Cassazione, Sez. Lav., 26 marzo 2010, n. 7380
L’occupazione irregolare di cittadini extracomunitari privi del regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato (o il cui permesso sia stato annullato o revocato o sia scaduto e del quale non sia stato richiesto il rinnovo) comporta in capo al datore di lavoro l’obbligo di corrispondere la retribuzione al lavoratore e versare la relativa contribuzione agli Enti previdenziali obbligatori.
L’orientamento della Suprema Corte conferma dunque l’assolvimento degli obblighi contributivi da parte del datore di lavoro per il rapporto di lavoro instaurato, sebbene stipulato in violazione di norme di legge.
Infatti, nel diritto del lavoro l’inefficacia di un contratto nullo per contrasto con norme imperative di legge, quale il contratto di lavoro concluso con il lavoratore privo del regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro, patisce una deroga: il diritto del lavoratore alla retribuzione se il lavoro è stato prestato in violazione di norme poste a tutela del lavoratore.
In conformità con le indicazioni ministeriali, i supremi Giudici ritengono che l’applicazione della sanzione penale per il reato di occupazione irregolare di cittadini extracomunitari privi del regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato non assorbe gli obblighi del datore di lavoro comunque derivanti dal rapporto di lavoro intercorso, vale a dire, le regolarizzazioni retributiva e contributiva.
Si ricorda che la sanzione penale in argomento comporta la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa di € 5.000 per ogni lavoratore irregolare.
Non solo, l’omissione degli adempimenti obbligatori connessi all’instaurazione del rapporto di lavoro comporta altresì l’irrogazione della cd. maxi sanzione per lavoro nero (compresa tra € 1.500 e € 12.000 per ciascun lavoratore occupato, con maggiorazione di € 150 per ogni giorno di effettivo lavoro).
Riferimenti: Codice Civile, art. 2126; D.Lgs. n. 286/1998, art. 22; Cass., sez. Lav., n. 18182/2005 e n. 37409/2006.
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