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venerdì 4 febbraio 2011

IVA al 4% sulla prima casa, dell’illecita applicazione è responsabile solo l’acquirente

In caso di acquisto di un immobile come “prima casa”, dell’illecita applicazione dell’IVA con l'aliquota ridotta del 4% risponde unicamente l’acquirente; il venditore resta esonerato da qualsiasi responsabilità fiscale al riguardo. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sezione quinta civile, nella sentenza n. 26259 depositata il 29 dicembre scorso.Il venditore non ha alcuno potere e/o dovere di verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma per l’applicazione dell’agevolazione in commento. L’applicazione di tale misura dell’aliquota IVA non costituisce un onere del venditore, bensì un diritto soggettivo dell'acquirente.

La fattispecie oggetto d’esame era relativa alla compravendita di un immobile, la quale era stata assoggettata all'IVA con l'aliquota del 4% (in luogo dell'aliquota ordinaria del 20%), dal momento che l’acquirente aveva dichiarato di essere in possesso dei requisiti per l’agevolazione ”prima casa”.

Di palese impedimento alla fruizione dell’agevolazione erano, però, le caratteristiche dimensionali dello stesso, il quale era di superficie ampiamente eccedente il limite di 240 mq e, pertanto, qualificabile come abitazione di lusso.

L'amministrazione finanziaria aveva, quindi, provveduto a richiedere la maggiore imposta dovuta, mediante l’emissione di un avviso di accertamento nei confronti del solo acquirente, il quale aveva, però, proposto ricorso.

Secondo quest’ultimo, infatti, dovendo un immobile di lusso essere assoggettato all’IVA sempre e comunque con l’aliquota del 20%, il venditore non poteva cederlo con IVA agevolata, anche semplicemente in un’ottica di buona fede.

La rettifica, dunque, doveva essere avanzata nei confronti del cedente, in quanto soggetto passivo nonché emittente della fattura con la relativa indicazione dell’IVA calcolata.

Contraria a tale tesi è stata, invece, la Suprema Corte, la quale ha evidenziato che l’applicazione dell'IVA con aliquota ridotta non costituisce affatto un onere del venditore, ma solo un diritto soggettivo dell’acquirente, la cui fruizione è subordinata soltanto alla manifestazione (espressa nell'atto di acquisto) della sua volontà di beneficiare di quella riduzione: tale richiesta suppone necessariamente la dichiarazione dell’acquirente della sussistenza di tutte le condizioni necessarie.

Il venditore, dal canto suo, in presenza di detta dichiarazione nell’atto pubblico, si trova nelle condizioni di applicare l’aliquota ridotta, non avendo egli (in assolta carenza di specifico disposto normativo) nessun potere (dovere) di verificare la sussistenza delle condizioni.

E ciò indipendentemente dal fatto che le stesse condizioni siano di palese evidenza.

(Sentenza Cassazione civile 29/12/2010, n. 26259)

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