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giovedì 31 marzo 2011

Contratto a termine: primi orientamenti giurisprudenziali relativi al nuovo regime sanzionatorio.

Il Collegato Lavoro (L. n. 183/2010) introduce importanti novità relativamente ai contratti a tempo determinato, stabilendo:
- un massimo di 60 giorni per l’impugnazione del contratto e altri 270 giorni per l’avvio dell’azione giudiziale;
- la forfetizzazione dell’entità del risarcimento dovuta al lavoratore in caso di conversione del contratto a tempo indeterminato, da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità (art. 32, c. 5).
Quest’ultima disposizione, da subito, è stata ritenuta poco chiara e controversa, sollevando numerosi dubbi interpretativi, facendo ritenere ai primi commentatori il profilarsi di tre possibili interpretazioni circa la sanzione in oggetto:
a) la nuova indennità risarcitoria va a sostituirsi alla riammissione in servizio del lavoratore e alle altre situazioni riparatorie previste nel periodo intercorrente tra la cessazione del rapporto e la sentenza del giudice;
b) la nuova indennità risarcitoria va ad aggiungersi alla riammissione in servizio del lavoratore come ristoro del pregiudizio subito nel periodo intercorrente tra la cessazione e la ripresa del lavoro;
c) la nuova indennità risarcitoria va ad aggiungersi alle sanzioni previste dalla normativa precedente (riammissione in servizio, pagamento delle retribuzioni maturate a partire dalla cessazione del rapporto fino alla sentenza).

Alle interpretazioni della dottrina si sono sommati gli orientamenti ondivaghi della giurisprudenza, dal momento che, infatti, le prime sentenze emesse sulla questioni sono giunte ad esiti divergenti.

Il Tribunale di Milano (sentenze n. 4971 e 4966 del 29/11/2011), il Tribunale di Roma (sentenza n. 19232 del 2/12/2010) e il Tribunale di Trani (sentenza n. 6808 del 24/11/2010), oltre a stabilire la riammissione del lavoratore a tempo indeterminato, hanno applicato la norma in questione in sostituzione al pagamento delle retribuzioni maturate a partire dalla cessazione del rapporto fino alla sentenza, come prevedeva la normativa precedente, abbracciando, dunque, la seconda delle interpretazioni suindicate.

Il Tribunale di Busto Arsizio, invece, ha stabilito che in caso di nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento forfettario previsto dall’art. 32, c. 5, va ad aggiungersi alle sanzioni fissate dalla normativa precedente, diventando dunque una sanzione ulteriore a carico del datore di lavoro.

Anche il regime transitorio indicato dal comma 7 dello stesso art. 32, che prevede l’estensione della nuova disciplina dei commi 5 e 6 dell’art. 32 a tutti i giudizi, compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sembra sollevare delle problematicità.
La Cassazione ha stabilito che tale disposizione si applica anche ai giudizi pendenti proprio innanzi ad essa (ordinanza del 28/02/2011, n. 2112), sebbene ha precisato che l’applicazione retroattiva della normativa sanzionatoria non si estende alle statuizioni su cui si è già formato giudicato.

Infine, va sottolineato che sia rispetto all’indennizzo risarcitorio forfettario, sia in merito all’applicazione retroattiva del nuovo sistema sanzionatorio, pende la pronuncia della Corte Costituzionale adita dal Giudice del Lavoro di Trani che ha sollevato questione di legittimità costituzionale su tali questioni.
Bisognerà ancora attendere prima di addivenire ad un’interpretazione pacifica circa il nuovo regime sanzionatorio da applicare in caso di nullità dei contratti a termine.

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