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mercoledì 3 agosto 2011

L’impugnazione del termine apposto al contratto dopo l’entrata in vigore del Milleproroghe

Dopo l’entrata in vigore del c.d. Collegato Lavoro, l.183/2010, sembrava pacifico che, in virtù di quanto previsto all’art. 32, nel caso di impugnazione di un contratto a termine il lavoratore intenzionato a contestare la validità dell’apposizione del termine, avrebbe dovuto comunicare l’impugnazione al proprio datore di lavoro entro i 60 giorni dalla data di cessazione del rapporto.

Per i rapporti già cessati alla data del 24 novembre, entrata in vigore del Collegato Lavoro, i 60 giorni decorrevano da tale data.

Con l’entrata in vigore del decreto Milleproroghe, è stata modificata come segue la disposizione dell’art. 32 con il comma 1-bis inserito nella legge di conversione n. 10 del 26 febbraio 2011: “in sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’art. 6, comma 1, della legge 15 luglio 1966, come modificato da comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”.

Ci si è dunque chiesto se tale disposizione debba essere applicata ai licenziamenti tecnicamente intesi oppure se trova applicazione anche nei confronti di quei negozi che non sono licenziamenti in virtù dell’assimilazione operata dalla legge.

Premesso che l’art. 12 delle preleggi prevede che “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore” e che il legislatore ben conosce la differenza tra licenziamento in senso tecnico ed altre forme di cessazione del rapporto, tra l’altro elencati nei commi 3 e 4 dell’art. 32 del Collegato lavoro, è indubbio che trascorsi i termini previsti dall’art. 32 il lavoratore decade dalla possibilità di contestare la validità del termine apposto al contratto di lavoro.

Rimangono salvi, soggetti agli ordinari termini di prescrizione, tutte le eventuali pretese non connesse al termine del contratto (es. straordinari, differenze retributive, mansioni).

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