sull’istituto dell’infortunio in itinere.
Cassazione n. 1232 del 2009
Preliminarmente occorre precisare come per “infortunio in itinere” si intende quello occorso durante il tragitto che il lavoratore compie dalla propria abitazione al luogo di attività lavorativa e viceversa.
Ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio, ai sensi dell’art. 2 del Dpr 1124/1965, non è strettamente necessaria la circostanza che esso si sia verificato nel tempo e nel luogo della prestazione lavorativa, occorrendo invece la sussistenza di un nesso eziologico fra attività lavorativa e rischio.
L’assicurazione infortuni non è finalizzata, infatti, a coprire rischi generici, ai quali il lavoratore soggiace al pari di tutti gli altri cittadini, a prescindere cioè dall’esplicazione di attività lavorativa, né ad apprestare una speciale tutela in favore del lavoratore per il solo fatto che al medesimo sia occorso, in attualità di lavoro, un qualsiasi evento che in qualche modo ne abbia leso l’integrità fisica o mentale.
Come puntualmente precisa
Il quid pluris caratterizzante il rischio proprio dell’infortunio in itinere può essere ravvisato non solo nel caso di obiettive caratteristiche del percorso obbligatorio conducente al posto di lavoro, ma anche in presenza di situazioni, che pur potendo teoricamente riguardare la generalità degli utenti della pubblica strada, siano collegate a determinate ed inconsuete circostanze e comportino un rischio aggravato che l’assicurato è obbligato ad affrontare proprio per necessità dovute all’espletamento del suo lavoro.
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