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martedì 15 marzo 2011

Messa in mora, forma scritta senza solennità

La costituzione in mora, all'infuori della scrittura, non è soggetta a rigore di forme e non richiede l'uso di formule solenni, nè di particolari adempimenti. La costituzione in mora, all’infuori della scrittura, non è soggetta a rigore di forme e non richiede l’uso di formule solenni, né di particolari adempimenti.

La causa di cui al commento ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni, in merito alla quale viene sollevata eccezione di prescrizione da parte della resistente. Nello specifico, al caso di specie è applicabile il disposto dell’art. 2947 c.c. ed il conseguente termine biennale di prescrizione.

L’eccezione della resistente, però, non tiene in adeguata considerazione l’invio da parte del ricorrente di ben tre diverse missive con le quali manifestava l’inequivocabile volontà di far valere il proprio credito nei confronti della controparte, con l’effetto sostanziale di costituire tale soggetto in mora. Infatti, le lettere contenevano una formale intimazione e diffida a versare il dovuto a titolo di risarcimento danni. Giuridicamente, pertanto, con tali scritti si è verificata un’interruzione del decorso del termine di prescrizione.

Il Giudice, al fine di risolvere la preliminare eccezione di prescrizione, si richiama e si attesta sulle posizioni della giurisprudenza ormai consolidata della Cassazione. L’orientamento richiamato stabilisce che la costituzione in mora è un requisito non soggetto a rigore di forme, con l’unica eccezione della scrittura, e, pertanto, non richiede l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti.

Ciò che è necessario, ma sufficiente è che il creditore manifesti in maniera esplicita, con uno scritto qualsiasi diretto al debitore e portato a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.

L’atto di costituzione in mora idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c. deve presentare un elemento soggettivo costituito dalla chiara indicazione del soggetto obbligato e da un elemento oggettivo consistente nell’esplicitazione scritta di una pretesa, intimazione o richiesta di adempimento idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (si richiama in tal senso la recente pronuncia Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2010, n. 3371).

Tale requisito non è ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore (ex multis: Cass. civ., 3 dicembre 2004, n. 2275; Cass. civ., 30 marzo 2006, n.7524). Sulla base di questo orientamento giurisprudenziale sembra non potersi condividere il diverso filone interpretativo secondo il quale l’atto di interruzione della prescrizione non deve consistere “in una richiesta o intimazione” (essendo questa una caratteristica della costituzione in mora) ma può anche emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti puramente o semplicemente l’intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell’art. 2943, 4° co. c.c. in sinergia ermeneutica con la più generale norma dettata, in tema di prescrizione, dall’art. 2934 c.c.” (Cass. civ., sez. III, 12 luglio 2006, n. 15766).

(Tribunale Pordenone, Sentenza 27/09/2010, n. 814)

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