STUDI DI SETTORE E
ACCERTAMENTO
QUALCHE PRECISAZIONE SUGLI STUDI DI SETTORE
LE NOVITÀ DELLA MANOVRA CORRETTIVA DEL 2011
LE NOVITÀ APPORTATE DALLA MANOVRA DI FERRAGOSTO DEL 2011
IL DECRETO SALVA ITALIA: LA TRASPARENZA DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ SEMPLICI
I NUOVI VINCOLI ALL'ACCERTAMENTO
STUDI DI SETTORE E INDAGINI FINANZIARIE
QUALCHE PRECISAZIONE SUGLI STUDI DI SETTORE
LE NOVITÀ DELLA MANOVRA CORRETTIVA DEL 2011
LE NOVITÀ APPORTATE DALLA MANOVRA DI FERRAGOSTO DEL 2011
IL DECRETO SALVA ITALIA: LA TRASPARENZA DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ SEMPLICI
I NUOVI VINCOLI ALL'ACCERTAMENTO
STUDI DI SETTORE E INDAGINI FINANZIARIE
Gli studi di settore rappresentano la «formalizzazione» di
un modus operandi di tipo presuntivo che l'Amministrazione poteva e può comunque
compiere nell'ambito degli accertamenti induttivi e analitico-induttivi: in tale
prospettiva, l'elaborazione di uno strumento tecnicamente evoluto, e sottoposto
a periodiche revisioni e correzioni anche in relazione alle «congiunture»
economiche, fornisce maggiori garanzie.
Occorre evidenziare che si tratta comunque di «stime»
effettuate mediante un software, che sono state ritenute di per sé insufficienti
a integrare l'impianto motivazionale di un accertamento (senza il supporto di
ulteriori riscontri e mezzi istruttori).
Gli studi di settore svolgono tuttavia un ruolo importante
sia nel supporto alle attività di selezione e programmazione delle posizioni da
controllare, sia nelle attività di accertamento vero e proprio, in quanto
consentono l'individuazione di una misura congrua/coerente di ricavi, dati gli
elementi patrimoniali/strumentali sui quali si fonda l'attività economica.
È opportuno a tale riguardo rammentare che, nel contesto
normativo dell'accertamento analitico-induttivo [art. 39, primo comma, lett. d),
D.P.R. n. 600/1973], l'ufficio può avvalersi di presunzioni semplici, purché
gravi, precise e concordanti.
La rettifica su base presuntiva è pure possibile nell'ambito
dei controlli sulle dichiarazioni IVA, a norma degli artt. 54 e 55 del D.P.R. n.
633/1972, in termini sostanzialmente analoghi a quanto è previsto per le imposte
sui redditi.
La possibilità di procedere secondo tali modalità può essere
innescata dal riscontro di inesattezze contabili gravi (in verità abbastanza
difficili nel contesto attuale, soprattutto per le imprese più strutturate),
ovvero da altre verifiche o dal rilevamento di situazioni di «infedeltà» in
fatture, atti, documenti, ecc., nonché da dati e notizie raccolti dall'ufficio
fiscale.
STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO
Dal punto di vista giuridico, il procedimento di
accertamento fondato sugli studi di settore ha trovato origine e fondamento
nell'art. 62-sexies, comma 3, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con
modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e si configura come
un'evoluzione (in senso statistico-econometrico) dell'accertamento
analitico-induttivo, nella direzione della ricerca di una maggior
oggettività.
In virtù di tale norma e delle disposizioni introdotte con
l'art. 10 della L. 8 maggio 1998, n. 146, costituisce presunzione «grave,
precisa e concordante», su cui fondare l'accertamento in questione, lo
scostamento dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli attribuibili al
contribuente sulla base dello studio di settore approvato per la specifica
attività svolta.
La portata dello strumento presuntivo è stata «messa a
punto» sia in sede normativa, sia nella prassi interpretativa ufficiale
dell'Agenzia delle entrate, chiarendone la natura presuntiva ed escludendo ogni
possibile «automatismo» delle rettifiche in base ai valori economici
individuati.
Ciò non esclude tuttavia le potenzialità concrete degli
studi, che sono in grado di correlare i dati economici delle imprese e delle
attività professionali con i ricavi/compensi che tali attività devono generare,
evidenziando le situazioni di incongruità/incoerenza/anomalia anche ai fini
della selezione dei soggetti da controllare.
Per quanto attiene alla riduzione dei termini per l'attività
di accertamento, si rammenta che:
- ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, gli avvisi
di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31
dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la
dichiarazione (art. 43, D.P.R. n. 600/1973; art. 57, D.P.R. n. 633/1972). Nelle
ipotesi previste dalla norma in esame, il termine di decadenza sembra dunque
anticipato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della
dichiarazione;
- un analogo termine - e dunque un analogo anticipo - è
previsto per gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti effettuati
in materia di IVA.
QUALCHE PRECISAZIONE SUGLI STUDI DI SETTORE
Gli studi di settore sono, sostanzialmente, degli strumenti
fondati su analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, che consentono
di attribuire ai contribuenti determinati ricavi o compensi «probabili».
A tal fine, essi individuano le relazioni esistenti tra le
variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con
riferimento:
- al settore economico di appartenenza;
- ai processi produttivi utilizzati;
- all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto
dell'attività;
- alla localizzazione geografica;
- agli altri elementi significativi (ad esempio area di
vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, ecc.).
Gli «studi» vengono utilizzati:
- dal contribuente per verificare, in fase dichiarativa, il
posizionamento rispetto:
- alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i
compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio,
tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di
normalità economica);
- alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del
contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per
ciascuna attività, dallo studio di settore);
- dall'Amministrazione finanziaria quale ausilio
all'attività di controllo.
In termini schematici, gli studi di settore operano
attraverso l'elaborazione di alcuni dati reali, ottenendo una «funzione di
ricavo» in grado di individuare il livello di «congruità» e di «coerenza»
dell'attività.
L'utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento
trova origine e fondamento nell'art. 62-sexies, comma 3, D.L. n. 331/1993,
secondo cui tale strumento può essere adottato per gli accertamenti
analitico-induttivi di cui all'art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n.
600/1973.
Secondo quanto è stato affermato dall'Ufficio Studi del
Massimario della Cassazione (studio in data 9 luglio 2009), le risultanze degli
studi devono ritenersi in grado di sostenere l'impianto presuntivo
dell'accertamento (il fatto noto è costituito dalle caratteristiche strutturali
dell'impresa, quello ignoto dai ricavi dell'attività, che, in base a una «regola
d'esperienza», non possono discostarsi troppo da quelli della «media» prodotta
dallo strumento).
La stessa Agenzia delle entrate - in particolare con la
Circ. n. 5/E del 2008 - ha tuttavia riconosciuto il carattere presuntivo
semplice degli studi di settore, con ciò escludendo qualsiasi attività
accertativa fondata esclusivamente sullo scostamento tra la funzione di ricavo e
la situazione reddituale dichiarata del contribuente.
LE
NOVITÀ DELLA MANOVRA CORRETTIVA DEL 2011
L'effetto sulla disciplina degli studi di settore del D.L. 6
luglio 2011, n. 98 - art. 23, comma 28 - convertito con modificazioni dalla L.
15 luglio 2011, n. 111, consiste nelle seguenti innovazioni, riprese e
commentate dall'Agenzia delle entrate nella propria Circ. n. 41/E del 5 agosto
2011:
- differimento a regime del termine di pubblicazione in G.U.
degli studi di settore al 31 dicembre del periodo di imposta nel quale entrano
in vigore;
- possibilità di modificare gli studi di settore già
approvati entro il successivo 31 marzo, al fine di tenere conto degli andamenti
economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree
territoriali;
- in caso di omessa presentazione del modello dei dati
rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, e sempre che il
contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione
integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle
entrate (formulato sulla base dei dati esposti dallo stesso contribuente nella
dichiarazione annuale), la sanzione prevista dall'art. 8, primo comma, del
D.Lgs. n. 471/1997 è stata fissata al massimo importo consentito (euro 2.065),
con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di
entrata in vigore del D.L. n. 98/2011);
- è possibile procedere ad accertamento induttivo - a norma
dell'art. 39, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973 - nel caso di omessa o
infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati
rilevanti ai fini degli studi di settore, nonché nell'ipotesi di indicazione di
cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La circolare precisa a riguardo che «la possibilità di utilizzare metodi di
accertamento di tipo induttivo puro opera solo a condizione che le irregolarità
compiute dal contribuente siano tali da rendere applicabili le ulteriori
sanzioni introdotte con la legge Finanziaria 2007, vale a dire che il maggior
reddito d'impresa ovvero di arte o professione accertato a seguito della
corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% del reddito
d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato»;
- è stato stabilito un aumento della misura della sanzione
minima e massima prevista nelle ipotesi di rettifica delle dichiarazioni dei
redditi, IVA ed IRAP a seguito di accertamento effettuato sulla base delle
risultanze degli studi di settore, nelle ipotesi di omessa presentazione del
modello per la comunicazione dei dati rilevanti e sempre che il contribuente non
provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa,
anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate.
Tale
disposizione risulta applicabile alle violazioni commesse a decorrere dal 6
luglio 2011, e comporta l'incremento delle misure minima e massima delle
sanzioni del 50%. La maggiorazione della sanzione non si applica se il maggior
reddito di impresa ovvero di arte o professione, la maggiore imposta accertata o
la minore imposta detraibile o rimborsabile ai fini IVA, ovvero il maggior
imponibile accertato ai fini IRAP, a seguito della corretta applicazione degli
studi di settore, non sono superiori al 10% del dichiarato.
LE
NOVITÀ APPORTATE DALLA MANOVRA DI FERRAGOSTO DEL 2011
Ulteriori modificazioni normative hanno interessato la
normativa in materia di studi di settore nel corso del 2011. In particolare:
- l'art. 2, comma 35, primo periodo, del D.L. 13 agosto
2011, n. 138, convertito con modificazioni nella L. 14 settembre 2011: ha
inserito un ulteriore periodo nel comma 4-bis dell'art. 10 della legge n.
146/1998, disponendo che la preclusione dagli accertamenti presuntivi per i
soggetti congrui e coerenti agli studi di settore (operante a condizione che
l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia
pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati, e non siano irrogabili
le sanzioni per infedele dichiarazione ai fini degli studi di settore) è
possibile solamente se il contribuente risulta congruo agli studi, anche a
seguito di adeguamento, per il periodo di imposta anteriore a quello oggetto di
controllo (prima della modifica, era sufficiente la congruità e coerenza per il
solo periodo oggetto di verifica);
- l'art. 2, comma 35, secondo periodo, dello stesso decreto
legge: intervenendo sull'art. 1, comma 1-bis, del D.P.R. n. 195/1999, ha
stabilito che le integrazioni degli studi di settore, che devono essere
pubblicate in G.U., a decorrere dall'anno 2012, entro il 31 marzo del periodo di
imposta successivo a quello della loro entrata in vigore, possono essere
effettuate anche al fine di aggiornare o istituire gli INE di cui all'art.
10-bis della legge n. 146/1998.
IL
DECRETO SALVA ITALIA: LA TRASPARENZA DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ
SEMPLICI
Nel decreto cd. Salva Italia - D.L. 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito con modificazioni dalla L. 23 dicembre 2011, n. 214 - il primo comma
dell'art. 10, con decorrenza 1° gennaio 2013, introduce dei benefici fiscali e
amministrativi nei confronti dei seguenti soggetti, a condizione che adempiano a
determinati obblighi di trasparenza:
- soggetti che svolgono attività artistica o
professionale;
- soggetti che svolgono attività di impresa individuale;
- soggetti che svolgono attività di impresa nella forma
delle società di persone (società semplici, in nome collettivo e in accomandita
semplice residenti nel territorio dello Stato,di cui all'art. 5 del
T.U.I.R.).
I benefici consistono:
a) nella semplificazione degli adempimenti
amministrativi;
b) nell'assistenza dell'Amministrazione finanziaria;
c) nell'accelerazione del rimborso o della compensazione dei
crediti IVA;
d) per i contribuenti non soggetti all'accertamento basato
sugli studi di settore (ai sensi dell'art. 10 della L. 8 maggio 1998, n. 146),
nell'esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici
(accertamenti «analitico-induttivi», di cui all'art. 39, primo comma, lett. d),
secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di imposte
dirette, e all'art. 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633 in materia di IVA);
e) nella riduzione di un anno dei termini di decadenza per
l'attività di accertamento delle imposte dirette (ai sensi dell'art. 43, primo
comma, del citato D.P.R. n. 600/1973) e dell'IVA (art. 57, primo comma, del
citato D.P.R. n. 633/1972).
Si rammenta a tale riguardo che sono esclusi
dall'accertamento basato su studi di settore, a norma del richiamato art. 10,
legge n. 146/1998, i seguenti soggetti:
1) contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi di
ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore (tale
limite non può comunque essere superiore a 7,5 milioni di euro);
2) contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel
periodo d'imposta;
3) contribuenti che si trovano in un periodo di non normale
svolgimento dell'attività.
Si osserva altresì che l'accertamento analitico-induttivo
può essere effettuato in particolare in presenza di situazioni che rendano
«inattendibile» per l'ufficio la contabilità dell'impresa, ovvero a seguito di
altre verifiche o dal rilevamento di situazioni di «infedeltà» in fatture, atti,
documenti, ecc., nonché da dati e notizie raccolti dall'ufficio fiscale.
I vantaggi concessi dalla normativa di «trasparenza» sono
subordinati alle seguenti condizioni:
a) il contribuente deve provvedere all'invio telematico
all'Amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e
ricevute e delle risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggetti a
fattura;
b) egli deve altresì istituire un conto corrente dedicato ai
movimenti finanziari relativi all'attività artistica, professionale o di impresa
esercitata.
L'operatività delle disposizioni premiali - che comunque
dovranno attendere l'emanazione di un apposito provvedimento direttoriale - è
condizionata dall'esercizio dell'opzione nella dichiarazione dei redditi
presentata nel periodo di imposta precedente a quello di applicazione (cioè,
come si è osservato sopra, già in UNICO 2012, che dovrebbe essere presentato
entro il 30 settembre 2012).
La disposizione premiale non si applica se la violazione
contestata ai contribuenti comporta obbligo di denuncia penale (ai sensi
dell'art. 331 c.p.p.) per uno dei reati in materia di imposte sui redditi e sul
valore aggiunto contemplati dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
I
NUOVI VINCOLI ALL'ACCERTAMENTO
Secondo il comma 4-bis dell'art. 10 della legge n. 146/1998,
introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 296/2006, gli accertamenti di
tipo analitico-induttivo (ma non anche quelli analitici e induttivi «puri»)
restavano preclusi se il contribuente (impresa o lavoratore autonomo) risultava
congruo secondo GERICO, anche per adeguamento, nei limiti del 40% dei ricavi o
compensi dichiarati, e comunque non oltre l'ammontare di 50.000 euro.
Per effetto delle modifiche apportate con l'art. 2, comma
35, del D.L. n. 138/2011, la limitazione ai poteri di accertamento operava se il
soggetto passivo è congruo, anche a seguito di adeguamento, alle risultanze
degli studi di settore, anche in relazione al periodo di imposta precedente. In
tale ipotesi, infatti, il Fisco non poteva procedere a rettifiche sulla base di
presunzioni semplici. In sostanza, per limitare l'accertamento, occorreva che il
contribuente fosse risultato congruo anche l'anno precedente a quello
accertato.
Tale comma (e con esso la preclusione agli accertamenti
analitico-induttivi nei predetti limiti di ammontare e percentuali) viene
abrogato dal D.L. n. 201/2011 in commento.
La nuova disciplina introdotta dal Salva Italia prevede
invece alcune nuove limitazioni ai poteri di accertamento del Fisco, rivolte ai
soggetti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi
pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi di settore,
purché adempiano ai seguenti, specifici doveri di comunicazione e
trasparenza:
- abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione
dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando
fedelmente tutti i dati previsti;
- sulla base di tali dati, la posizione del contribuente
risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di
approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.
Nei confronti di tali soggetti:
a) sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni
semplici;
b) è ridotto di un anno il termine di decadenza per
l'attività di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA;
c) la determinazione sintetica del reddito complessivo è
ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di
almeno un terzo quello dichiarato (a tale riguardo, occorre però considerare che
la ricostruzione di tipo sintetico e/o redditometrico si orienta soprattutto
alla situazione delle persone fisiche che non esercitano particolari attività
economiche, mentre gli studi di settore ricostruiscono i ricavi o i compensi di
un'attività di impresa o artistico-professionale).
Il comma 12 del D.L. n. 201/2011 ha abrogato, oltre al già
citato comma 4-bis, anche l'art. 10-ter della legge n. 146/1998.
Si rammenta a tale riguardo che l'art. 10-ter pone limiti
alle ulteriori attività di accertamento presuntivo nei confronti dei
contribuenti che aderiscono agli inviti a comparire emessi in relazione degli
studi di settore, per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 e
successivi.
L'invito a comparire costituisce la prima fase del
procedimento volto alla definizione degli accertamenti con adesione del
contribuente: esso è dunque antecedente all'instaurazione del vero e proprio
contraddittorio tra le parti.
Nel corso del tempo il legislatore ha progressivamente
ampliato l'applicazione dell'istituto dell'accertamento con adesione,
consentendo ai contribuenti di aderire anche agli inviti emessi in tale fase
dall'Amministrazione finanziaria.
L'art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997, sull'accertamento con
adesione, è stato infatti integrato con l'inserimento del comma 1-bis (1), in forza del quale, dopo la
definizione dei verbali introdotta nel 2008 (2), e in alternativa rispetto a essa, i contribuenti
possono disporre di una ulteriore forma «conciliativa» rivolta alla chiusura
agevolata degli inviti al contraddittorio.
STUDI DI SETTORE E INDAGINI FINANZIARIE
Per quanto attiene alle indagini bancarie/finanziarie, da
utilizzarsi prioritariamente per i soggetti che non sono congrui e coerenti
rispetto agli studi di settore, va detto che l'uso combinato delle due
metodologie istruttorie supera le numerose problematiche connesse alla diretta
applicabilità degli «studi» in sede di accertamento: questi vengono infatti
semplicemente impiegati come una sorta di «fonte di innesco» del controllo, che
però procede utilizzando i ben più incisivi riscontri (ancorché pure inseriti
entro un sistema di presunzioni legali relative) forniti dal controllo
finanziario sui conti e sui rapporti.
Si rammenta altresì che il D.L. n. 98/2011 - all'art. 23,
commi da 24 a 27 - ha ampliato i destinatari delle richieste di indagini
finanziarie dell'Amministrazione fiscale, consentendo agli uffici di acquisire
informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le
attività di natura finanziaria; sono state introdotte inoltre disposizioni volte
a razionalizzare l'attività di indagine, mediante accesso, sull'industria
finanziaria.
Ma lo spettro delle indagini finanziarie, quale strumento
investigativo ordinario in grado di supportare e integrarsi con gli altri mezzi
istruttori - come gli studi di settore e le metodologie di tipo
sintetico/redditometrico -, si è decisamente esteso nel 2011 soprattutto per
effetto di quelle previsioni normative che ne consentono l'impiego a tutto
campo, con il sostanziale e definitivo superamento (nei confronti del Fisco) di
ogni residuo «segreto bancario».
Si rammenta a tale riguardo che, per effetto dell'art. 2,
comma 36-undevicies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con
modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, «in deroga a quanto previsto
dall'art. 7, undicesimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, l'Agenzia
delle entrate può procedere alla elaborazione di specifiche liste selettive di
contribuenti da sottoporre a controllo basate su informazioni relative ai
rapporti e operazioni di cui al citato art. 7, sesto comma, sentite le
associazioni di categoria degli operatori finanziari per le tipologie di
informazioni da acquisire».
Ciò significa che potevano essere realizzate «indagini di
massa», previa effettuazione di un'analisi del rischio fiscale, finalizzate a
rilevare le anomalie a prescindere dall'avvenuta attivazione di controlli in
capo a un determinato soggetto.
L'art. 10, undicesimo comma, del decreto Salva Italia ha
però successivamente stabilito che, con riguardo ai contribuenti soggetti agli
studi di settore, per i quali non si rende applicabile la disposizione di cui al
nono comma (cioè dei soggetti che non sono congrui e coerenti, evidenziando
ricavi o compensi inferiori rispetto a quanto determinabile sulla base degli
strumenti presuntivi, l'Agenzia delle entrate e la G.d.F. «destinano parte della
capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo,
articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei
contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione
che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione
dell'anagrafe tributaria di cui all'art. 7, sesto comma, del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 605» (cd. Anagrafe dei rapporti).
È stata contestualmente abrogata la disposizione sopra
richiamata (comma 36-undevicies dell'art. 2 del D.L. n. 138/2011) che
autorizzava l'Agenzia delle entrate a elaborare specifiche liste selettive di
contribuenti da sottoporre a controllo, basate sulle informazioni relative ai
rapporti e alle operazioni oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria da
parte degli operatori finanziari.
Ai sensi del secondo comma dell'art. 10 del decreto Salva
Italia, gli operatori finanziari sono tenuti a comunicare periodicamente
all'Anagrafe tributaria, a partire dal 1° gennaio 2012, tutte le movimentazioni
relative ai rapporti finanziari già oggetto di specifici obblighi di
evidenziazione e comunicazione, ai sensi del sesto comma del citato art. 7 del
D.P.R. n. 605/1973.
Tali dati e informazioni possono essere utilizzati in
funzione di preventiva programmazione e pianificazione dei controlli, che
vengono a concentrarsi sui contribuenti a maggior rischio di evasione. Rispetto
alla predisposizione delle liste selettive, tale modus operandi appare
caratterizzato da una maggior «riflessività» e dalla necessità di determinare
comunque con specifico provvedimento le concrete modalità attuative della
trasmissione dei flussi di dati dalle banche e dagli altri operatori al
SIAT.
NOTE
(1) L'innovazione
normativa è stata apportata in forza dell'art. 27, primo comma, lett. b), del
D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio
2009, n. 2.
(2) L'originario
impianto dell'accertamento con adesione, fondato sulla centralità del
contraddittorio, è stato integrato a opera dell'art. 83, comma 18, del D.L. 25
giugno 2008, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133,
mediante l'introduzione del nuovo art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997.
L'integrazione normativa, di fatto, è consistita nella messa a disposizione di
uno strumento di definizione, rivolto agli atti «endoprocedimentali» del
controllo fiscale (ossia dei pvc).
(D.L. 6 dicembre
2011, n. 201, conv. con modif. dalla L. 23 dicembre 2011, n. 214)
(D.L. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, art. 62-sexies, comma 3)
(L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10)
(D.L. 6 luglio 2011, n. 98 conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 23, comma 28)
(Circ. Ag. Entrate n. 41/E del 5 agosto 2011)
(Circ. Ag. Entrate n. 5/E del 2008)
(D.L. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, art. 62-sexies, comma 3)
(L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10)
(D.L. 6 luglio 2011, n. 98 conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 23, comma 28)
(Circ. Ag. Entrate n. 41/E del 5 agosto 2011)
(Circ. Ag. Entrate n. 5/E del 2008)
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