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giovedì 30 dicembre 2010

Collegato Lavoro: novità in materia di impugnazioni

La Legge n. 183 del 2010 ha introdotto importanti novità in materia di impugnazione dei licenziamenti.
In vero, le disposizioni normative appaiono evidentemente finalizzate ad assicurare un giusto grado di certezza nel diritto del lavoro, evitando comportamenti giudiziari tesi esclusivamente a lucrare sull’entità del risarcimento nonché ad evitare la duplicazione di apparati sanzionatori.
L’art. 32 riscrive le disposizioni “storiche” dell’art. 6 della 604/66 poiché si è preferito operare su un corpo normativo già consolidato e già oggetto di numerose modifiche intervenute nel tempo, apportando le innovazioni del caso.

In particolare per impugnare correttamente un licenziamento un lavoratore dovrà:

- inoltrare entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso, ovvero dalle sue motivazioni, un atto, anche stragiudiziale, idoneo ad esprimere la sua volontà anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso (fin qui rimane la situazione nota);
- avviare la successiva azione giudiziaria entro 270 giorni. Tale termine è sospeso in caso di tentativo di conciliazione o di soluzione arbitrale, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora detti tentativi non andassero a buon fine il lavoratore avrà soltanto ulteriori 60 giorni per procedere giudiziariamente.

E’ del tutto evidente che la norma consente di percorrere tempi più ragionevoli rispetto alle controversie per licenziamento, riducendo inoltre il rischio economico di causa in capo al datore di lavoro e imponendo quindi al lavoratore un’azione celere in sede giudiziaria.

La normativa previgente, infatti, prevedeva che, impugnato nei termini il licenziamento, la parte avesse 5 anni a disposizione per ricorrere al giudice.

La nuova disciplina è applicabile a tutte le forme di risoluzione del rapporto di lavoro, dipendente o a progetto, ritenute invalide. Bisogna seguire i nuovi termini per i licenziamenti nulli (es. discriminatori), inefficaci (privi di forma scritta) o annullabili (privi di giusta causa o giustificato motivo).

Stessa procedura se si vuole contestare un contratto a termine per illegittima definizione della durata, un trasferimento di sede, un trasferimento d’azienda ex art. 2112 cc, o, come accennato, se si vuole riqualificare un contratto di collaborazione come subordinato o contestarne la cessazione.

Si tratta chiaramente di situazioni disomogenee, nelle quali tuttavia il contenzioso potrebbe assumere risvolti temporali ed economici notevoli.

In buona sostanza, è applicabile il termine decadenziale dei 60 giorni seguito di 270 giorni per l’azione giudiziaria o la richiesta di arbitrato ovvero conciliazione.

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