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martedì 27 aprile 2010

Procedure di mobilità per licenziamenti collettivi: requisiti diversi se attivate dopo la CIGS o per riduzione di personale

Cassazione, Sez. Lav., 8 febbraio 2010, n. 2734

Se al termine del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria il datore di lavoro intende procedere al licenziamento del personale che non è in grado di riassorbire, è sempre obbligatorio esperire la procedura di mobilità. Tale obbligo procedurale si applica indipendentemente dal numero dei lavoratori interessati - anche uno soltanto o meno di cinque - ed anche nell’ipotesi in cui la soglia occupazionale nel corso della CIGS sia diminuita al di sotto dei 15 dipendenti, dovendosi mantenere il riferimento di tale limite dimensionale al semestre precedente la presentazione dell’istanza di concessione della CIGS al Ministero del Lavoro.

È questo il parere espresso dai Giudici della Suprema Corte, che ha riformato la precedente sentenza della Corte d’Appello sul caso in esame. Da ciò consegue l’inefficacia dei licenziamenti (plurimi) individuali intimati per giustificato motivo oggettivo, inerente la riduzione o trasformazione dell’attività, per violazione degli obblighi di procedura previsti (comunicazione preventiva alle Organizzazioni Sindacali e alle RSU, successivo esame congiunto con individuazione dei criteri di scelta dei dipendenti che saranno licenziati ed iscritti nelle liste di mobilità).

L’illegittimità del licenziamento per vizio di procedura si verifica a prescindere da qualsivoglia prova contraria e comporta l’applicazione della cd. tutela reale (art. 18 Legge n. 300/1970) con obbligo di reintegrazione in azienda del lavoratore illegittimamente espulso e pagamento delle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del licenziamento alla data dell’effettivo rientro in azienda, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria.

Nella diversa ipotesi in cui il datore di lavoro proceda al licenziamento attivando la procedura di mobilità, pur non essendovi tenuto, non ricorre alcuna fattispecie sanzionabile, dal momento che il lavoratore risulta provvisto di maggiori tutele rispetto a quanto previsto per l’ipotesi di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (vale a dire, consultazioni sindacali, adozione di criteri di scelta, pagamento dell’indennità di mobilità ecc). In ogni caso, l’esatta qualificazione giuridica dell’atto di recesso datoriale dovrà essere stabilita dal Giudice, indipendentemente dalla volontà delle parti, il quale accerterà la ricorrenza delle circostanze di fatto che qualificano per legge il recesso come licenziamento collettivo o individuale per giustificato motivo oggettivo.

Con riguardo all’obbligo di individuare i cd. criteri di scelta dei lavoratori interessati, questi sono stabiliti dagli accordi collettivi o dalla legge, in concorso tra loro (carichi di famiglia, anzianità di servizio, esigenze tecnico-produttive e organizzative). Va inoltre tenuto presente che non può essere collocata in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riferimento alle mansioni in considerazione.

L’attivazione della procedura di mobilità per licenziamento collettivo comporta l’iscrizione del lavoratore licenziato nelle liste di mobilità con diritto al pagamento a carico dell’INPS dell’indennità di mobilità se in possesso di un’anzianità di servizio di almeno 12 mesi, di cui 6 di lavoro effettivo, compresi i periodi di ferie, festività ed infortuni, in forza di un rapporto di lavoro continuativo, non a tempo determinato. In aggiunta a ciò, spetterà al successivo datore di lavoro una specifica riduzione contributiva, a seconda che il contratto sia a tempo determinato o indeterminato, e il 50% dell’indennità di mobilità residua spettante al lavoratore.

La seconda ipotesi di attivazione della procedura di mobilità prevista dalla legge riguarda le imprese con più di 15 dipendenti (da intendersi, normalmente occupati o, in mancanza di un preciso organigramma produttivo, occupati in media nell’ultimo semestre, compresi i contratti di inserimento e apprendistato ) che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro o di cessazione dell'attività (dunque, senza preventivo ricorso alla CIGS), intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni dalla data di attivazione della procedura di mobilità, in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive della stessa provincia.

Secondo quanto chiarito dal Ministero del Lavoro, non ricorrono dei licenziamenti collettivi bensì dei licenziamenti individuali plurimi, qualora l’arco temporale sia superiore a 120 giorni oppure non ricorra la riduzione o trasformazione di attività o di lavoro. Analogamente, dovrà procedere al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro che occupi meno di 16 dipendenti ed anche il datore di lavoro che, pur occupando più di 15 dipendenti, proceda al licenziamento di meno di 5 lavoratori.

Il lavoratore avrà diritto al pagamento dell’indennità di disoccupazione, in presenza di tutti i requisiti assicurativi e contributivi previsti, nonché all’iscrizione nelle liste della cd. piccola mobilità espressamente riferita a “lavoratori licenziati da imprese che occupano anche meno di 15 dipendenti” e all’esistenza di un giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o lavoro. Come noto, la cd. piccola mobilità non dà diritto alla corresponsione dell’indennità di mobilità bensì al solo riconoscimento della riduzione contributiva per il nuovo datore di lavoro assumente. Hanno altresì diritto all’iscrizione nelle liste della cd. piccola mobilità anche i lavoratori licenziati da imprese che occupano più di 15 dipendenti ma privi dei requisiti di anzianità stabiliti (12 mesi di cui 6 di lavoro effettivo).

Riferimenti: Legge n. 223/1991, artt. 4 e 24; Circ. Min. Lav. n. 155/1991; Legge n. 604/1966, art. 3; Legge n. 236/1993, art. 4.

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