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lunedì 20 febbraio 2012

CONTRIBUENTI CONGRUI E COERENTI: I LIMITI AGLI ACCERTAMENTI ANALITICO-INDUTTIVI


STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO
QUALCHE PRECISAZIONE SUGLI STUDI DI SETTORE
LE NOVITÀ DELLA MANOVRA CORRETTIVA DEL 2011
LE NOVITÀ APPORTATE DALLA MANOVRA DI FERRAGOSTO DEL 2011
IL DECRETO SALVA ITALIA: LA TRASPARENZA DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ SEMPLICI
I NUOVI VINCOLI ALL'ACCERTAMENTO
STUDI DI SETTORE E INDAGINI FINANZIARIE
Gli studi di settore rappresentano la «formalizzazione» di un modus operandi di tipo presuntivo che l'Amministrazione poteva e può comunque compiere nell'ambito degli accertamenti induttivi e analitico-induttivi: in tale prospettiva, l'elaborazione di uno strumento tecnicamente evoluto, e sottoposto a periodiche revisioni e correzioni anche in relazione alle «congiunture» economiche, fornisce maggiori garanzie.

Occorre evidenziare che si tratta comunque di «stime» effettuate mediante un software, che sono state ritenute di per sé insufficienti a integrare l'impianto motivazionale di un accertamento (senza il supporto di ulteriori riscontri e mezzi istruttori).

Gli studi di settore svolgono tuttavia un ruolo importante sia nel supporto alle attività di selezione e programmazione delle posizioni da controllare, sia nelle attività di accertamento vero e proprio, in quanto consentono l'individuazione di una misura congrua/coerente di ricavi, dati gli elementi patrimoniali/strumentali sui quali si fonda l'attività economica.

È opportuno a tale riguardo rammentare che, nel contesto normativo dell'accertamento analitico-induttivo [art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973], l'ufficio può avvalersi di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

La rettifica su base presuntiva è pure possibile nell'ambito dei controlli sulle dichiarazioni IVA, a norma degli artt. 54 e 55 del D.P.R. n. 633/1972, in termini sostanzialmente analoghi a quanto è previsto per le imposte sui redditi.

La possibilità di procedere secondo tali modalità può essere innescata dal riscontro di inesattezze contabili gravi (in verità abbastanza difficili nel contesto attuale, soprattutto per le imprese più strutturate), ovvero da altre verifiche o dal rilevamento di situazioni di «infedeltà» in fatture, atti, documenti, ecc., nonché da dati e notizie raccolti dall'ufficio fiscale.

STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO

Dal punto di vista giuridico, il procedimento di accertamento fondato sugli studi di settore ha trovato origine e fondamento nell'art. 62-sexies, comma 3, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e si configura come un'evoluzione (in senso statistico-econometrico) dell'accertamento analitico-induttivo, nella direzione della ricerca di una maggior oggettività.

In virtù di tale norma e delle disposizioni introdotte con l'art. 10 della L. 8 maggio 1998, n. 146, costituisce presunzione «grave, precisa e concordante», su cui fondare l'accertamento in questione, lo scostamento dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli attribuibili al contribuente sulla base dello studio di settore approvato per la specifica attività svolta.

La portata dello strumento presuntivo è stata «messa a punto» sia in sede normativa, sia nella prassi interpretativa ufficiale dell'Agenzia delle entrate, chiarendone la natura presuntiva ed escludendo ogni possibile «automatismo» delle rettifiche in base ai valori economici individuati.

Ciò non esclude tuttavia le potenzialità concrete degli studi, che sono in grado di correlare i dati economici delle imprese e delle attività professionali con i ricavi/compensi che tali attività devono generare, evidenziando le situazioni di incongruità/incoerenza/anomalia anche ai fini della selezione dei soggetti da controllare.

Per quanto attiene alla riduzione dei termini per l'attività di accertamento, si rammenta che:

- ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (art. 43, D.P.R. n. 600/1973; art. 57, D.P.R. n. 633/1972). Nelle ipotesi previste dalla norma in esame, il termine di decadenza sembra dunque anticipato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della dichiarazione;
- un analogo termine - e dunque un analogo anticipo - è previsto per gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti effettuati in materia di IVA.

QUALCHE PRECISAZIONE SUGLI STUDI DI SETTORE

Gli studi di settore sono, sostanzialmente, degli strumenti fondati su analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, che consentono di attribuire ai contribuenti determinati ricavi o compensi «probabili».

A tal fine, essi individuano le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento:

- al settore economico di appartenenza;
- ai processi produttivi utilizzati;
- all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività;
- alla localizzazione geografica;
- agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, ecc.).

Gli «studi» vengono utilizzati:

- dal contribuente per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto:
- alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica);
- alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore);
- dall'Amministrazione finanziaria quale ausilio all'attività di controllo.

In termini schematici, gli studi di settore operano attraverso l'elaborazione di alcuni dati reali, ottenendo una «funzione di ricavo» in grado di individuare il livello di «congruità» e di «coerenza» dell'attività.

L'utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento trova origine e fondamento nell'art. 62-sexies, comma 3, D.L. n. 331/1993, secondo cui tale strumento può essere adottato per gli accertamenti analitico-induttivi di cui all'art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973.

Secondo quanto è stato affermato dall'Ufficio Studi del Massimario della Cassazione (studio in data 9 luglio 2009), le risultanze degli studi devono ritenersi in grado di sostenere l'impianto presuntivo dell'accertamento (il fatto noto è costituito dalle caratteristiche strutturali dell'impresa, quello ignoto dai ricavi dell'attività, che, in base a una «regola d'esperienza», non possono discostarsi troppo da quelli della «media» prodotta dallo strumento).

La stessa Agenzia delle entrate - in particolare con la Circ. n. 5/E del 2008 - ha tuttavia riconosciuto il carattere presuntivo semplice degli studi di settore, con ciò escludendo qualsiasi attività accertativa fondata esclusivamente sullo scostamento tra la funzione di ricavo e la situazione reddituale dichiarata del contribuente.

LE NOVITÀ DELLA MANOVRA CORRETTIVA DEL 2011

L'effetto sulla disciplina degli studi di settore del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 - art. 23, comma 28 - convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, consiste nelle seguenti innovazioni, riprese e commentate dall'Agenzia delle entrate nella propria Circ. n. 41/E del 5 agosto 2011:

- differimento a regime del termine di pubblicazione in G.U. degli studi di settore al 31 dicembre del periodo di imposta nel quale entrano in vigore;
- possibilità di modificare gli studi di settore già approvati entro il successivo 31 marzo, al fine di tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
- in caso di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, e sempre che il contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate (formulato sulla base dei dati esposti dallo stesso contribuente nella dichiarazione annuale), la sanzione prevista dall'art. 8, primo comma, del D.Lgs. n. 471/1997 è stata fissata al massimo importo consentito (euro 2.065), con riguardo alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.L. n. 98/2011);
- è possibile procedere ad accertamento induttivo - a norma dell'art. 39, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973 - nel caso di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, nonché nell'ipotesi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La circolare precisa a riguardo che «la possibilità di utilizzare metodi di accertamento di tipo induttivo puro opera solo a condizione che le irregolarità compiute dal contribuente siano tali da rendere applicabili le ulteriori sanzioni introdotte con la legge Finanziaria 2007, vale a dire che il maggior reddito d'impresa ovvero di arte o professione accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, sia superiore al 10% del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato»;

- è stato stabilito un aumento della misura della sanzione minima e massima prevista nelle ipotesi di rettifica delle dichiarazioni dei redditi, IVA ed IRAP a seguito di accertamento effettuato sulla base delle risultanze degli studi di settore, nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti e sempre che il contribuente non provveda alla presentazione dello stesso con una dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle entrate. 

Tale disposizione risulta applicabile alle violazioni commesse a decorrere dal 6 luglio 2011, e comporta l'incremento delle misure minima e massima delle sanzioni del 50%. La maggiorazione della sanzione non si applica se il maggior reddito di impresa ovvero di arte o professione, la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile ai fini IVA, ovvero il maggior imponibile accertato ai fini IRAP, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non sono superiori al 10% del dichiarato.

LE NOVITÀ APPORTATE DALLA MANOVRA DI FERRAGOSTO DEL 2011

Ulteriori modificazioni normative hanno interessato la normativa in materia di studi di settore nel corso del 2011. In particolare:

- l'art. 2, comma 35, primo periodo, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella L. 14 settembre 2011: ha inserito un ulteriore periodo nel comma 4-bis dell'art. 10 della legge n. 146/1998, disponendo che la preclusione dagli accertamenti presuntivi per i soggetti congrui e coerenti agli studi di settore (operante a condizione che l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati, e non siano irrogabili le sanzioni per infedele dichiarazione ai fini degli studi di settore) è possibile solamente se il contribuente risulta congruo agli studi, anche a seguito di adeguamento, per il periodo di imposta anteriore a quello oggetto di controllo (prima della modifica, era sufficiente la congruità e coerenza per il solo periodo oggetto di verifica);
- l'art. 2, comma 35, secondo periodo, dello stesso decreto legge: intervenendo sull'art. 1, comma 1-bis, del D.P.R. n. 195/1999, ha stabilito che le integrazioni degli studi di settore, che devono essere pubblicate in G.U., a decorrere dall'anno 2012, entro il 31 marzo del periodo di imposta successivo a quello della loro entrata in vigore, possono essere effettuate anche al fine di aggiornare o istituire gli INE di cui all'art. 10-bis della legge n. 146/1998.

IL DECRETO SALVA ITALIA: LA TRASPARENZA DELLE PERSONE FISICHE E DELLE SOCIETÀ SEMPLICI

Nel decreto cd. Salva Italia - D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla L. 23 dicembre 2011, n. 214 - il primo comma dell'art. 10, con decorrenza 1° gennaio 2013, introduce dei benefici fiscali e amministrativi nei confronti dei seguenti soggetti, a condizione che adempiano a determinati obblighi di trasparenza:

- soggetti che svolgono attività artistica o professionale;
- soggetti che svolgono attività di impresa individuale;
- soggetti che svolgono attività di impresa nella forma delle società di persone (società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato,di cui all'art. 5 del T.U.I.R.).

I benefici consistono:

a) nella semplificazione degli adempimenti amministrativi;
b) nell'assistenza dell'Amministrazione finanziaria;
c) nell'accelerazione del rimborso o della compensazione dei crediti IVA;
d) per i contribuenti non soggetti all'accertamento basato sugli studi di settore (ai sensi dell'art. 10 della L. 8 maggio 1998, n. 146), nell'esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici (accertamenti «analitico-induttivi», di cui all'art. 39, primo comma, lett. d), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di imposte dirette, e all'art. 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di IVA);
e) nella riduzione di un anno dei termini di decadenza per l'attività di accertamento delle imposte dirette (ai sensi dell'art. 43, primo comma, del citato D.P.R. n. 600/1973) e dell'IVA (art. 57, primo comma, del citato D.P.R. n. 633/1972).
Si rammenta a tale riguardo che sono esclusi dall'accertamento basato su studi di settore, a norma del richiamato art. 10, legge n. 146/1998, i seguenti soggetti:
1) contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore (tale limite non può comunque essere superiore a 7,5 milioni di euro);
2) contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta;
3) contribuenti che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.

Si osserva altresì che l'accertamento analitico-induttivo può essere effettuato in particolare in presenza di situazioni che rendano «inattendibile» per l'ufficio la contabilità dell'impresa, ovvero a seguito di altre verifiche o dal rilevamento di situazioni di «infedeltà» in fatture, atti, documenti, ecc., nonché da dati e notizie raccolti dall'ufficio fiscale.

I vantaggi concessi dalla normativa di «trasparenza» sono subordinati alle seguenti condizioni:

a) il contribuente deve provvedere all'invio telematico all'Amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e ricevute e delle risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggetti a fattura;
b) egli deve altresì istituire un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari relativi all'attività artistica, professionale o di impresa esercitata.

L'operatività delle disposizioni premiali - che comunque dovranno attendere l'emanazione di un apposito provvedimento direttoriale - è condizionata dall'esercizio dell'opzione nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo di imposta precedente a quello di applicazione (cioè, come si è osservato sopra, già in UNICO 2012, che dovrebbe essere presentato entro il 30 settembre 2012).

La disposizione premiale non si applica se la violazione contestata ai contribuenti comporta obbligo di denuncia penale (ai sensi dell'art. 331 c.p.p.) per uno dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto contemplati dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

I NUOVI VINCOLI ALL'ACCERTAMENTO

Secondo il comma 4-bis dell'art. 10 della legge n. 146/1998, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 296/2006, gli accertamenti di tipo analitico-induttivo (ma non anche quelli analitici e induttivi «puri») restavano preclusi se il contribuente (impresa o lavoratore autonomo) risultava congruo secondo GERICO, anche per adeguamento, nei limiti del 40% dei ricavi o compensi dichiarati, e comunque non oltre l'ammontare di 50.000 euro.

Per effetto delle modifiche apportate con l'art. 2, comma 35, del D.L. n. 138/2011, la limitazione ai poteri di accertamento operava se il soggetto passivo è congruo, anche a seguito di adeguamento, alle risultanze degli studi di settore, anche in relazione al periodo di imposta precedente. In tale ipotesi, infatti, il Fisco non poteva procedere a rettifiche sulla base di presunzioni semplici. In sostanza, per limitare l'accertamento, occorreva che il contribuente fosse risultato congruo anche l'anno precedente a quello accertato.

Tale comma (e con esso la preclusione agli accertamenti analitico-induttivi nei predetti limiti di ammontare e percentuali) viene abrogato dal D.L. n. 201/2011 in commento.

La nuova disciplina introdotta dal Salva Italia prevede invece alcune nuove limitazioni ai poteri di accertamento del Fisco, rivolte ai soggetti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi di settore, purché adempiano ai seguenti, specifici doveri di comunicazione e trasparenza:

- abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;
- sulla base di tali dati, la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

Nei confronti di tali soggetti:

a) sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;
b) è ridotto di un anno il termine di decadenza per l'attività di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA;
c) la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (a tale riguardo, occorre però considerare che la ricostruzione di tipo sintetico e/o redditometrico si orienta soprattutto alla situazione delle persone fisiche che non esercitano particolari attività economiche, mentre gli studi di settore ricostruiscono i ricavi o i compensi di un'attività di impresa o artistico-professionale).

Il comma 12 del D.L. n. 201/2011 ha abrogato, oltre al già citato comma 4-bis, anche l'art. 10-ter della legge n. 146/1998.

Si rammenta a tale riguardo che l'art. 10-ter pone limiti alle ulteriori attività di accertamento presuntivo nei confronti dei contribuenti che aderiscono agli inviti a comparire emessi in relazione degli studi di settore, per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi.

L'invito a comparire costituisce la prima fase del procedimento volto alla definizione degli accertamenti con adesione del contribuente: esso è dunque antecedente all'instaurazione del vero e proprio contraddittorio tra le parti.

Nel corso del tempo il legislatore ha progressivamente ampliato l'applicazione dell'istituto dell'accertamento con adesione, consentendo ai contribuenti di aderire anche agli inviti emessi in tale fase dall'Amministrazione finanziaria.

L'art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997, sull'accertamento con adesione, è stato infatti integrato con l'inserimento del comma 1-bis (1), in forza del quale, dopo la definizione dei verbali introdotta nel 2008 (2), e in alternativa rispetto a essa, i contribuenti possono disporre di una ulteriore forma «conciliativa» rivolta alla chiusura agevolata degli inviti al contraddittorio.

STUDI DI SETTORE E INDAGINI FINANZIARIE

Per quanto attiene alle indagini bancarie/finanziarie, da utilizzarsi prioritariamente per i soggetti che non sono congrui e coerenti rispetto agli studi di settore, va detto che l'uso combinato delle due metodologie istruttorie supera le numerose problematiche connesse alla diretta applicabilità degli «studi» in sede di accertamento: questi vengono infatti semplicemente impiegati come una sorta di «fonte di innesco» del controllo, che però procede utilizzando i ben più incisivi riscontri (ancorché pure inseriti entro un sistema di presunzioni legali relative) forniti dal controllo finanziario sui conti e sui rapporti.

Si rammenta altresì che il D.L. n. 98/2011 - all'art. 23, commi da 24 a 27 - ha ampliato i destinatari delle richieste di indagini finanziarie dell'Amministrazione fiscale, consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria; sono state introdotte inoltre disposizioni volte a razionalizzare l'attività di indagine, mediante accesso, sull'industria finanziaria.

Ma lo spettro delle indagini finanziarie, quale strumento investigativo ordinario in grado di supportare e integrarsi con gli altri mezzi istruttori - come gli studi di settore e le metodologie di tipo sintetico/redditometrico -, si è decisamente esteso nel 2011 soprattutto per effetto di quelle previsioni normative che ne consentono l'impiego a tutto campo, con il sostanziale e definitivo superamento (nei confronti del Fisco) di ogni residuo «segreto bancario».

Si rammenta a tale riguardo che, per effetto dell'art. 2, comma 36-undevicies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, «in deroga a quanto previsto dall'art. 7, undicesimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, l'Agenzia delle entrate può procedere alla elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo basate su informazioni relative ai rapporti e operazioni di cui al citato art. 7, sesto comma, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari per le tipologie di informazioni da acquisire».

Ciò significa che potevano essere realizzate «indagini di massa», previa effettuazione di un'analisi del rischio fiscale, finalizzate a rilevare le anomalie a prescindere dall'avvenuta attivazione di controlli in capo a un determinato soggetto.

L'art. 10, undicesimo comma, del decreto Salva Italia ha però successivamente stabilito che, con riguardo ai contribuenti soggetti agli studi di settore, per i quali non si rende applicabile la disposizione di cui al nono comma (cioè dei soggetti che non sono congrui e coerenti, evidenziando ricavi o compensi inferiori rispetto a quanto determinabile sulla base degli strumenti presuntivi, l'Agenzia delle entrate e la G.d.F. «destinano parte della capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo, articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell'anagrafe tributaria di cui all'art. 7, sesto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605» (cd. Anagrafe dei rapporti).
È stata contestualmente abrogata la disposizione sopra richiamata (comma 36-undevicies dell'art. 2 del D.L. n. 138/2011) che autorizzava l'Agenzia delle entrate a elaborare specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo, basate sulle informazioni relative ai rapporti e alle operazioni oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari.

Ai sensi del secondo comma dell'art. 10 del decreto Salva Italia, gli operatori finanziari sono tenuti a comunicare periodicamente all'Anagrafe tributaria, a partire dal 1° gennaio 2012, tutte le movimentazioni relative ai rapporti finanziari già oggetto di specifici obblighi di evidenziazione e comunicazione, ai sensi del sesto comma del citato art. 7 del D.P.R. n. 605/1973.

Tali dati e informazioni possono essere utilizzati in funzione di preventiva programmazione e pianificazione dei controlli, che vengono a concentrarsi sui contribuenti a maggior rischio di evasione. Rispetto alla predisposizione delle liste selettive, tale modus operandi appare caratterizzato da una maggior «riflessività» e dalla necessità di determinare comunque con specifico provvedimento le concrete modalità attuative della trasmissione dei flussi di dati dalle banche e dagli altri operatori al SIAT.

NOTE


(1) L'innovazione normativa è stata apportata in forza dell'art. 27, primo comma, lett. b), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.
(2) L'originario impianto dell'accertamento con adesione, fondato sulla centralità del contraddittorio, è stato integrato a opera dell'art. 83, comma 18, del D.L. 25 giugno 2008, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, mediante l'introduzione del nuovo art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997. L'integrazione normativa, di fatto, è consistita nella messa a disposizione di uno strumento di definizione, rivolto agli atti «endoprocedimentali» del controllo fiscale (ossia dei pvc).



(D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, conv. con modif. dalla L. 23 dicembre 2011, n. 214)
(D.L. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, art. 62-sexies, comma 3)
(L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10)
(D.L. 6 luglio 2011, n. 98 conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, art. 23, comma 28)
(Circ. Ag. Entrate n. 41/E del 5 agosto 2011)
(Circ. Ag. Entrate n. 5/E del 2008)

di Fabio Carrirolo

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