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venerdì 7 gennaio 2011

Tipizzazione dei motivi e impugnazione del licenziamento dopo il Collegato Lavoro

La legge 4 novembre 2010, n. 183 ha introdotto importanti novità in tema di licenziamento individuale, sia sotto il profilo dei termini di impugnazione sia sotto la valenza delle clausole di tipizzazione del licenziamento stesso.

 IL NUOVO REGIME DELLE DECADENZE: Innanzitutto la norma contenuta nell’articolo 32 della suddetta legge è andata ad accelerare i tempi di definizione dell’impugnazione del licenziamento: al contrario della previgente disposizione dove la proposizione del ricorso di impugnazione del licenziamento poteva avvenire entro il termine prescrizionale ordinario di cinque anni dalla comunicazione del recesso, la nuova disposizione stabilisce che il licenziamento debba essere impugnato dal lavoratore entro sessanta giorni dalla sua comunicazione in forma scritta, a pena di decadenza.

In ogni caso l’efficacia dello stesso è condizionata, all’instaurazione, entro i successivi 270 giorni , di un giudizio.

Pertanto, l’arco temporale dell’impugnazione dello stesso non potrà essere superiore a 330 giorni.

Detti termini di decadenza pongono alcune perplessità: innanzitutto, in relazione alla decorrenza del termine per l’impugnazione giudiziale, non è chiaro se il termine di 270 giorni decorra dall’impugnazione giudiziale o dallo scadere dei sessanta giorni alla comunicazione del recesso: a nostro avviso, posto che l’impugnazione stragiudiziale è un atto unilaterale recettizio, il termine dei 270 giorni decorre dal momento dell’avvenuta ricezione della comunicazione al datore di lavoro.

 CAMPO DI APPLICAZIONE: Ai sensi della nuova formulazione dell’articolo 6 della Legge 604/1966, le disposizioni sopracitate si applicano ‘anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento’.

A differenza della previgente disciplina dove l’impugnazione del licenziamento valeva per tutte le ipotesi di recesso, sia esso inefficace, nullo o annullabile, a seguito della riforma i termini di decadenza si applicano a tutte le ipotesi di invalidità del licenziamento [ sia essi nulli che annullabili], con esclusione pertanto del licenziamento orale.

In ogni caso la norma ha esteso il suo campo di applicazione a una serie eterogenea di fattispecie di cessazione, modificazione e costituzione del rapporto di lavoro quali:

- Licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto [ es. qualificazione del rapporto in lavoro subordinato di un contratto di lavoro a progetto];

- Recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto di cui all’articolo 409 c.p.c. [La disposizione non richiama invece altre ipotesi di interruzione di prestazioni lavorative rese, per esempio nell’ambito di associazione in partecipazione con apporto lavorativo o di lavoro autonomo];

- Trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;

- All’azione di accertamento di nullità del termine apposto al contatto di lavoro, ai sensi degli articoli 1,2 e 4 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, con decorrenza dalla scadenza del termine;

- Al rapporto di lavoro a tempo determinato, in corso alla data di entrata in vigore della legge 4 novembre 2010, n. 183, nonché al contratto di lavoro a tempo determinato, anche se stipulato in applicazione di disposizioni della legge previgenti al D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 e già conclusi9 alla data di entrata in vigore della presente legge.

- Alla cessione di contratto di lavoro a seguito di trasferimento d’azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile;

- In ogni altro caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto [ ivi compresa l’ipotesi di somministrazione di lavoro irregolare di cui all’articolo 27, D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276].

In relazione a questi ultimi due casi, si precisa che il lavoratore che contesti la legittimità del trasferimento d’azienda deve impugnare entro i termini previsti l’avvenuta cessione del suo rapporto di lavoro in capo alla impresa cessionaria. A nostro avviso può essere ricompreso anche il caso in cui il lavoratore rimasto alle dipendenze dell’impresa cedente rivendichi il diritto al passaggio in capo alla cessionaria.

A queste ipotesi di legge vanno in ogni caso ricompresi tutti quei casi in cui il lavoratore vanta un diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato in forma di norma di contratto. Riguardo ai termini di impugnazione di dette ipotesi si rimanda a un prossimo intervento legislativo che sani l’omissione.

 INDENNIZZO RISARCITORIO: La norma sopracitata introduce nuovi parametri di determinazione del risarcimento del lavoratore previsti dall’articolo 8 della Legge 604/1966 per i casi di licenziamento ingiustificato nell’ambito della c.d. ‘tutela obbligatoria’.
In linea con la previgente disposizione, il legislatore ha rilasciato inalterata l’entità della penale per il caso di licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che rimane dunque compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità.

Ai sensi della nuova formulazione viene stabilito invece che il giudice, nel valutare le motivazioni poste alla base del licenziamento, debba tener conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro, ove stipulati con l’assistenza e consulenza delle commissioni di certificazione.

La norma non chiarisce però se i nuovi criteri sostituiscano o si aggiungano a quelli già previsti dal citato articolo 8, della Legge 604/1966, anche se la seconda soluzione sembra preferibile.

Infatti, nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento, il giudice dovrà tener conto egualmente di elementi e parametri fissati dai contratti collettivi e dai contratti individuali certificati, e comunque , dovrà considerare le dimensioni e le condizioni dell’attività esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l’anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti.

In ogni caso la suddetta disposizione è applicabile solo all’ambito della tutela obbligatoria, escludendo espressamente l’articolo 18 dello Statuto del Lavoratori.

 LA TIPIZZAZIONE CONTRATTUALE DELLE MOTIVAZIONI DEL LICENZIAMENTO: In materia di licenziamento individuale, l’articolo 30 del ‘Collegato Lavoro’ ha dunque imposto al giudice di tener conto delle tipizzazioni della giusta causa o di giustificato motivo di licenziamento eventualmente contenute nel contratto individuale di lavoro o nel contratto collettivo debitamente certificati.

Il collegato lavoro ha pertanto introdotto una duplice innovazione:

- La tipizzazione delle motivazioni può ora riguardare tutte le ipotesi di licenziamento, ove sia essenziale la motivazione della giusta causa al giustificato motivo, oggettivo e soggettivo;

- Viene incluso tra gli elementi di valutazione del giudice il contratto individuale certificato, dove in esso sia presente una tipizzazione del licenziamento.

La tipizzazione delle motivazioni del licenziamento, da parte dei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi e dei contratti individuali certificati potrà quindi estendersi dalla giusta causa al giustificato motivo, soggettivo ovvero oggettivo.

In ogni caso l’intervento della contrattazione collettiva o del contratto individuale certificato determina un controllo preventivo delle motivazioni dei licenziamenti, ferma restando la possibilità per i giudici di dichiarare la nullità di quelle clausole contrattuali in contrasto con i principi costituzionali, con quelli generali del nostro ordinamento giuridico.

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