arco temporale pari a 36 mesi.

I requisiti che consentono l’accesso al beneficio sono di seguito indicati:

• il datore di lavoro deve aver provveduto all’assunzione di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro o beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale per un periodo pari sempre a ventiquattro mesi, a condizione che le stesse non siano state poste in essere per sostituire lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi.

• il datore di lavoro deve assumere i lavoratori in questione con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche a tempo aprziale, di durata non inferiore a venti ore settimanali.


Qualora si verifichino le condizioni sopra richiamate, al datore di lavoro viene riconosciuto uno sgravio contributivo pari al 50% ( generalità dei datori di lavoro) che arriva al 100% per le imprese artigiane e per quelle operanti nel mezzogiorno d’Italia.

Per la concessione del beneficio viene dunque individuata una duplice condizione, soggettiva, e oggettiva. La condizione soggettiva, riguarda i lavoratori occupati, mentre la condizione oggettiva, riguarda la tipologia contrattuale prescelta ( lavoro subordinato a tempo in determinato con orario di lavoro non inferiore alle venti ore settimanali).

Ricorrendo i presupposti di legge, conclude l’interpello, non vi sono ostacoli a che in caso di trasferimento d’azienda, il datore di lavoro cessionario, prosegua a godere del beneficio previsto, ovviamente per la sola parte residua.

Con particolare riferimento alle imprese operanti nel Mezzogiorno, occorre ricordare che lo sgravio nella misura del 100% è condizionato al fatto che anche l’impresa cessionaria operi comunque in tale ambito territoriale.

venerdì 18 giugno 2010

Indennità di disoccupazione e co.co.co.

L'Inps con la circolare 15 giugno 2010, n. 74, rende operativo quanto disposto dall'art. 2, comma 131, L. n. 191/2010 (legge finanziaria 2010) in tema di indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali.

Tale disposizione prevede che in via sperimentale per l'anno 2010, ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per l'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, si computano anche i periodi svolti nel biennio precedente in via esclusiva sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nella misura massima di tredici settimane.

Il lavoratore che presenta la domanda di disoccupazione, per accedere alla prestazione, deve far valere almeno un anno di contribuzione ovvero 52 contributi settimanali che si collocano, anche non continuativamente, nel biennio precedente l'inizio del periodo di mancanza di lavoro.

Pertanto, i contributi settimanali validi per il raggiungimento del requisito contributivo sono:

- i contributi da lavoro dipendente accreditati/dovuti nel biennio antecedente alla cessazione/sospensione del rapporto di lavoro che determina la domanda di prestazione;

- per le indennità relative a cessazioni del rapporto di lavoro intervenute dal 1º gennaio al 31 dicembre 2010, in via sperimentale, anche i contributi accreditati nel medesimo biennio per la iscrizione, in via esclusiva, alla Gestione separata relativi a periodi svolti sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nella misura massima di tredici settimane.

L'Inps, ha precisato che la norma limita espressamente la sperimentazione annuale al perfezionamento del solo requisito contributivo. Per la verifica del requisito assicurativo, continuano ad applicarsi le disposizioni in vigore. Quindi, per tutti i richiedenti, anche quelli che, beneficiando della sperimentazione, facciano valere ai fini del requisito contributivo periodi da parasubordinati, è necessario verificare la sussistenza di un contributo contro la disoccupazione involontaria almeno due anni prima dell'inizio del periodo di mancanza di lavoro.

Riguardo alla misura della prestazione, la base di calcolo è costituita dalla retribuzione relativa all'ultimo trimestre di lavoro dipendente: ossia, secondo le istruzioni dettate con la circolare n. 115 del 31 dicembre 2008, con riferimento alla retribuzione teorica media dei tre mesi precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, aumentata dell'importo dei ratei delle eventuali mensilità aggiuntive.



Calcolo delle settimane computabili

L'art. 2, comma 131, L. n. 191/2010, modificando l'art. 19 del D.L. n. 185/2008, prevede poi che per quantificare i periodi di copertura assicurativa svolti sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, si calcola l'equivalente in giornate lavorative, dividendo il totale dell'imponibile contributivo ai fini della Gestione separata nei due anni precedenti per il minimale di retribuzione giornaliera.

Pertanto, per calcolare le settimane svolte da parasubordinato, computabili per il raggiungimento del requisito contributivo, si procede nel modo seguente:

- si calcolano i minimali retributivi giornalieri relativi agli anni di competenza, dividendo il minimale annuo per 365;

- si divide il totale dell'imponibile contributivo, relativo ai periodi di lavoro coperti da contribuzione alla Gestione separata nel biennio precedente lo stato di disoccupazione, anche non continuativi, per il minimale retributivo giornaliero in vigore nel relativo anno;

- il numero così ottenuto è diviso per 7 ed arrotondato per difetto.

I periodi riferibili ad anni diversi vanno computati separatamente, ognuno con riferimento al massimale dell'anno; i risultati sono successivamente sommati.

Il numero di contributi settimanali in tal modo ottenuti è computato, nel limite massimo di 13 settimane, per la verifica del requisito contributivo.

mercoledì 16 giugno 2010

Decreto incentivi

Con la pubblicazione nella G.U. n. 120 del 25 maggio u.s. della legge n. 73 del 22 maggio 2010, di conversione del decreto-legge n. 40 del 25 marzo 2010, entrano definitivamente in vigore le misure urgenti per il potenziamento e la razionalizzazione della riscossione tributaria e per il finanziamento di un Fondo per la concessione di incentivi a sostegno della domanda in particolari settori.



Nuove comunicazioni telematiche

Per contrastare l'evasione fiscale operata tramite operazioni fittizie con società di comodo e tramite false fatturazioni viene introdotto l'obbligo per i soggetti passivi all'imposta sul valore aggiunto di comunicare telematicamente, all'Agenzia delle entrate, i dati relativi alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti "black list" di cui al decreto del Ministro delle finanze del 4 maggio 1999. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 30 marzo 2010, l'Agenzia delle Entrate ha fornito le modalità ed i criteri di attuazione, mentre lo schema di comunicazione telematica delle operazioni attive e passive, effettuate con operatori aventi sede in paesi a fiscalità privilegiata, è stato diffuso con provvedimento direttoriale del 28 maggio 2010.

Per contrastare le operazioni elusive, con decorrenza 1º maggio 2010, anche la deliberazione di trasferimento di sede all'estero e le delibere relative ad operazioni societarie straordinarie, quali conferimenti d'azienda, fusioni, scissioni societarie, devono essere trasmesse tramite "Comunica".



Notifiche ai non residenti

Le notifiche in materia di imposte ai contribuenti non residenti sono valide anche se effettuate con lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all'articolo 2188 del codice civile. Le comunicazioni e le variazioni di indirizzo hanno effetto dal trentesimo giorno successivo alla ricezione. In caso di esito negativo della notifica a mezzo r.r.r. vale il deposito presso la casa del Comune in cui risulta il domicilio fiscale.



Crediti di imposta

Al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerarne l'eventuale procedura di recupero l'Agenzia delle entrate trasmetterà, alle amministrazioni ed agli enti interessati, i dati relativi ai crediti utilizzati in compensazione.



Debiti contributivi

L'Inps provvederà al recupero coattivo delle somme indebitamente erogate nonchè dei crediti vantati tramite iscrizione a ruolo, secondo criteri, termini e modalità stabilite dall'Istituto stesso. Anche in materia contributiva troveranno, quindi, applicazione le norme che disciplinano la riscossione coattiva dei debiti tributari.



Contenzioso tributario

I pagamenti delle somme dovute all'ente creditore ovvero il riconoscimento dello sgravio da parte dell'ente creditore, effettuati in una data successiva a quella di iscrizione a ruolo, devono essere tempestivamente comunicati dall'ente creditore al concessionario della riscossione. L'ente creditore rilascia al debitore, in triplice copia, una dichiarazione attestante l'avvenuto pagamento ovvero lo sgravio totale riconosciuto; la dichiarazione è opponibile al concessionario.

Il comma 2-bis dell'articolo 3, introdotto in sede di conversione in legge del D.L. n. 40/2010, si propone di contenere la durata dei processi tributari nei termini di durata ragionevole dei processi consentendo la definizione automatica delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale, con esclusione di quelle aventi ad oggetto istanze di rimborso, che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado da oltre dieci anni, per le quali risulti soccombente l'Amministrazione finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio.

Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione possono essere estinte con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione.



Benefici per nuovi investimenti

Il comma 2 dell'articolo 4 del D.L. n. 40/2010 esclude dalla tassazione del reddito di impresa, nel limite complessivo di settanta milioni di euro, il valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo finalizzate alla realizzazione di campionari fatti nell'Unione europea dalle imprese che svolgono le attività di cui alle divisioni 13, 14, 15 o 32.99.20 in relazione all'attività di fabbricazione di bottoni della tabella ATECO, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2010.

Lo stesso articolo 4 istituisce, inoltre, un Fondo per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, ecocompatibilità e di miglioramento della sicurezza sul lavoro, con una dotazione pari a 300 milioni di euro per l'anno 2010, nonché il Fondo per le infrastrutture portuali, destinato a finanziare le opere infrastrutturali nei porti di rilevanza nazionale.



Destinazione del 5 per mille

Con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta 2009, i contribuenti possono destinare una quota pari al cinque per mille dell'imposta dovuta dalle persone alle seguenti finalità:

a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall'articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 460 del 1997;

b) finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;

c) finanziamento della ricerca sanitaria;

d) sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

e) sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

Ai fini dell'individuazione delle associazioni sportive dilettantistiche che possono accedere al contributo, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 1, 3 e 4 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 aprile 2009.



Semplificazioni in edilizia

L'articolo 5 del provvedimento in esame interviene sul testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sostituendone l'articolo 6.

Potranno essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo alcuni interventi fra cui gli interventi di manutenzione ordinaria, gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche, i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola, le serre mobili stagionali. Saranno soggetti alla comunicazione di inizio lavori all'autorità comunale, anche per via telematica, gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 380/2001, le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.

Soci di s.r.l. commerciale (Art. 12, comma 11)

E' stato pubblicato sul S.O. n. 114 alla G.U. n. 125 del 31 maggio scorso il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, entrato in vigore lo stesso giorno e recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica".

Particolare interesse riguarda la questione dei soci di SRL


Soci di s.r.l. commerciale (Art. 12, comma 11)

Il comma 11 dell'art. 12 fornisce l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 208 della legge n. 662/1996, nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'Inps. Il principio della prevalenza di cui al richiamato comma 208 non si applica, invece, ai rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l'iscrizione alla Gestione separata del lavoro autonomo, di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995. Vengono così meno gli effetti della sentenza n. 3240 depositata il 12 febbraio 2010 dalla Corte di Cassazione a sezioni unite, secondo cui l'Inps avrebbe dovuto decidere a quale gestione, e solo a quella, i soci delle s.r.l. del settore commercio avrebbero dovuto iscriversi in caso di attività prestata nell'impresa da cui percepiscono anche un compenso quale amministratori. A seguito dell'interpretazione del Governo, i suddetti soci devono iscriversi nella Gestione pensionistica del commercio, in presenza dei presupposti di prevalenza ed abitualità, nonché alla Gestione separata dell'Inps a seguito dell'erogazione di un compenso come amministratore.

Disabili - Permessi per accompagnamento a visite mediche

Con il messaggio n. 14480 del 28 maggio 2010, l'Inps fornisce indicazioni in ordine alla fruizione dei permessi di cui all'art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992, in caso di richiesta dei permessi orari da parte di soggetto che assiste un disabile in situazione di gravità già ricoverato.

Infatti, ai sensi del richiamato terzo comma dell'art. 33, dopo il compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

Al riguardo, il Ministero del lavoro si è espresso circa la concedibilità dei permessi nell'ipotesi in cui la struttura sanitaria ospitante non garantisca l'assistenza per visite specialistiche e/o terapie eseguite al di fuori della struttura e affidi il disabile alla responsabilità dei parenti per il periodo di tempo in cui lo stesso si trova all'esterno della casa di cura.

Infatti, la circostanza che il disabile debba recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie interrompe effettivamente il tempo pieno del ricovero e determina il necessario affidamento del disabile all'assistenza del familiare il quale, in presenza degli altri presupposti di legge, avrà diritto alla fruizione dei permessi.

Tuttavia, in tali casi l'interessato sarà comunque tenuto alla presentazione di apposita documentazione rilasciata dalla struttura competente che attesti le visite o le terapie effettuate.

Pertanto, dal punto di vista procedurale, come non può essere disposta un'autorizzazione illimitata nel tempo a far data dal momento di presentazione della domanda, così non è possibile denegare la fruizione del beneficio in quelle situazioni espressamente previste.

In questi casi, il lavoratore interessato a fruire dei permessi per assistere un portatore di handicap in situazione di gravità ricoverato a tempo pieno, dovrà regolarmente proporre domanda prima del godimento degli stessi.

L'operatore, una volta accertata la sussistenza di tutti gli altri requisiti normativamente previsti, acquisirà la domanda nella procedura di gestione delle prestazioni di malattia, maternità e legge n. 104/1992 immettendo i dati previsti, il periodo richiesto e il codice "S" sia nel campo "requisiti" sia in quello "in attesa di documenti".

Il codice, in quest'ultimo campo, verrà rimosso alla presentazione sia della documentazione probante l'avvenuto accesso alle strutture sanitarie sia della dichiarazione sottoscritta dalla struttura di ricovero che attesti l'affidamento del disabile alla responsabilità dei parenti per tutto il periodo di tempo in cui lo stesso si trova all'esterno della struttura sanitaria ospitante per finalità diagnostico/accertative e di cure.

Ciò in quanto, per ogni mese in cui si sia presentata l'esigenza sanitaria del familiare/affine portatore di handicap in situazione di gravità, l'interessato dovrà produrre la documentazione sopra indicata - in busta chiusa con la dicitura "contiene documenti di natura sensibile da visionarsi a cura del Centro medico legale" - che sarà inoltrata al Centro medico legale di riferimento per la sua specificata trattazione.

Quest'ultimo si esprimerà sulla correttezza formale e sostanziale apponendo un visto di congruità sul periodo richiesto.

Successivamente, l'ufficio competente potrà rilasciare apposita autorizzazione per il datore di lavoro delimitata ai periodi in cui l'accesso/gli accessi sono avvenuti.

In particolare, l'operatore rimuoverà la "S" apposta precedentemente nel campo "in attesa di documenti", inserirà la data di presentazione della documentazione come "data di perfezionamento domanda" e istruirà la pratica per l'emissione della lettera di autorizzazione alla concessione dei giorni di permesso.

Qualora i documenti presentati non vengano ritenuti validi per il riconoscimento del beneficio, l'operatore medesimo definirà la pratica con il provvedimento di reiezione, specificando la "data di perfezionamento domanda" e provvedendo nel contempo ad eliminare il codice "S" in entrambi i campi "requisiti" e "in attesa di documenti".

Nelle more, il lavoratore potrà assentarsi dal lavoro ad altro titolo e solo ex post l'assenza potrà essere eventualmente convertita, secondo le modalità vigenti nei singoli contratti di lavoro, in "permesso ex art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992".

Nonostante l'autorizzazione debba essere fornita di volta in volta sulla base della documentazione presentata non è, invece, necessario ripresentare un nuovo modello di domanda per ogni periodo richiesto.

L'operatore infatti creerà d'ufficio le singole pratiche mensili, successive alla prima, al momento della presentazione della documentazione dimostrativa, impostando come "data di presentazione domanda" quella originaria e come "data perfezionamento domanda" quella di consegna della documentazione probante l'avvenuta assistenza.

martedì 15 giugno 2010

Collaborazioni coordinate e continuative e associazioni dilettantistiche

Con risposta ad istanza d’interpello n. 22/201 del 9 giugno 2010, il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali interviene sul tema delle collaborazioni coordinate e continuative svolte presso società sportive dilettantistiche.
I compensi erogati per le collaborazioni coordinate e continuative, di cui all’art. 90 della legge n. 289/2002 e di cui all’art. 61 comma 3 del d.lgs n. 276/2003, sono soggetti alla disciplina fiscale dei redditi diversi di cui all’art. 67, lettera m) del T.U.I.R.
Ai fini fiscali per tali collaborazioni è prevista la seguente forma di tassazione:
1. Fino a € 7.500 sono esclusi dalal formazione del reddito;
2. Oltre i 7.500 euro e fino a 28.158,28 sono soggetti a ritenuta a titolo di imposta;
3. Oltre i 28.158,28 sono soggetti a ritenuta a titolo di acconto.
Per i suddetti redditi non è previsto il versamento di una contribuzione previdenziale.
Per quanto riguarda l’obbligo di inviare la comunicazione al Centro per l’Impiego competente, si ricorda come la circolare del Ministero del Lavoro del 14 febbraio 2007 abbia fatto ricadere tra le tipologie contrattuali per le quali è prevista la suddetta comunicazione, anche le prestazioni sportive di cui all’art. 3 della legge n. 89/81 se svolte in forma di collaborazione coordinata e continuativa e le collaborazioni individuate e disciplinate dall’art. 90 della legge n. 289/2002 ossia le collaborazioni coordinate e continuative utilizzate a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I.
Con riferimento invece ai compensi erogati a impiegati, operai , istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi, senza che assuma rilievo la natura giuridica subordinata o parasubordinata o autonoma del rapporto di lavoro, sono comunque tenuti all’iscrizione e al versamento della contribuzione presso l’Enpals.
Le prestazioni svolte dai dipendenti in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, non possono essere assimilate a quelle svolte in favore della associazioni di volontariato.
I rimborsi percepiti per l’attività svolta, dovranno essere comunque riportati sul libro unico del lavoro secondo quanto a suo tempo già precisato nel vademecum sezione B risposta n. 24 del Ministero del lavoro.
Infine un approfondimento viene riservato al contratto di lavoro applicabile a questo tipo di attività.
Viene segnalato come la giurisprudenza non ritiene più applicabile l’art. 2070 del codice civile che consentiva di determinare il contratto collettivo di lavoro applicabile sulla base dell’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore.
In questo senso è indispensabile far riferimento alla volontà delle parti desumibile dal contratto individuale o, in alternativa, dall’applicazione continuata e non contestata di un determinato CCNL.

lunedì 14 giugno 2010

Formazione esclusivamente interna e apprendistato professionalizzante

Come noto la sentenza della Corte Costituzionale n. 176 del 10/14 maggio 2010 è intervenuta sul tema dell’apprendistato professionalizzante con particolare riferimento a quei contratti che prevedono che la formazione venga svolga esclusivamente all’interno dell’azienda.
Nella risposta ad istanza d’interpello n. 25/2010 del 10 giugno 2010, avanzata dalla Federalberghi, vengono chiesti chiarimenti sulla possibilità, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale citata, di poter continuare a svolgere formazione esclusivamente interna nell’apprendistato professionalizzante.
Viene anche richiesta la conferma riguardo la possibilità di sottoscrivere contratti di apprendistato professionalizzante per quei settori nei quali i contratti collettivi consentono la possibilità di assumere apprendisti da impiegare in cicli stagionali.
La pronuncia della Corte, ribadisce il Ministero del Lavoro sottolinea come anche nell’ipotesi di formazione esclusivamente aziendale, alle regioni e alle Province autonome deve comunque esser riconosciute o mantenuto un ruolo rilevante di stimolo e di controllo dell’attività formativa.
In tal senso la pronuncia della Corte non deve essere letta come una bocciatura del comma 5 ter dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003, il quale, come precisa il Ministero, rimane pienamente applicabile non escludendo la possibilità di percorsi di formazione esclusivamente aziendale per l’apprendistato professionalizzante.
Una lettura corretta della sentenza, determina la necessità che anche per la formazione esclusivamente interna nell’apprendistato professionalizzante non possa e non debba prescindere da una legislazione di livello regionale frutto di un’intesa tra regioni e Province autonome di Trento e Bolzano con le associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello regionale.
La sentenza della Corte, prevedendo il principi di leale collaborazione, non intende svuotare di contenuto i principi informatori del comma 5 dell’art. 49 della legge Biagi che riguardano ad esempio la previsione di un monte annuo di formazione interna o esterna all’azienda pari a 120 ore per l’acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali.
Il principio di leale collaborazione deve necessariamente essere realizzato mediante la conclusione di apposite intese regionali con le diverse parti sociali, che non prescindano comunque dalla necessaria diversificazione che occorre garantire tra i diversi profili formativi previsti dall’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003.
In considerazione di ciò è fatta salva la disciplina contrattuale già adottata ai sensi del comam 5 ter dell’art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 che eventualmente potrà essere modificata nel momento in cui saranno approvati gli accordi a livello regionale.
Similmente la stessa posizione deve trovare rispondenza anche in quelle regioni nella quali sono stati approvati i suddetti accordi ma che gli stessi non risultano applicabili in considerazione di un’accertata carenza relativa ai profili formativi o alle mansioni ,adeguata alle esigenze aziendali.
In ragione delle considerazioni espresse, l’interpello si conclude con la possibilità di concludere ancora contratti di apprendistato da svolgersi in cicli stagionali secondo le previsioni dei contratti collettivi e come a suo tempo già affermato dal Ministero del Lavoro nella risposta ad istanza d’interpello n. 27/2008.

domenica 13 giugno 2010

Approvato l’accordo d’integrazione per gli stranieri

Come previsto dal Pacchetto sicurezza, è stato approvato dal Ministero dell’Interno, l’accordo d’integrazione che prevede che lo straniero che entri in Italia, consegua percorsi d’integrazione al fine di assicurare un ottimale inserimento nella nostra comunità
L’accordo d’integrazione è articolato su di un sistema di crediti, che vengono assegnati al momento dell’ingresso e che possono essere perduti o incrementati a secondo che lo straniero mette in pratica comportamenti favorevoli o non favorevoli all’inserimento.
Destinatari dell’accordo d’integrazione sono gli stranieri che entrano per la prima volta in Italia. L’accordo d’integrazione deve essere sottoscritto presso lo Sportello unico per l’Immigrazione o presso la Prefettura. La durata dell’accordo è pari a due anni ed è riferito agli stranieri con una fascia di età compresa tra sedici e sessantacinque anni.
Per i minori, l’accordo d’integrazione è sottoscritto dai genitori o dai soggetti esercenti la potestà genitoriale. Per i minori non accompagnati, affidati o sottoposti a tutela, l’accordo viene sostituito dal progetto d’integrazione sociale e civile.
Non sono tenuti a sottoscrivere l’accordo d’integrazione gli stranieri con permesso di soggiorno inferiore ad un anno ( come quello per lavoro stagionale pari a nove mesi).
L’esclusione riguarda anche gli stranieri affetti da patologie o handicap tale da limitarne l’autosufficienza e l’apprendimento linguistico e culturale.
Per le vittime di tratta, di violenza o grave sfruttamento, l’accordo è sostituito dal completamento del percorso di protezione sociale.
Lo straniero è tenuto ad acquisire la conoscenza base della lingua italiana e ad apprendere le principali nozioni in materia di cultura civica, riferite ai settori della sanità, degli obblighi fiscali del dovere di istruzione dei figli minori e più in generale dell’organizzazione delle istituzioni pubbliche.
La partecipazione ai corsi e gratuita ed i corsi, di durata compresa tra le cinque e le dieci ore, sono tenuti presso lo sportello Unico per l’Immigrazione delle prefetture.
Il monte iniziale di crediti è pari a 16, dei quali quindici possono essere sottratti in caso di mancata frequenza ai corsi di formazione civica.
I crediti possono essere incrementati mediante l’acquisizione di determinate conoscenze attinenti la lingua italiana, la cultura civica e la vita civile in Italia oltre che dallo svolgimento di determinate attività quali la partecipazione a percorsi di istruzione e formazione professionale, il conseguimento di titoli di studio, la stipula di un contratto di locazione o l’acquisto di un’abitazione, od anche lo svolgimento di un’attività di volontariato.
I crediti possono essere detratti in caso di condanna penale anche non definitiva, in caso di sottoposizione a misure di sicurezza personali anche in via non definitiva ovvero in caso di commissione di gravi illeciti amministrativi o tributari.
In caso di raggiungimento di trenta crediti, l’integrazione si ritiene raggiunta.
Allo straniero viene comunque consentita la possibilità di fruizione di attività culturali e formative premiali a carico del Ministero del lavoro che garantiscono il diritto all’acquisizione fino a 40 crediti.
Qualora al termine del periodo lo straniero sia in possesso di meno di 30 crediti, si procederà alla proroga di un anno dell’accordo.
Se dalla verifica dovesse risultare che lo straniero ha azzerato i crediti, si procederà alla risoluzione dell’accordo con conseguente espulsione dello straniero.
Il permesso di soggiorno sarà revocato o non rinnovato, nell’ipotesi in cui lo straniero non abbia provveduto a far assolvere lì’obbligo scolastico ai propri figli minori.

mercoledì 9 giugno 2010

Conseguenze del mancato esercizio di un diritto per lungo tempo

Il mancato esercizio di un diritto per un tempo sufficientemente lungo, determina la perdita della posizione di vantaggio riconosciuta ad un soggetto, in quanto la controparte ritiene determinatosi l’abbandono della pretesa a suo tempo avanzata, Cass. Sezione lavoro 4 maggio 2010, n. 10712.
La questione sottoposta al vaglio della Corte, riguarda la richiesta presentata da un lavoratore al proprio datore di lavoro, prima del compimento del sessantesimo anno di età, di prolungare la sua permanenza al lavoro fino al sessantacinquesimo anno.
Allo scadere del sessantesimo anno, il datore di lavoro decideva di non proseguire il rapporto di lavoro in essere e il lavoratore veniva unilateralmente collocato a riposo dall’azienda, che non concedeva la possibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro.
Il lavoratore decide quindi di far trascorrere quasi cinque anni prima di presentare ricorso per la mancata concessione del diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro, richiedendo, a titolo di risarcimento del danno, il pagamento delle retribuzioni perdute dalla data di collocamento a riposo fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Il giudice del lavoro a cui veniva presentato il ricorso, procedeva al rigetto della richiesta del lavoratore. Il lavoratore ricorreva in Appello,e in quella sede la sentenza precedente veniva ribaltata con conseguente condanna del datore di lavoro alla corresponsione al lavoratore dell’ammontare delle retribuzioni dovute per il periodo ricompreso dalla data di collocazione in quiescenza ( sessant’anni) e sino al compimento del 65° anno di età.
Tale posizione assunta dalla Corte veniva motivata dal fatto che il lavoratore aveva presentato al proprio datore di lavoro la richiesta di prosecuzione dell’attività lavorativa nei termini previsti ( prima del compimento del sessantesimo anno di età) e che non fossero necessarie e tantomeno richieste, ulteriori reiterazioni della domanda stessa.
Il datore di lavoro sottopone la questione alla Corte di Cassazione, la quale nell’esprimere il proprio giudizio, si sofferma sul comportamento assunto dal lavoratore nel periodo che va dall’interruzione del rapporto di lavoro fino alla richiesta di risarcimento del danno.
In questo situazione, argomenta la Corte, il lavoratore non ha mai provveduto ad offrire la propria prestazione lavorativa presso l’azienda, rimanendo in una situazione di totale inerzia, fino alla proposizione del ricorso.
In questa situazione, il lavoratore pur trovandosi in una posizione creditoria, non ha provveduto a metter in atto comportamenti che lasciassero intendere la volontà di voler esercitare il suo diritto di credito . Tale situazione ha generato nella controparte ( il datore di lavoro) , tenuto conto anche del lungo lasso di tempo trascorso ( quasi cinque anni), dell’intenzione del lavoratore di abbandonare la relativa pretesa creditoria, alla luce dei principi di correttezza e buona fede contenuti negli articoli 1175 e 1375 del codice civile.

martedì 8 giugno 2010

Invio del modello SM20 dell’Inail

Come noto, per le imprese di autotrasporto merci in conto terzi, inquadrate alla voce di tariffa 9121 e 9123 viene previsto uno sconto del premio Inail in ragione di un’agevolazione che intende premiare questo determinato settore.
Con la nota del 27 maggio 2010, l’Inail ha provveduto a comunicare alle imprese interessate e ai consulenti le procedure da seguire per il calcolo del premio e per la determinazione delle agevolazioni.
Con la nota del 7 giugno 2010, vengono informati gli interessati che si sta procedendo all’invio dei modelli SM 20 . Tali modelli contengono tutti gli elementi utili al calcolo del premio da versare con riferimento all’autoliquidazione 2009-2010.
Le spedizioni dei modelli SM 20 dovrebbero concludersi il giorno 8 giugno e di conseguenza , nel giro di pochi giorni, raggiungere tutte le imprese interessate da questo tipo di agevolazione.
Tuttavia l’Inail prende atto che potrebbero esserci dei disguidi nella consegna della posta e quindi alcune aziende comunque interessate dalla procedura, potrebbero non vedersi recapitato il modello in questione.
Qualora dovesse ricorrere tale eventualità, le aziende o in loro vece, i consulenti delegati, potranno rivolgersi ad una qualsiasi sede Inail richiedendo la stampa del modello SM 20 che andrà eseguita e consegnata dall’operatore nelle mani del richiedente.
Si ricorda che il termine per effettuare il pagamento del premio è stabilito nel 16 giugno prossimo e riguarda sia la regolazione del premio 2009 che l’acconto riferito al premio 2010.
Per le imprese che pur avendo i requisiti per accedere alle agevolazione, avessero comunque già versato il premio in misura intera senza beneficiare delle agevolazioni, viene consentita la possibilità di compensare l’importo in più pagato tramite modello F24 secondo le procedure già in vigore.
Delle precisazioni vengono fatte per gli artigiani tenuti al pagamento del premio speciale unitario ed inquadrati alle voci di tariffa 9121 e 9123.
Per quanto riguarda la regolazione del premio 2009, lo sconto risulta pari al 14,01%. In tal caso il modello inviato all’artigiano a suo tempo per la determinazione del premio in sede di autoliquidazione, era già stato calcolo al netto dello sconto.
Per quanto riguarda invece l’acconto 2010, si ricorda che il beneficio risulta pari all’importo del 14,50%.

Non è infortunio in itinere quello avvenuto dopo l’ingresso nel condominio

L’infortunio in itinere ha sempre rappresentato una problematica particolarmente complessa che attiene ad una forma di protezione riconosciuta al lavoratore ancor prima che questi raggiunga fisicamente il luogo di lavoro.
Al riguardo, con la sentenza n. 10028 del 27 aprile 2010, la Cassazione, sezione lavoro, ribadisce la non configurabilità dell’infortunio in itinere qualora l’evento si sia realizzato all’interno di luoghi di esclusiva proprietà del lavoratore assicurato, o in quelli di proprietà comune ( come le scale, i cortili condominiali, i viali di complessi residenziali con le relative componenti strutturali).
Al fine della ricorrenza dei presupposti per l’identificazione dell’infortunio in itinere, viene richiesto che l’evento si sia verificato in una pubblica strada.
Tale requisito viene richiesto in quanto è necessario che l’infortunio avvenga in luoghi sui quali il lavoratore non abbia la possibilità di incidere , in via diretta o indiretta, per escludere o ridurre i rischi di incidente.
Nel caso di specie, una lavoratrice, al ritorno a casa dopo una giornata di lavoro, mentre scendeva dalla propria auto, cadeva rovinosamente provocandosi una frattura del femore.
Tale evento avveniva in prossimità del proprio portone di abitazione, dopo che era stato varcato il cancello e attraversato il giardino privato.
La richiesta di riconoscimento dell’infortunio veniva rigettata dall’Inail, ragion per cui la lavoratrice provvedeva a ricorrere al Tribunale del Lavoro di Pesaro e successivamente alla Corte di Appello, che confermando la sentenza di primo grado, rilevava l’inesistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’infortunio in itinere.
La lavoratrice quindi procedeva a ricorrere in Cassazione, che con la sentenza in commento conferma le posizioni precedentemente espresse.
In particolare viene ribadito nella sentenza che dalla dichiarazione della stessa lavoratrice, risultava come fosse carente il presupposto dell’infortunio in itinere in quanto l’evento non era accaduto all’interno di una pubblica strada ma in un privato condominio.
La protezione assicurativa riconosciuta ai lavoratori, prosegue la sentenza, non può essere estesa a fatti o comportamenti che non sono finalizzati all’attività lavorativa e per i quali sussiste solo un eventuale rischio generico.
Per tale ragione viene esclusa la possibilità che venga indennizzato l’infortunio avvenuto all’interno della casa privata di abitazione, e , in via estensiva, anche quelle intervenuto nello spazio che va dalla privata abitazione stessa e la strada pubblica, secondo il richiamato principio della possibilità per il soggetto di intervenire per ridurre o limitare i rischi che possono realizzarsi all’interno di un luogo del quale detiene direttamente o indirettamente la disponibilità e la proprietà ( confronta al riguardo Cass. 9211/2003).

Per l’infortunio il lavoratore non è tenuto a provare la colpa del datore di lavoro

In caso di infortunio sul lavoro, il lavoratore è tenuto a fornire la prova dell’esistenza del danno e del nesso di causalità tra ambiente di lavoro ed evento occorso.
Il lavoratore tuttavia non è tenuto a fornire prova del comportamento colposo del datore di lavoro ( sentenza Corte di Cassazione n. 4510 del 24.02.2010).
Il fatto in questione riguarda l’infortunio occorso ad un lavoratore avvenuto all’interno della sede aziendale. Tale infortunio era avvenuto a seguito del distacco di un tubo di acciaio dall’imbracatura che doveva sorreggerlo e tale tubo aveva finito per colpire il lavoratore dipendente addetto alle operazione di aggancio alle gru del tubo destinato al sottosuolo.
Al riguardo la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore che agisce nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno derivante da infortunio sul lavoro, ha l’onere di provare il fatto costituente inadempimento e il nesso di causalità tra inadempimento ed evento lesivo.
Il lavoratore non è tenuto a provare anche la colpa del datore di lavoro per il danno subito dal lavoratore in quanto al riguardo opera la presunzione di cui all’art. 1218 del codice civile.
Al fine del superamento della colpa, il datore di lavoro è tenuto a fornire prova di aver adottato tutte le misure necessarie ad evitare il danno, in relazione al rischio specifico e alle lavorazioni effettivamente eseguite.
In questa particolare ipotesi, il datore di lavoro non può essere esentato dalla responsabilità derivante dai danni prodotti a seguito di un infortunio sul lavoro, semplicemente dimostrando di aver adottato tutte le misure di protezione individuale previste dalla legge ( consegna dei guanti, del casco,…) in quanto era comunque tenuto ad assolvere gli obblighi previsti in materia di prevenzione e protezione dai rischi intervenendo preventivamente sulla specifica situazione ed adottando tutte le misure di prevenzione atte ad escludere o ridurre le conseguenze che potevano generarsi da una situazione di pericolo.

sabato 5 giugno 2010

Invio telematico domande di autorizzazione CIG ordinaria

La richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria, potrà essere presentata all’Inps anche in via telematica, messaggio Inps n. 14811 del 3 giugno 2010.
Tale servizio è disponibile su tutto il territorio nazionale e permette l’invio della richiesta per le domande di Cassa Integrazione Ordinaria relative sia al settore industria che al settore edilizia.
L’acquisizione delle domande da parte delle sedi Inps avviene in modalità on-line tramite la compilazione del modello IGI 15. Questa possibilità è riconosciuta ai consulenti e ai datori di lavoro che in tal modo potranno conservare le istanze inoltrate in formato digitale evitando di procedere al caricamento di ulteriori programmi informatici scaricati dall’esterno.
Il sistema permette altresì controlli di congruenza tra i dati immessi e quelli in possesso dell’Istituto mediante le anagrafiche Inps disponibili in linea.
La procedura è disponibile sul sito Inps, nella nuova funzionalità rintracciabile tra i “Servizi per aziende e consulenti”, sotto la voce CIG, alla denominazione “Acquisizione OnLine Domande CIGO”.
La seconda parte del messaggio Inps, si occupa delle procedure interne che dovrà seguire l’Istituto per garantire la piena e corretta operatività della procedura di gestione delle domande di Cassa integrazione guadagni ordinaria.
I funzionari delle sedi saranno tenuti a consultare periodicamente tramite il sistema intranet dell’Inps, le domande pervenute tramite procedura telematica e dopo aver verificato che le stesse rispettano i requisiti previsti e risultano assolti i criteri di congruità e completezza dei dati inviati, dovranno procedere alla loro validazione.
Al fine di garantire un adeguato supporto all’utenza, le sedi Inps saranno tenute ad attivare, qualora la stessa non fosse già operativa, la casella di posta elettronica sostegnoreddito.sede , nonché un apposito numero di telefono a cui gli interessati potranno rivolgersi per le richieste di assistenza normativa e tecnica collegate all’inoltro delle domanda di Cassa integrazione ordinaria.
I quesiti di carattere normativo, ricevuti dalle diverse Direzioni provinciali Inps, dovranno essere inoltrati dalle stesse alle Direzioni regionali dell’istituto, al fine di ottenere un’uniformità di orientamenti sui singoli punti controversi.
Il quesito dovrà essere accompagnato da ogni elemento di fatto e di diritto utile per la soluzione della questione.
La Direzione regionale dell’Inps, una volta ricevuta la richiesta di chiarimenti, ha la possibilità di inoltrare il quesito alla Direzione centrale, tramite posta elettronica, al fine di ricevere un orientamento ufficiale da destinare alla soluzione dei casi maggiormente controversi.