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martedì 11 maggio 2010

I criteri di scelta per la legittimità della procedura di licenziamento collettivo

Cass., Sez. lav., 07/04/2010, n. 8237

Aspetto fondamentale per la validità e l’efficacia della procedura di licenziamento collettivo è costituito dalla definizione dei criteri di scelta sulla base dei quali saranno individuati i lavoratori interessati dal licenziamento. L'inosservanza dei criteri di scelta comporta infatti l'annullabilità del licenziamento su istanza del lavoratore interessato. Qualora il giudice dichiari l’illegittimità del licenziamento, ne dispone la reintegrazione nel posto di lavoro.

L'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale.

Tali criteri devono essere definiti dagli accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali, che debbono essere informate per iscritto della decisione aziendale di procedere ai licenziamenti collettivi. In mancanza di accordo collettivo, i criteri sono individuati dalla legge: carichi di famiglia, anzianità di servizio, esigenze tecnico-produttive e organizzative. Non è richiesto che sussistano contemporaneamente e può esserne privilegiato uno rispetto agli altri.

La Suprema Corte interviene ora a ribadire il consolidato orientamento della giurisprudenza che riconosce come del tutto legittimi tutti i criteri di scelta e questo, si sottolinea, in contrasto con la prevalente dottrina secondo la quale risulterebbe prioritario, rispetto a tutti, l’aspetto delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative dell’azienda.
Al di là della conferma dell’orientamento della Cassazione in materia, nella recente pronuncia in esame sembrano degne di nota alcune considerazioni in merito alla legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo per soppressione del posto di lavoro, riassetto organizzativo e riduzione dei costi.
La Corte, non solo ha ribadito l’insindacabilità della scelta del datore di lavoro di procedere alla soppressione della posizione lavorativa nell’ambito di un riassetto organizzativo dell’azienda e una riduzione dei costi, ma afferma chiaramente la validità della scelta del datore di lavoro di licenziare la più giovane dipendente del comparto in esubero e priva dei carichi di famiglia.

A fondamento della legittimità del licenziamento restano sempre ferme l’impossibilità di impiegare il lavoratore in mansioni diverse nell’ambito dell’organizzazione dell’impresa esistente al momento del recesso (desunta, nel caso concreto, dal mancato possesso della professionalità e della qualifica specificamente richieste per la reale attività produttiva e di slancio dell’azienda) nonché l’oggettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo aziendale in relazione alla scelta dei dipendenti interessati dal provvedimento del licenziamento.

Riferimenti: Legge n. 223/1991, artt. 4, 5 e 24; Legge n. 300/1970, art. 18; Circolare Ministero del Lavoro n. 155/1991.

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