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giovedì 6 maggio 2010

Prestazioni economiche di maternità: i chiarimenti dell’INPS

Circolare INPS 29/04/2010, n. 62

L’INPS è di recente intervenuto a fornire chiarimenti in merito alle spettanze delle indennità economiche a carico dell’Istituto per gli eventi di maternità e paternità tutelati dalla legge e che qui riepiloghiamo.
Congedo di maternità delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata
La legge prevede che alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno spettano un assegno di maternità dello Stato di € 1.549,37 rivalutabile annualmente, per ogni figlio nato (o minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dal 2 luglio 2000).
La misura è intera per le lavoratrici che non beneficiano delle indennità/prestazioni a carico dell’INPS, mentre spetta la sola differenza rispetto all’ammontare complessivo (inferiore) dell’indennità di maternità INPS.
Le situazioni oggetto della presente tutela economica sono le seguenti:
 La lavoratrice ha in corso una forma di tutela previdenziale o economica della maternità, anche in gestioni diverse, e nel periodo compreso tra i 18 e i 9 mesi antecedenti alla nascita (o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare) le sono stati accreditati almeno 3 mesi di contribuzione.
È il caso delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata alle quali è stato esteso il medesimo periodo di congedo per maternità delle lavoratrici dipendenti (ordinario, per 5 mesi complessivi di cui 2 mesi anteriori alla data presunta del parto e 3 successivi alla nascita, nonchè anticipato/prorogato eventualmente disposto dai servizi ispettivi delle DPL). Devono essere state accreditate in favore della lavoratrice 3 mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti la data di inizio del periodo di congedo obbligatorio.
 Perdita del diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa per almeno 3 mesi (equivalenti a 3 mesi di contribuzione effettiva nella misura dell’aliquota maggiorata dello 0,72% per le prestazioni di maternità, malattia e degenza ospedaliera), purchè il periodo compreso tra la data della perdita e la data della nascita (o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare) non sia superiore al previsto periodo di fruizione delle indennità e non superi in ogni caso i 9 mesi.
Si ricorda, per completezza, che l’erogazione dell’assegno di maternità è prevista anche nel caso in cui la lavoratrice receda, anche volontariamente, dal rapporto di lavoro durante il periodo di gravidanza e possa far valere 3 mesi di contribuzione.

Congedo parentale e svolgimento di altra attività lavorativa
L’INPS ha precisato che durante i periodi di fruizione dell’indennità di congedo parentale non può essere svolta un’altra attività lavorativa, dal momento che tale attività sottrarrebbe il genitore dalle responsabilità familiari per la tutela delle quali è previsto il godimento del periodo di congedo parentale.
L’eventuale indennità indebitamente incassata dal lavoratore dovrà essere restituita all’INPS.
Tali disposizioni valgono sia per i lavoratori dipendenti sia per gli iscritti alla Gestione separata (collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, autonomi occasionali con compensi superiori a € 5.000 per committente nell’anno solare, venditori a domicilio, titolari di assegni di ricerca, lavoratrici autonome senza cassa previdenziale). Questi ultimi non possono proseguire lo svolgimento dell’attività lavorativa durante il medesimo periodo di fruizione dell’indennità per congedo parentale.
Diversa e del tutto legittima è l’ipotesi di lavoratori titolari di più rapporti di lavoro part-time che beneficiano del congedo parentale con riferimento ad uno solo dei rapporti part-time, proseguendo le attività dell’altro o degli altri rapporti di lavoro in essere.

Interdizione prorogata dai servizi ispettivi e parto prematuro
Superando le istruzioni dettate in passato, l’Istituto precisa ora che, in caso di parto prematuro (cioè, prima della data presunta), il periodo del congedo obbligatorio di 3 mesi dopo la nascita deve essere prolungato (in misura pari al periodo intercorrente tra la data effettiva e la data presunta del parto) anche nei casi in cui la lavoratrice che sia stata collocata in astensione obbligatoria anticipata con proroga fino a 7 mesi dopo il parto, nei casi previsti dalla legge.
Ricordiamo che è possibile l'interdizione anticipata fino ai 2 mesi precedenti la data presunta del parto e/o prorogata fino a sette mesi dopo il parto nei seguenti casi:
 gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
 quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
 quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni.
Certificazione medica di maternità
Anche in materia di certificazione medica di maternità l’INPS interviene a rivedere la propria precedente interpretazione, uniformandosi ad un recente parere del Ministero del Lavoro.
La legge prescrive che le certificazioni mediche relative alla maternità devono essere rilasciate dai medici abilitati, quelli del servizio sanitario nazionale (SSN), salve siano necessarie ulteriori specificazioni documentali.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi, il datore di lavoro o l’istituto che eroga il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare tali certificati o di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice.
Secondo il nuovo orientamento interpretativo, ai fini dell’applicazione del Testo Unico per la tutela della maternità/paternità (D.Lgs. n. 151/2001), i certificati redatti dai medici di medicina generale convenzionati devono considerarsi equivalenti a quelli rilasciati dai medici di struttura pubblica (SSN) e, pertanto, devono essere accettati dall’INPS e dal datore di lavoro. In particolare, devono essere accettati i certificati medici che recano indicazione della data presunta del parto redatti dai medici curanti di medicina generale convenzionati o dai ginecologi convenzionati con il SSN.
Si precisa inoltre che la certificazione medica attestante la malattia connessa a puerperio (in caso di aborto intervenuto prima del 180° giorno di gestazione), analogamente alla certificazione richiesta ai fini della flessibilità, deve essere rilasciata dallo specialista del SSN o con esso convenzionato.
Sussiste invece sempre la facoltà dell’Istituto e del datore di lavoro di accettare o chiedere la regolarizzazione dei certificati medici redatti dai medici privati non convenzionati o dai medici dipendenti da strutture private non convenzionate con il SSN.

Riferimenti: D.Lgs. n. 151/2001, artt. 6, 7, 17, 21, 75 e 76; Circolare INPS n. 45/2000; Circolare INPS n. 143/2001; Circolare INPS n. 32/2006.

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