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giovedì 31 marzo 2011

Lavoratori subordinati, compresi i contratti di apprendistato e di somministrazione - Ammortizzatori sociali in deroga - Estensione

Fino alla data in esame, ai sensi dell'art. 1 del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, per i lavoratori subordinati è per quelli inerenti ai contratti di apprendistato e di somministrazione, è stato stabilito che le risorse previste nell'ambito del Fondo per l'occupazione possono essere utilizzate anche per garantire trattamenti ai lavoratori beneficiari di:

1) indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali (art. 19, primo comma, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636);

2) indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti (art. 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86);

3) trattamento, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista e con almeno tre mesi di servizio presso l'impresa interessata dal trattamento, per la durata massima di novanta giornate nell'intero periodo di vigenza del contratto di apprendista.

Inoltre, sempre entro il termine della data in esame, possono essere emanate nuove disposizioni in materia di ammortizzatori per i settori non coperti dalla CIG-cassa integrazione guadagni.

N.B.: si ritiene opportuno puntualizzare che, con un apposito D.P.C.M., il presente adempimento può costituire oggetto di ulteriore proroga al 31 dicembre 2011.

Contratto di lavoro intermittente e l’istituto dell’indennità di mobilità

L’INPS con il Messaggio n. 7401/2011 è intervenuto per stabilire se il lavoratore vincolato con contratto di lavoro intermittente abbia diritto o meno al riconoscimento dell’indennità di mobilità, durante i periodi di non lavoro tra una chiamata e l’altra.

Il punto nodale della questione, chiarisce l’Istituto, dipende dall’assunzione o meno, da parte del lavoratore, dell’obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro.

Solo nel caso in cui, infatti, il lavoratore non è vincolato all’obbligo di rispondere alla chiamata trovano applicazioni le disposizioni vigenti in materia di disoccupazione, tra cui l’istituto della mobilità, mentre nel caso contrario in cui tale obbligo sia esistente, la prestazione dell’indennità è sospesa per tutto il periodo di vigenza contrattuale, sia nella forma a tempo determinato che in quella a tempo indeterminato.

Contratto a termine: primi orientamenti giurisprudenziali relativi al nuovo regime sanzionatorio.

Il Collegato Lavoro (L. n. 183/2010) introduce importanti novità relativamente ai contratti a tempo determinato, stabilendo:
- un massimo di 60 giorni per l’impugnazione del contratto e altri 270 giorni per l’avvio dell’azione giudiziale;
- la forfetizzazione dell’entità del risarcimento dovuta al lavoratore in caso di conversione del contratto a tempo indeterminato, da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità (art. 32, c. 5).
Quest’ultima disposizione, da subito, è stata ritenuta poco chiara e controversa, sollevando numerosi dubbi interpretativi, facendo ritenere ai primi commentatori il profilarsi di tre possibili interpretazioni circa la sanzione in oggetto:
a) la nuova indennità risarcitoria va a sostituirsi alla riammissione in servizio del lavoratore e alle altre situazioni riparatorie previste nel periodo intercorrente tra la cessazione del rapporto e la sentenza del giudice;
b) la nuova indennità risarcitoria va ad aggiungersi alla riammissione in servizio del lavoratore come ristoro del pregiudizio subito nel periodo intercorrente tra la cessazione e la ripresa del lavoro;
c) la nuova indennità risarcitoria va ad aggiungersi alle sanzioni previste dalla normativa precedente (riammissione in servizio, pagamento delle retribuzioni maturate a partire dalla cessazione del rapporto fino alla sentenza).

Alle interpretazioni della dottrina si sono sommati gli orientamenti ondivaghi della giurisprudenza, dal momento che, infatti, le prime sentenze emesse sulla questioni sono giunte ad esiti divergenti.

Il Tribunale di Milano (sentenze n. 4971 e 4966 del 29/11/2011), il Tribunale di Roma (sentenza n. 19232 del 2/12/2010) e il Tribunale di Trani (sentenza n. 6808 del 24/11/2010), oltre a stabilire la riammissione del lavoratore a tempo indeterminato, hanno applicato la norma in questione in sostituzione al pagamento delle retribuzioni maturate a partire dalla cessazione del rapporto fino alla sentenza, come prevedeva la normativa precedente, abbracciando, dunque, la seconda delle interpretazioni suindicate.

Il Tribunale di Busto Arsizio, invece, ha stabilito che in caso di nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento forfettario previsto dall’art. 32, c. 5, va ad aggiungersi alle sanzioni fissate dalla normativa precedente, diventando dunque una sanzione ulteriore a carico del datore di lavoro.

Anche il regime transitorio indicato dal comma 7 dello stesso art. 32, che prevede l’estensione della nuova disciplina dei commi 5 e 6 dell’art. 32 a tutti i giudizi, compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sembra sollevare delle problematicità.
La Cassazione ha stabilito che tale disposizione si applica anche ai giudizi pendenti proprio innanzi ad essa (ordinanza del 28/02/2011, n. 2112), sebbene ha precisato che l’applicazione retroattiva della normativa sanzionatoria non si estende alle statuizioni su cui si è già formato giudicato.

Infine, va sottolineato che sia rispetto all’indennizzo risarcitorio forfettario, sia in merito all’applicazione retroattiva del nuovo sistema sanzionatorio, pende la pronuncia della Corte Costituzionale adita dal Giudice del Lavoro di Trani che ha sollevato questione di legittimità costituzionale su tali questioni.
Bisognerà ancora attendere prima di addivenire ad un’interpretazione pacifica circa il nuovo regime sanzionatorio da applicare in caso di nullità dei contratti a termine.

mercoledì 30 marzo 2011

L’aliunde perceptum

Con la sentenza n. 4146/2011, la Suprema Corte si è espressa in merito all’aliunde perceptum, ovvero la quota sottratta dal risarcimento del danno spettante al lavoratore illegittimamente licenziato che è commisurata alle retribuzioni maturate nel periodo tra il licenziamento e il reinserimento nel posto di lavoro.

La Corte ha ribadito il principio interpretativo, già affermato da precedente giurisprudenza (Cass. sent. 28 maggio 2003, n. 8494 ), ai sensi del quale l’aliunde perceptum deve riferirsi ai compensi conseguiti dal lavoratore reimpiegando la capacità di lavoro non utilizzata nella cessata attività a causa del licenziamento illegittimo, senza che rilevi la natura delle somme percepite, retributiva ovvero assistenziale, né tanto meno se tali somme siano assoggettabili a contribuzione.

CCNL Terziario: novità in tema di trattamento economico in caso di malattia

Il nuovo CCNL per il settore Terziario siglato il 26 febbraio 2011, tra le varie novità ha introdotto un nuovo sistema per il calcolo del trattamento economico a carico del datore di lavoro nel caso di malattia, al fine di penalizzare, e dunque scoraggiare, l’abuso dai parte dei lavoratori di eventi morbosi ripetuti e di breve durata.

Nel corso di ogni anno solare per quanto riguarda i primi tre giorni (periodo di carenza) il datore di lavoro:

 è tenuto a pagare al 100% della retribuzione ordinaria solo i primi due eventi dell’anno(come le previgenti disposizioni);
 per il terzo ed il quarto evento le integrazioni saranno pari al 50%;
 a decorrere dal quinto evento il datore di lavoro non sarà più tenuto a corrispondere il periodo di carenza.

Non rientrano in questo regime di penalizzazione:

 ricovero ospedaliero, day hospital, emodialisi;
 evento di malattia certificato con prognosi iniziale non inferiore ai 12 giorni;
 sclerosi multipla o progressiva o altre patologie specifiche.

Restano invariate le percentuali relativa al periodo tra il 4° e il 20° giorno, pari al 75% della retribuzione giornaliera, e dal 21° al 180°, pari al 100%.

Va specificato che il datore di lavoro non è tenuto a corrispondere al lavoratore alcuna indennità qualora l’INPS non corrisponda, per qualsiasi motivo, quelle a suo carico.

Invio dei certificati di malattia cartacei al datore di lavoro fino al 17 giugno p.v.

Attraverso la Circolare congiunta n. 4/2011, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro hanno comunicato che a partire dal 17 giugno p.v. i lavoratori del settore privato non dovranno più inviare ai propri datori di lavoro alcun certificato medico cartaceo ma dovrà essere quest’ultimo a prelevare il certificato on-line in questione dal sito dell’INPS accedendovi attraverso le proprie credenziali.

La Circolare prevede ancora un periodo transitorio di tre mesi, che terminerà il 17 giugno p.v., durante il quale potranno essere utilizzate le consuete modalità di invio al datore di lavoro del certificato medico cartaceo.

Allo scadere del periodo transitorio il datore di lavoro non riceverà più certificato medico cartaceo, ma potrà richiedere al proprio prestatore di lavoro il codice identificativo del certificato comunicato dal medico al momento della visita.

Resta ferma l’obbligo per il lavoratore di comunicare tempestivamente al datore di lavoro lo stato morboso.

martedì 29 marzo 2011

ASSEGNO DI MATERNITÀ E FAMILIARI CONCESSI DAL COMUNE: VERRANNO EROGATI DALL'INPS

Rivalutati (+ 1,6%) gli assegni familiari e di maternità riconosciuti dai Comuni in favore delle famiglie. Per l'anno in corso l'assegno mensile per il nucleo familiare è di 131,87 euro al mese e di 1.714,31 euro (per 13 mensilità). L'assegno deve essere chiesto al Comune e poi viene erogato dall'INPS. Per averlo occorrono due requisiti:

1) devono esserci in famiglia almeno tre figli minori;

2) l'indicatore della situazione economica (ISE) non deve superare 23.736,50 euro.

Questo valore - che la legge applica ai nuclei di cinque componenti - deve essere riparametrato in base alla diversa composizione della familiare.

L'assegno di maternità è pari a 316,25 euro al mese ed è pagato per cinque mesi, per un complesso di 1.581,25 euro. È riconosciuto alle donne, cittadine italiane, comunitarie o straniere con carta di soggiorno, per le nascite, affidamenti preadottivi e adozioni senza affidamento ricadenti nel 2011.

L'assegno va chiesto al Comune di residenza entro sei mesi dall'evento ed è riconosciuto se il valore dell'ISE non supera 32.967,39 euro, riferito a nuclei familiari composti da tre componenti. Viene pagato per intero se la donna non riscuote altre indennità di maternità. In caso contrario si può pagare, ove esista, la quota differenziale.

CONTRIBUTI VOLONTARI 2011 L'ALIQUOTA È DEL 31,87%

Aumenta il contributo per i versamenti volontari: sia per la variazione dell'aliquota, sia per il ritocco della retribuzione minima settimanale. Con il prossimo 30 giugno i contribuenti volontari dovranno calcolare i contributi con le nuove misure.

La retribuzione minima settimanale è pari a 187,34 euro. La prima fascia di retribuzione annuale oltre la quale è prevista l'applicazione dell'aliquota aggiuntiva dell'1% sale a 43.042 euro.

Infine, il massimale da applicare ai prosecutori volontari titolari di contribuzione non anteriore al 1° gennaio 1996 o che, avendone il requisito, esercitino l'opzione per il sistema contributivo è di 93.622 euro.

L'aliquota per la pensione relativa ai lavoratori dipendenti non agricoli, autorizzati ai versamenti volontari da decorrenza entro il 31 dicembre 1995, è confermata al 27,87%.

Per gli altri, cioè per i lavoratori dipendenti non agricoli, autorizzati alla prosecuzione volontaria nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti con decorrenza dal 1° gennaio 1996 in poi c'è invece l'incremento di mezzo punto per cui con effetto dal 1° gennaio 2011 l'aliquota contributiva a loro carico sale al 31,87%.

Per i lavoratori già iscritti ai fondi Autoferrotranvieri, Elettrici, Telefonici e Dirigenti (ex INPDAI) e al Fondo dipendenti Ferrovie dello Stato l'aliquota di versamento resta ferma al 33 %.

PERMESSI PER RIDUZIONE DI ORARIO DI LAVORO (ROL): NIENTE SANZIONI PER ERRATE REGISTRAZIONI SUL LUL

I permessi per Rol (riduzione orario di lavoro) sono un istituto contrattuale che consente al lavoratore di astenersi da lavorare senza tuttavia subire una decurtazione sulla misura della retribuzione. La riduzione, determinata in relazione alle mansioni svolte dal lavoratore, si attua mediante la concessione di permessi orari, la cui durata può anche coincidere con una o più giornate lavorative.

Se il lavoratore non può godere dei Rol in uno specifico arco temporale, in genere coincidente con la fine dell'anno di riferimento, è prevista la possibilità di pagare una indennità sostitutiva.

I permessi in questione possono essere fruiti individualmente e collettivamente:

- nel primo caso ciascun lavoratore può beneficiare degli stessi in virtù di apposita richiesta indirizzata all'azienda entro un determinato termine di preavviso;

- nella seconda ipotesi, interessando la generalità dei lavoratori, i permessi rappresentano una forma di riduzione dell'orario di lavoro annuale, stabilita su base giornaliera o settimanale, in relazione ai diversi settori di appartenenza.

Il Ministero del lavoro, già in passato, ha avuto modo di precisare che il Rol è in istituto di previsione meramente contrattuale e, pertanto, la relativa disciplina risulta rimessa all'accordo delle parti, per cui il mancato rispetto degli accordi così stabiliti, non fa scattare alcuna sanzione, né penale né amministrativa.

Da tutto ciò deriva che non possono essere sanzionate le errate o omesse registrazioni sul Libro unico del lavoro (Lul) in ordine ai permessi orari, in quanto non hanno alcun riflesso sui trattamenti retributivi, fiscali e previdenziali.

In ogni caso l'adempimento dell'obbligo contributivo non può avere alcuno slittamento temporale e di conseguenza il versamento dei relativi contributi va fatto entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si colloca il termine ultimo di godimento del permesso.

lunedì 28 marzo 2011

MODALITÀ DI COMPILAZIONE DELLA SCHEDA CARBURANTE in base alla Corte di Cassazione

Per documentare l'acquisto del carburante è come noto prevista la facoltà di utilizzare un documento sostitutivo della fattura, la cd. scheda carburante, la cui disciplina è contenuta nel D.P.R. n. 444 del 10 novembre 1997 ed il cui contenuto è stato oggetto di chiarimenti da parte dell'Amministrazione finanziaria, fra l'altro, con la Circ. n. 205/E del 12 agosto 1998.

Da diverso tempo la scheda carburanti è sotto i riflettori della Corte di Cassazione che ne ha sempre legittimato i relativi costi, a condizione che la stessa scheda sia completa di tutti gli elementi previsti.

LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

Con Sent. n. 3947 del 18 febbraio 2011 (ud. del 21 ottobre 2010), la Corte di Cassazione si è occupata delle modalità di compilazione delle schede per acquisti di carburanti, i cui costi sono stati recuperati a tassazione per essere le stesse prive dei dati identificativi dell'automezzo, del numero dei km percorsi a fine mese e del numero dei km finali rilevabili dal contachilometri, a seguito del seguente quesito di diritto posto dall'Agenzia delle entrate: «se sia deducibile il costo sostenuto per l'acquisto di carburanti e se sia detraibile l'IVA relativa nel caso di incompleta redazione della scheda carburanti disciplinata dal D.P.R. n. 444 del 1997 (in particolare, in caso di mancata indicazione della percorrenza e del numero dei chilometri indicato dall'apposito contachilometri del veicolo utilizzato per il trasporto)».

La questione sottoposta al vaglio dei giudici traeva origine dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che aveva nel caso di specie ritenuto deducibili i costi di carburante benché documentati da «schede prive dei dati identificativi dell'automezzo, del numero dei km percorsi a fine mese e del numero dei km finali rilevabili dal contachilometri» (perché, si assume, «la ripetitività delle schede relative allo stesso automezzo, consente di ritenere deducibile il costo del carburante anche per quelle residuali schede che non contengono l'indicazione della percorrenza, in quanto ..., una volta identificata l'appartenenza del bene alla società, risulta osservato il requisito dell'inerenza»).

La Suprema Corte, con estrema precisione, ripercorre il dettato normativo, prendendo le mosse dall'art. 2 della L. 21 febbraio 1977, n. 31, che aveva così disposto:

- «con decreti del Ministro per le finanze saranno stabilite norme dirette a disciplinare la documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione, effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all'imposta sul valore aggiunto»;

- «tale documentazione sostitutiva della fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22, potrà essere stabilita nella forma di scheda, registro, bollettario od altro e dovrà contenere tutti gli elementi atti a identificare la operazione»;

- «con gli stessi decreti saranno stabilite le modalità per la compilazione, la tenuta e la conservazione della suddetta documentazione»;

- «per le violazioni degli obblighi relativi alla compilazione, tenuta e conservazione della documentazione stessa, si applicano le sanzioni previste dal citato D.P.R. per le violazioni dei corrispondenti obblighi concernenti la fatturazione».

Il D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, ha dettato il «regolamento recante norme per la semplificazione delle annotazioni da apporre sulla documentazione relativa agli acquisti di carburanti per autotrazione», stabilendo quanto segue:

- «gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all'imposta sul valore aggiunto risultano da apposite annotazioni eseguite, nei termini e con le modalità stabiliti nei successivi articoli, in una apposita scheda conforme al modello allegato» (art. 1, comma 1);

- «le annotazioni di cui al comma 1 sono sostitutive della fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22, comma 3» (art. 1, comma 2);

- «per ciascun veicolo a motore utilizzato nell'esercizio dell'attività d'impresa, dell'arte e della professione, è istituita una scheda mensile o trimestrale contenente, oltre agli estremi di individuazione del veicolo, la ditta, la denominazione o ragione sociale, ovvero il cognome e il nome, il domicilio fiscale ed il numero di partita IVA del soggetto d' imposta che acquista il carburante, nonché, per i soggetti domiciliati all'estero, l'ubicazione della stabile organizzazione in Italia ...» (art. 2, comma 1); per il secondo comma dello stesso art. 2, poi, «i dati di cui al comma 1, possono essere indicati anche a mezzo di apposito timbro»;

- «l'addetto alla distribuzione di carburante indica nella scheda di cui all'art. 2 all'atto di ogni rifornimento, con firma di convalida, la data e l'ammontare del corrispettivo al lordo dell'imposta sul valore aggiunto, nonché, anche a mezzo di apposito timbro, la denominazione o la ragione sociale dell'esercente l'impianto di distribuzione, ovvero il cognome e il nome se persona fisica, e l'ubicazione dell'impianto stesso» (art. 3);

- «per la conservazione delle schede previste dal presente regolamento, si applicano le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39» (art. 5, «obbligo di conservazione»).

Ricostruito il quadro normativo, la Corte di Cassazione, nella Sent. n. 3947 del 18 febbraio 2011, richiama una propria sentenza - la n. 21769 del 9 novembre 2005 - con cui è stata acclarata l'indispensabilità dell'«indicazione», in ciascuna scheda carburante, «anche del numero di targa», con la conseguente impossibilità, per il «contribuente che non abbia osservato le prescrizioni suddette», «di godere delle agevolazioni previste dalla legge in relazione all'acquisto del carburante, venendo a mancare ogni garanzia circa l'identità del veicolo effettivamente rifornito, e l'effettiva riferibilità del relativo costo all'attività dell'impresa».

L'adempimento a tal fine disposto non ammette «equipollente alcuno, ed indipendentemente dalla contabilizzazione dell'operazione delle scritture dell'impresa» (cfr., altresì, Cass. trib., 5 novembre 2008 n. 26539 la quale ha ribadito che «la possibilità di detrarre dall'imposta dovuta quella assolta per l'acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l'esercizio dell'impresa è subordinata al fatto che le cosiddette "schede carburanti", che l'addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l'adempimento a tal fine disposto ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall'avvenuta contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell'impresa»), nonché statuito la necessità (Sent. 19 ottobre 2007 n. 21941) - considerato che «ai sensi dell'art. 1, comma 2, del D.P.R. in parola le annotazioni di cui al comma 1 sono sostitutive della fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22, comma 3» - dell'osservanza della previsione (D.P.R. n. 444/1997, art. 3) «dell'apposizione della firma sulla scheda da parte l'esercente l'impianto di distribuzione» perché la stessa, «avendo una funzione, definita dallo stesso legislatore, di "convalida" del rifornimento», «costituisce elemento essenziale senza del quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge».

La Corte di Cassazione ribadisce, quindi, la natura «essenziale» di tutti gli elementi richiesti nella normativa affinché ogni scheda carburanti possa «assolvere alla finalità prevista dalla legge» - ovverosia rappresentare un costo deducibile, allo stesso modo e con gli stessi effetti di una fattura, essendo evidente la finalità antielusiva perseguita dal legislatore, nel senso di consentire sempre una pronta verifica documentale sia della riferibilità - con l'indicazione della targa o, «per quelli per loro natura privi di targa perché non destinati alla circolazione stradale (carrelli e macchine operatrici, di cui al T.U. Circ. strad. approvato con D.P.R. n. 393 del 1959, artt. 30 e 31)», con la «individuazione del veicolo mediante annotazione del numero di matricola apposto dalla casa costruttrice (v. rispettivamente C.M. n. 39/362701 del 13 luglio 1977 e R.M. 363799 del 19 dicembre 1977, entrambe della Dir. Gen. Tasse)» (cfr., Cass. n. 21769/2005, cit.) - del costo ad un automezzo di pertinenza del contribuente, anche quanto ai quantitativi di carburante che si assumono acquistati in riferimento al concreto consumo di ogni automezzo, intuitivamente verificabile solo in base all'annotazione dei chilometri di percorrenza.

In definitiva, la correlazione posta dal legislatore (legge n. 31 del 1977, art. 2) tra il complessivo contenuto della «scheda carburante» («tale documentazione») e la «fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22» esclude la giuridica utilizzabilità di qualsivoglia elemento equipollente di riferimento (come, in particolare, la «ripetitività» considerata sufficiente dalla Commissione Tributaria Regionale), dovendosi documentare la effettività (e non, come ritenuto dal giudice di appello, provare unicamente l'inerenza) del costo soltanto con la corretta compilazione, in ogni sua parte ed elemento, della scheda, allo stesso modo che per la «fattura di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 art. 22» (la quale deve contenere in sé sola tutti gli elementi probatori, quindi giustificativi, dell'operazione).

La questione sottoposta al vaglio della Corte non è certamente nuova, come peraltro rilevato dagli stessi giudici nella pronuncia che si esamina.

Già con Sent. n. 21769 del 16 giugno 2005 (dep. il 9 novembre 2005) la Corte di Cassazione aveva subordinato la deduzione delle spese per il carburante utilizzato dagli autoveicoli aziendali alla annotazione dei rifornimenti sulla scheda mensile prevista dal D.M. 7 giugno 1977, contenente gli estremi identificativi dei mezzi, tra i quali è essenziale l'indicazione del numero di targa.

I giudici della Suprema Corte avevano accolto la tesi dell'ufficio che aveva recuperato a tassazione gli importi indicati nelle schede carburanti per violazione e falsa applicazione di legge. I Giudici proseguivano sostenendo che, se pur la norma non contempla espressamente «l'indicazione anche del numero di targa, ma ciò nonostante non vi è dubbio che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione tributaria regionale nel caso in esame, esso debba ritenersi prescritto obbligatoriamente, costituendo il principale elemento di individuazione del veicolo».

La Suprema Corte fondava il proprio convincimento sulla constatazione che «per i veicoli non ancora immatricolati, nonché per quelli per loro natura privi di targa perché non destinati alla circolazione stradale (carrelli e macchine operatrici, di cui agli artt. 30 e 31 del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. n. 393/1959), proprio e solo per la mancanza della targa si consente eccezionalmente l'istituzione della scheda carburante e l'individuazione del veicolo mediante annotazione del numero di matricola apposto dalla casa costruttrice (vd. rispettivamente Circ. n. 39/362701 del 13 luglio 1977 e Ris. n. 363799 del 19 dicembre 1977, entrambe della Direzione generale tasse)».

Dal chiaro e univoco dettato normativo deriva che il contribuente che non abbia ottemperato a tali prescrizioni non può beneficiare della deducibilità dei costi relativi all'acquisto del carburante, «venendo a mancare ogni garanzia circa l'identità del veicolo effettivamente rifornito, e l'effettiva riferibilità del relativo costo all'attività dell'impresa, e ciò senza che l'adempimento a tal fine disposto ammetta equipollente alcuno, ed indipendentemente dalla contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell'impresa».

La Corte non aderisce, pertanto, alla tesi esposta dai giudici di appello che qualificavano l'omessa indicazione della targa del veicolo sulla relativa scheda carburante come una «irregolarità formale».

Successivamente, con Sent. n. 21941 del 4 luglio 2007, dep. il 19 ottobre 2007, la Corte di Cassazione, ritornando sull'argomento, ha affermato che gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali devono essere documentati attraverso un'apposita annotazione sulla scheda di cui ogni veicolo deve essere munito e tale annotazione deve essere convalidata attraverso la sottoscrizione apposta, all'atto di ogni rifornimento, dall'addetto alla distribuzione. La sottoscrizione costituisce poi elemento essenziale, senza il quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge, e quindi legittimare la detrazione dell'IVA assolta sull'acquisto di carburante.

Inoltre, «l'addetto alla distribuzione di carburante indica nella scheda di cui all'art. 2 all'atto di ogni rifornimento, con firma di convalida, la data e l'ammontare del corrispettivo al lordo dell'imposta sul valore aggiunto, nonché, anche a mezzo di apposito timbro, la denominazione o la ragione sociale dell'esercente l'impianto di distribuzione, ovvero il cognome e il nome se persona fisica, e l'ubicazione dell'impianto stesso».

Alla stregua di tale formulazione è chiaro che la previsione dell'apposizione della firma sulla scheda da parte dell'esercente l'impianto di distribuzione, avendo una funzione, definita dallo stesso legislatore, di «convalida» del rifornimento «costituisce elemento essenziale senza il quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge». Devesi del resto considerare che ai sensi del comma 2 dell'art. 1 del D.P.R. in parola «le annotazioni di cui al comma 1 sono sostitutive della fattura di cui al terzo comma dell'art. 22 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633».

LE REGOLE PER NON SBAGLIARE

Analizzata la posizione della giurisprudenza, che con estrema precisione ha inquadrato e letto il dettato normativo, forniamo al lettore le regole minime cui attenersi per non incorrere in errori, predisponendo una vera e propria miniguida (1).

Che cosa è la scheda carburante

La scheda carburante è il documento che consente a chi acquista carburante di poter esercitare il diritto alla detrazione della relativa IVA, qualora sia oggettivamente detraibile, oppure la deduzione del costo ai fini della determinazione delle imposte sul reddito e dell'IRAP.

La norma base

La norma base è rappresentata dall'art. 2 della legge n. 31/1977, con il quale è stato previsto che decreti ministeriali successivi avrebbero stabilito le norme dirette a disciplinare la documentazione relativa agli acquisti di carburante da parte di soggetti passivi IVA, i quali comunque dovevano attenersi ai seguenti criteri direttivi:




La scheda carburante è stata introdotta con il D.M. del 7 giugno 1977, e sono state fissate le modalità di compilazione, registrazione e conservazione della stessa.

Successivamente, il D.P.R. n. 444/1997 ha introdotto norme di semplificazione alle annotazioni da apporre sulla scheda carburante.

La scheda carburante è un documento sostitutivo della fattura ed equipollente della stessa.

Pertanto, coloro che nell'esercizio di impresa, arte o professione, acquistano carburanti per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione, hanno l'onere di utilizzare la scheda carburante, conforme al modello allegato al D.P.R. n. 444/1997.

La prassi

Le regole sono state oggetto di diversi interventi di prassi cui fare riferimento per ulteriori dubbi:

- Circ. n. 39/1977;

- Circ. n. 205/1998;

- Circ. n. 175/1999;

- Circ. n. 59/2001;

- Ris. n. 666193/1990;

- Ris. n. 362872/1977).

Cosa deve contenere

La scheda carburante deve essere istituita per ciascun veicolo a motore utilizzato nell'esercizio dell'attività d'impresa, arte e professione, con cadenza mensile o trimestrale (2), e intestata al soggetto passivo d'imposta (ente, società, titolare della ditta individuale o professionista).

La scheda carburante deve contenere, anche a mezzo di apposito timbro, i seguenti elementi:

- estremi di individuazione del veicolo;

- ditta, la denominazione o ragione sociale, ovvero il cognome e il nome, il domicilio fiscale e il numero di partita IVA del soggetto d'imposta che acquista il carburante.




Il lavoratore dipendente che utilizza la propria vettura per conto del datore di lavoro, deve indicare nella scheda anche i propri dati identificativi oltre che quelli dell'impresa.

Come compilare la scheda carburante

All'atto di ogni rifornimento, l'addetto della distribuzione di carburante deve indicare sulla scheda carburante:

- la data del rifornimento;

- l'ammontare del corrispettivo al lordo dell'IVA;

- la denominazione o la ragione sociale dell'esercente l'impianto di distribuzione, ovvero il cognome e il nome se persona fisica, l'ubicazione dell'impianto stesso (queste ultime anche a mezzo di apposito timbro).

L'addetto della distribuzione deve convalidare tali annotazioni apponendo la propria firma sulla scheda.

Tutti gli elementi appena indicati sono obbligatori. In particolare, l'apposizione della firma dell'addetto convalida la regolarità dell'operazione di acquisto. Per questo motivo, l'addetto deve preventivamente accertarsi della corrispondenza della scheda con il veicolo da alimentare.

L'intestatario del mezzo di trasporto deve annotare sulla scheda il numero dei chilometri rilevabile alla fine del mese o trimestre, dall'apposito contachilometri in dotazione sul veicolo.

Dalla registrazione devono risultare il mese o il trimestre, il veicolo cui si riferisce la scheda, il numero progressivo attribuito, l'ammontare complessivo delle operazioni ovvero l'ammontare imponibile e l'ammontare dell'IVA relativa detraibile.

Come conservarla

Ciascuna scheda carburante deve essere registrata distintamente nel registro IVA degli acquisti entro il termine stabilito dall'art. 25 del D.P.R. n. 633/1972, cioè entro i termini ordinari previsti per le fatture di acquisto.

Per la tenuta e conservazione delle schede si applicano le disposizioni di cui all'art. 39 del D.P.R. n. 633/1972.


(D.P.R. n. 444/1997)
(Circ. n. 205/E del 12 agosto 1998)
(Cass., Sent. n. 3947 del 18 febbraio 2011)


Gianfranco Antico

AGEVOLAZIONE PRIMA CASA: SUCCESSIONE O DONAZIONE CON PIÙ EREDI O DONATARI

Nei trasferimenti immobiliari a titolo gratuito derivanti da successione o donazione con più eredi o donatari è possibile fruire delle agevolazioni prima casa quando in capo ad almeno uno dei beneficiari sussistono i requisiti e le condizioni previste dall'art. 1, primo comma, quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986; in questi casi l'interessato, nella dichiarazione di successione o nell'atto di donazione, deve dichiarare il possesso dei predetti requisiti e condizioni.

Il beneficio è, come noto, esteso anche ai coeredi/donatari non in possesso dei requisiti, visto che assume rilievo la circostanza del possesso degli stessi in capo al solo erede/donatario dichiarante.

Al riguardo nella Ris. n. 33/E del 15 marzo 2011 l'Agenzia delle entrate ha chiarito che i coeredi/donatari non dichiaranti, trovandosi ad usufruire dell'agevolazione, senza averlo espressamente richiesto, non rilevano sul piano soggettivo né oggettivo in ordine al mantenimento ed alla decadenza di requisiti che non sono mai stati loro richiesti; in questo senso:

- la dichiarazione mendace resa dal coerede/donatario dichiarante nella dichiarazione di successione o nell'atto di donazione comporta la decadenza del beneficio anche in capo agli altri coeredi o donatari, fermo restando che la relativa sanzione sarà applicabile unicamente al dichiarante;

- se il coerede/donatario dichiarante non trasferisce la propria residenza entro i 18 mesi dall'acquisizione dell'immobile, ovvero rivende l'immobile entro 5 anni dall'acquisizione senza procedere entro un anno dall'alienazione al riacquisto di altro immobile da adibire a prima casa, la decadenza dal beneficio opererà per intero; tuttavia il recupero dell'imposta, come pure la relativa sanzione, interesserà interamente ed unicamente il beneficiario dichiarante;

- la rivendita infraquinquennale dell'immobile oggetto dell'agevolazione da parte di un coerede/donatario non dichiarante non comporta alcuna decadenza dal beneficio neanche in capo al soggetto che ha ceduto l'immobile.

TREMONTI TESSILE: Agevolazioni tessili al 25 %

La Tremonti Tessile agevola il 25 per cento dei costi di campionario sostenuti nel 2010: è questa la misura percentuale della detassazione da applicare al beneficio richiesto nelle istanze telematiche inviate all'Agenzia delle Entrate entro il 31 dicembre 2010.

Lo ha stabilito il Provvedimento 24 marzo 2011, diffuso venerdì scorso dall'Agenzia delle Entrate.

L'incentivo, che spetta solo ai contribuenti che entro il 31 dicembre scorso hanno trasmesso telematicamente l'apposito modulo di prenotazione CRT, consiste in una deduzione da effettuare nella dichiarazione dei redditi, pari all'intero importo dei costi agevolati sostenuti nell'esercizio. Deduzione che si aggiunge a quella derivante dall'ordinaria imputazione contabile della spesa nel bilancio civilistico.

Il bonus genera dunque un minor versamento a saldo delle imposte sui redditi del prossimo 16 giugno (l'incentivo non rileva invece per l'IRAP), per un importo corrispondente all'aliquota del contribuente (per le società di capitali, il 27,5 per cento) applicata alla deduzione spettante. L'agevolazione, qualunque sia il costo sostenuto, non può comportare un risparmio fiscale eccedente 500.000 euro, da calcolare sommando a questo incentivo, eventuali altre analoghe agevolazioni ottenute nel triennio 2008-2010.


Il Sole 24 ORE di Sabato 26 marzo 2011

giovedì 24 marzo 2011

Licenziamento: l'indennità di mobilità non si può detrarre dall'indennità risarcitoria

In materia di risarcimento del danno a favore del lavoratore illegittimamente licenziato, il datore di lavoro non può detrarre quanto percepito da quest'ultimo a titolo di indennità di mobilità, atteso che la stessa va intesa come non acquisita essendo ripetibile dagli Istituti previdenziali.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 14 febbraio 2011, n. 3597, che ha nuovamente sostenuto che, nell'ipotesi sopra illustrata, non si applica il principio della detrazione del c.d. aliunde perceptum, ovverosia del principio di compensatio lucri cum damno.

Come noto, i lavoratori collocati in mobilità nel corso dell'intervento della C.i.g.s. o ai quali sia stato intimato un licenziamento per riduzione del personale ai sensi dell'art. 24 della L. n. 223 del 1991 hanno diritto a beneficiare, qualora ricorrano i presupposti di legge, dell'indennità di mobilità. Tale indennità deve essere richiesta all'Inps ed è corrisposta dallo stesso Istituto. La sua elargizione può essere sospesa per i giorni in cui il beneficiario, pur mantenendo l'iscrizione nelle liste di mobilità, svolge attività di lavoro subordinato.

La legge nulla dice in merito alla "sorte" dell'indennità di mobilità nell'ipotesi in cui il lavoratore illegittimamente licenziato sia reintegrato e debba essergli corrisposta l'indennità risarcitoria nella misura di cui all'art. 18 Stat. Lav.

Questa indennità, come noto, è commisurata alla "retribuzione globale di fatto" percepita dal lavoratore e spetta dal dì del licenziamento alla effettiva reintegra. Tuttavia, ma da un punto di vista normativo non vi è alcuna specificazione in ordine alla detraibilità o meno delle somme che il lavoratore ha percepito o avrebbe potuto percepire nelle more della reintegrazione stessa, se non l'applicabilità del principio fissato dall'art. 1227 cod. civ., che prevede la riduzione del risarcimento in caso di concorso colposo del creditore o l'esclusione del risarcimento per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (c.d. aliunde perceptum et percipiendum).

La vicenda trae spunto dal ricorso presentato da un lavoratore, dipendente di una nota società, licenziato ai sensi della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, in ragione di un asserito "ridimensionamento strutturale dell'impresa, variazioni delle condizioni di mercato e conseguenti problemi di natura finanziaria". Il recesso veniva dichiarato inefficace dal Tribunale e la società condannata a reintegrare il lavoratore ed a risarcirlo del danno subito, versandogli un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegrazione, oltre accessori di legge, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

La pronuncia di primo grado veniva confermata dalla Corte d'Appello.

La società ricorreva per cassazione, deducendo - oltre ad un altro motivo di impugnazione anch'esso respinto - che, in ragione degli artt. 1123 e 1227 cod. civ. e della L. n. 300 del 1970, art. 18, l'indennità dovuta in caso di licenziamento illegittimo doveva essere ridotta tenuto conto del cosiddetto aliunde perceptum, nella specie di quanto il lavoratore, dopo la decisione di primo grado, aveva percepito per aver avviato un rapporto di lavoro con un altro soggetto. Anzi, vi era di più: la Corte d'Appello aveva omesso di considerare come aliunde perceptum l'importo dell'indennità di mobilità.

La Cassazione ritiene non fondato il motivo di censura.

La Corte osserva, in proposito, di aver già avuto modo di affermare che le indennità previdenziali non possono essere detratte dalle somme alle quali il datore di lavoro è stato condannato, dovendosi ritenere esse non acquisite in via definitiva dal lavoratore e ripetibili dagli Istituti previdenziali (Cass. n. 10531 del 2004 e n. 6265 del 2000).

Fin qui la sentenza in rassegna, che richiamando due precedenti, non si dilunga in spiegazioni, dando per pacifico il principio formulato.

In effetti, la giurisprudenza è conforme in materia.

Si possono richiamare, tra le più recenti, anche alcune decisioni dei giudici di merito, che forniscono ulteriori elementi di valutazione, anche in merito a indennità diverse da quella di mobilità, quali l'indennità percepita nel corso della cassa integrazione o quella di disoccupazione: "Le indennità previdenziali non possono essere detratte a titolo di aliunde perceptum dal risarcimento dovuto al lavoratore a seguito del licenziamento illegittimo, deponendo in tal senso sia la diversità dei titoli di erogazione, sia dei soggetti obbligati alla prestazione. Infatti l'indennità di mobilità viene erogata per finalità di assistenza e solidarietà sociale da un ente pubblico (che è l'unico legittimato a chiederla in restituzione) laddove il risarcimento del danno per effetto del licenziamento illegittimo compete al datore di lavoro (il quale non può avvantaggiarsi di misure a sostegno del lavoratore)" (Trib. Latina, 10 febbraio 2010).

Anche la Corte di Appello di Roma (sentenza del 26 maggio 2005) è in linea col suddetto orientamento. Le somme percepite dal lavoratore in relazione alla C.i.g.s. ed alla indennità di mobilità "hanno indiscutibilmente natura previdenziale (v. fra le tante Cass. n. 6665/2000 in relazione alla C.i.g.s.; Cass. n. 14973/2001 e Cass. n. 5009/2004 in ordine alla indennità di mobilità). Ne discende che ad esse possono essere estesi i principi più recentemente affermati in relazione alle prestazioni pensionistiche (Cass. n. 2529/2003; Cass. n. 13715/2004), in virtù dei quali è stato ritenuto che i proventi di tale natura si sottraggano alla regola della "compensatio lucri cum damno", in primo luogo perché deve considerarsi a titolo di "aliunde perceptum" non qualsiasi reddito percepito dal lavoratore, bensì solo quello conseguito attraverso l'impiego della medesima capacità lavorativa (e tale non è quello derivante da prestazioni previdenziali che, oltre tutto, discendono dal verificarsi dei requisiti a tal fine stabiliti dalla legge); ed in secondo luogo in quanto tali proventi non possono considerarsi definitivamente acquisiti al patrimonio del lavoratore, essendo ripetibili dall'ente previdenziale allorché vengano a cadere i presupposti per la sua erogazione".

Nello stesso senso si è pronunciata la Suprema Corte (n. 6342 del 16 marzo 2009): "Le indennità previdenziali non possono essere detratte, a titolo di aliunde perceptum, dal risarcimento dovuto al lavoratore a seguito del licenziamento illegittimo intimato dal datore di lavoro, deponendo in tal senso sia la diversità dei titoli di erogazione che dei soggetti obbligati (cfr. ad es. Cass. n. 18687/2006; Cass. n. 18137/2006; Cass. n. 2928/2005; Cass. n. 3904/2002). E tale conclusioni valgono anche per l'indennità di mobilità, che costituisce una indennità (sostitutiva del trattamento) di disoccupazione, erogata per finalità di assistenza e di solidarietà sociale da un ente pubblico, che è l'unico legittimato a chiederla in restituzione, e che non può essere vanificata sulla base del distinto piano del rapporto di lavoro, consentendo al datore di lavoro, nonostante l'annullamento dell'atto di recesso, di avvantaggiarsi, quantomeno indirettamente, di misure di sostegno poste a tutela del lavoratore".

La particolarità di quest'ultima decisione della Cassazione è nel tener ferma l'applicabilità del ridetto principio anche nell'ipotesi in cui il lavoratore in luogo della reintegrazione eserciti la c.d. opzione, di cui al comma 5 dell'art. 18, ovvero la percezione di un'indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto: in sostanza, l'indennità risarcitoria per il licenziamento illegittimo rimane dovuta e l'indennità di mobilità resta indetraibile.

In proposito, la Corte ha affermato che "l'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, che grava sul datore di lavoro, a norma dell'art. 18 Stat. Lav., si estingue soltanto con il pagamento dell'indennità sostitutiva della reintegrazione, prescelta dal lavoratore illegittimamente licenziato, e non già con la semplice dichiarazione di opzione proveniente da quest'ultimo. Ne consegue la permanenza dell'obbligazione risarcitoria del datore di lavoro, posto che il cit. art. 18, comma 5, attribuisce al lavoratore la facoltà di optare per l'indennità sostitutiva, fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto dal comma 4, e che il diritto a far valere, quale titolo esecutivo, la sentenza che, nel disporre la reintegrazione, attribuisce a titolo risarcitorio le retribuzioni globali di fatto dalla data del licenziamento a quella della riassunzione, non vien meno per effetto della dichiarazione di opzione, sino a quando il datore di lavoro non abbia eseguito la suddetta prestazione (v. per tutte ad es. Cass. n. 12514/2003)".


Cassazione civile - Sentenza 14 febbraio 2011, n. 3597.

Assunzione in sostituzione di lavoratrice in congedo flessibile per maternità e sgravio contributivo

INPS, Messaggio 20/01/2011, n. 1382

Attraverso il Messaggio n. 1382/11, l’Istituto è intervenuto a fornire chiarimenti in merito allo sgravio contributivo previsto per l’assunzione in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo flessibile per maternità ex art. 4, D.Lgs. n. 151/01, ai sensi del quale il datore di lavoro è legittimato ad assumere lavoratori con contratto a tempo determinato o temporaneo in sostituzione dei primi potendo beneficiare, nel caso di aziende con meno di venti dipendenti, di uno sgravio del 50% della contribuzione dovuta per il soggetto assunto.


Ai sensi degli artt. 20 e 21, D.Lgs. n. 151/01, fermo restando il periodo ordinario di 5 mesi di congedo per maternità (2mesi prima del parto e 3 dopo), le lavoratrici possono decidere di lavorare, presentando debita certificazione medica, fino all’inizio del nono mese, astenendosi, quindi, solo un mese prima la data presunta del parto e quattro mesi dopo, purché l’opzione per la flessibilità sia esercitata entro e non oltre il settimo mese di gravidanza.

Alla luce di questa normativa, il Messaggio in questione riguarda, in particolare, l’ipotesi in cui la lavoratrice opti per la flessibilità del congedo comunicandola al datore di lavoro successivamente all’assunzione del sostituto, affermando che anche in questo caso trova applicazione lo sgravio contributivo pari al 50% a favore del datore di lavoro.

Il regolamento UE 24/11/2010, n. 1231

INPS, Circolare 15/03/2011, n. 51

La Circolare INPS n. 51/11 ha ad oggetto il regolamento UE n. 1231/10, emanato nel novembre 2010 con decorrenza dal primo gennaio 2011, ai sensi del quale le disposizioni in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati Membri dell’Unione Europea (Reg. CE n. 883/2004 come modificato dal Reg. CE n. 988/2009, e Reg. CE n. 987/2009 ) devono essere applicate dagli Stati Membri, ad eccezione di Danimarca e Regno Unito, anche ai cittadini extracomunitari, ai loro familiari e superstiti, fino ad ora esclusi, al fine di rendere maggiormente incisiva la politica di integrazione dei cittadini dei paesi terzi residente legalmente nel territorio dell’UE.

Fermo restando che il regolamento in questione non concede diritto all’ingresso, al soggiorno, alla residenza o all’accesso al mercato del lavoro all’interno di uno degli Stati Membri, alla luce di questa nuova normativa deriva che:

- le istituzioni degli Stati Membri sono tenuti a considerare i periodi assicurativi maturati in Stati Membri diversi, al fine dell’ottenimento della prestazione pensionistica, anche per i cittadini comunitari;
- le disposizioni in materia di diritto alle prestazioni per disoccupazione (art. 64, Reg. CE n. 883/2004) trovano applicazione anche nei confronti dei cittadini extracomunitari che abbiano diritto. L’Istituto previdenziale, pertanto, è tenuto a corrispondere la prestazione al cittadino extracomunitario debitamente iscritto come richiedente presso l’ufficio del lavoro dello Stato in cui si è recato in cerca di occupazione;
- l’istituzione dello Stato membro di ultima occupazione deve tener conto, se necessario, dei periodi assicurativi risultanti negli altri Stati membri per l’accertamento del diritto alle prestazioni di disoccupazione (articolo 61 del Regolamento di base sulla totalizzazione dei periodi);
- dal momento che la Danimarca non è tenuta all’applicazione del regolamento in questione, l’Italia, nei rapporti con la Danimarca, non può applicare unilateralmente la suddetta regolamentazione al cittadino extracomunitario che vi si sposti;
- il Reg. 1231/2010 abroga il Reg. 859/2003 relativo all’accertamento del diritto ed alla determinazione della misura delle prestazioni orfanili anche per i cittadini extracomunitari;
- poiché il Regno Unito non ha adottato il Reg. n. 1231/2010, ne deriva che solo nei rapporti con quest’ultimo il Reg. n. 859/2003 resta in vigore.

La rateizzazione delle sanzioni amministrative

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha risposto tramite interpello n. 4/2011 al quesito posto dall’Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio (A.N.I.S.A.) in merito alla possibilità di estendere analogicamente il regime di pagamento rateale per chi si trovi in condizioni economiche disagiate ( ex art. 26, L. n. 689/81), già in sede di atto di notificazione di illecito amministrativo.

Ai sensi della normativa suindicata, il regime di pagamento rateale è ammissibile solo attraverso l’emanazione dell’ordinanza di ingiunzione che costituisce il provvedimento definitivo dell’intero procedimento da cui scaturisce l’applicazione della sanzione.

Per cui il Ministeri stabilisce la non praticabilità della rateizzazione della sanzione precedentemente a tale atto, ovvero in sede di atto di notificazione dell’illecito amministrativo, come chiesto dall’ A.N.I.S.A. nel quesito proposto.

Tuttavia, precisa che a fronte di “motivate e comprovate istanze di dilazioni”, in particolare se di entità notevoli, gli Uffici competenti a cui pervengono i verbali unici di accertamento, potranno velocizzare l’iter di trasmissione del rapporto all’Ufficio legale affinché proceda all’istruttoria di propria competenza potendo quest’ultimo quantificare l’ordinanza “tenendo conto e della manifestata volontà del destinatario di pagare gli importi di cui al verbale in forma rateale ed al contempo dell’impossibilità tecnica di accoglimento della richiamata richiesta in tale fase”. Solo nei 30 gg successivi alla notifica, la richiesta di dilazione da parte dell’istante sarà pienamente accoglibile.

mercoledì 23 marzo 2011

MENO CONTRIBUTI PER CHI ASSUME LAVORATORI IN MOBILITÀ

Il datore di lavoro paga meno contributi se assume lavoratori in mobilità.

Il beneficio consiste nella riduzione del contributo per un periodo massimo di 12 mesi, pari a quello previsto per gli apprendisti, in caso di assunzione a termine di un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità e nel prolungamento del medesimo beneficio per ulteriori 12 mesi in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.

Se poi c'è l'immediata assunzione a tempo indeterminato il beneficio consiste nella riduzione del contributo per un periodo di 18 mesi, pari a quello previsto per gli apprendisti.

Si ricorda a questo proposito che i due benefici per l'INPS non sono cumulabili e un datore di lavoro non può godere di entrambi i benefici nei confronti di un medesimo lavoratore preventivamente assunto a tempo determinato e poi riassunto in una fase successiva a tempo indeterminato.

Secondo il Ministero del lavoro la posizione INPS è «condivisibile» in merito alla alternatività dei due benefici richiamati, data la diversità delle due fattispecie prospettate dal legislatore, in relazione all'unica finalità di favorire la stipula di un contratto a tempo indeterminato.

La norma pone esclusivamente un limite massimo di durata del beneficio («dodici mesi», salvo successiva trasformazione del contratto a tempo indeterminato) e quindi non può che rimettersi all'imprenditore la scelta se fruire dell'una o dell'altra agevolazione, con eventuale impossibilità, in questo caso, di fruire nuovamente dei benefici in questione in caso di una successiva nuova assunzione del medesimo lavoratore direttamente a tempo indeterminato.

INVALIDI CIVILI DICHIARAZIONE ENTRO IL 31 MARZO

È giovedi 31 marzo la scadenza entro la quale i pensionati invalidi devono dichiarare all'INPS la loro esatta situazione.

Questa dichiarazione di responsabilità deve essere presentata da due specifiche categorie di pensionati:

- dalle persone che hanno l'assegno mensile,

- dalle persone che hanno l'indennità di accompagnamento.

Costoro hanno ricevuto dall'INPS una lettera che ricorda l'adempimento e la scadenza. In particolare ecco cosa devono dichiarare:

A - Le persone che hanno una invalidità parziale devono specificare se lavorano o non lavorano. Se lavorano devono dichiarare il reddito che ricavano. Il lavoro presso cooperative sociali in ogni caso non fa perdere la prestazione.

B - Le persone totalmente inabili, che hanno l'indennità di accompagnamento, devono dichiarare se sono o no ricoverate gratuitamente presso casa di cura.

C - Se si tratta di disabili intellettivi o minorati psichici chi ne cura gli interessi deve inviare entro il 31 marzo in sostituzione di queste dichiarazioni solo un certificato medico che attesti la condizione patologica dell'interessato.

Per inviare le informazioni all'INPS ci sono due vie:

1) ci si può rivolgere a un centro di assistenza fiscale o ai professionisti abilitati, che offrono gratuitamente completa assistenza nell'operazione, ricordando di consegnare la lettera INPS nella quale c'è il codice a barre dell'interessato, il quale permette di usare il mezzo telematico di comunicazione con l'Ente di previdenza;

2) si può trasmettere direttamente l'informazione all'INPS tramite Internet a condizione che si abbia il codice personale segreto, cioè il PIN.

INDENNITÀ DI MOBILITÀ ANCHE PER IL PERIODO DI ATTESA DELLA «FINESTRA»

Si allunga il periodo di mobilità per evitare che i lavoratori restino senza indennità in attesa che si apra la finestra di pensione.

Le vecchie disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del D.L. n. 78/2010 (diventato poi legge n. 122/2010) continuano ad applicarsi, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2011:

a) ai lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità;

b) ai lavoratori collocati in mobilità lunga per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;

c) ai lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore.

La Legge di Stabilità 2011 (legge n. 220/2010) ha altresì stabilito quanto segue per i lavoratori ora indicati: per costoro, anche se maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1 gennaio 2011 e comunque entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito, il Ministro del lavoro può disporre, in deroga alla normativa vigente, la concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per il periodo di tempo necessario al raggiungimento della decorrenza del trattamento pensionistico e in ogni caso per una durata non superiore al periodo di tempo intercorrente tra la data computata con riferimento alle disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto e la data della decorrenza del trattamento pensionistico computata sulla base di quanto stabilito dal presente articolo. Per l'attuazione di questa disposizione è necessaria l'emanazione di un apposito decreto.

martedì 22 marzo 2011

Le circolari ministeriali in materia tributaria non sono fonte di diritti ed obblighi

La Suprema Corte, sez. Tributaria, attraverso la sentenza suindicata ha ribadito, in linea con giurisprudenza precedente (sez. V, sent. 14/02/02, n. 2133), che “le circolari ministeriali in materia tributaria non sono fonte di diritti ed obblighi”.

Trattasi di una delle motivazioni per cui il Giudice ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia dell’Entrate che aveva inoltrato un avviso di recupero credito avverso un’azienda che, invece, in applicazione della circolare 18/04/2001 della suddetta Amministrazione, aveva ritenuto gli spettasse un ulteriore credito d’imposta per l’assunzione di un lavoratore, trovando conferma anche dalla sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania (sent. n. 53/07/1).

La Cassazione, invece, censura la sentenza della CTR perché questa avrebbe erroneamente ritenuto spettanti all’azienda i benefici sulla base della circolare dell’Agenzia dell’Entrate che però, stando a quanto stabilito dal Giudice, non costituisce fonte di diritti e obblighi, per cui, “qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’amministrazione in una circolare (successivamente modificata) è esclusa solo l’irrogazione delle relative sanzioni, in base al principio di tutela dell’affidamento”, ma non l’accertamento.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sent. 9/02/2011, n. 6056

Chiarimenti in tema di decorrenza dei trattamenti pensionistici

Attraverso la circolare n. 53/2011, l’INPS interviene ad integrare le istruzioni fornite attraverso la precedente circolare n. 126 del 25/09/2010 riguardanti la decorrenza dei trattamenti pensionistici.

La L. n. 122/10 ha introdotto una nuova disciplina in materia di decorrenze di accesso ai trattamenti pensionistici che si applicano solo ai soggetti che raggiungono i requisiti anagrafici e contributivi previsti per l’accesso a partire dal I gennaio 2011, escludendo, per cui, coloro che abbiano maturato i suddetti requisiti entro il 31 dicembre 2010, nulla innovando in merito ai requisiti di età anagrafica e di contribuzione fissate dalla L. n. 243/04 e n.247/07.

La recente circolare n. 53, su richiesta del Ministero del Lavoro in raccordo al Ministero dell’Economia, chiarisce che:

- i nuovi termini di decorrenza delle pensioni (ex art. 12, c. 1 e 2, D.L. n. 78/10) devono applicarsi “anche ai soggetti ammessi alla prosecuzione volontaria entro il 20/07/2007 e alle donne che accedono al trattamento pensionistico di anzianità secondo il regime sperimentale di cui all’art. 1, c. 9, L. n. 243/04”, soggetti, esclusi, invece, dalle disposizioni precedenti;

- le decorrenze di accesso ai trattamenti pensionistici (L. n. 122/10) vengono applicate anche alle domande volte ad ottenere la pensione supplementare da lavoratori iscritti all’AGO o alla Gestione separata che abbiano conseguito il diritto alla pensione. Per questi soggetti “il differimento di 12 e/o 18 mesi opera dalla data di compimento dell’età pensionabile richiesta per accedere alla predetta prestazione, mentre non rileva la decorrenza della pensione principale liquidata o in corso di liquidazione a carico di un fondo sostitutivo, esclusivo o esonerativo dell’AGO”;

- per i soggetti portatori di un grado di invalidità non inferiore all’80%, la pensione decorre dalla data di compimento dell’età richiesta, data da cui far trascorrere i 12 mesi previsti dalla L. n. 122/10; l’assegno ordinario di invalidità, invece, come in passato verrà erogato in attesa del verificarsi delle condizioni di accesso al pensionamento di vecchiaia, momento in cui il suddetto assegno, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, si trasforma in pensione di vecchiaia (ex art. 1, c. 10, L. n. 222/84);

- solo quando i tre requisiti di età, contribuzione e contribuzione minima sono soddisfatti, scatta il diritto alla pensione di vecchiaia o anzianità nel Fondo Volo;

- per i soggetti iscritti alla gestione separata, non iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria, il periodo di 18 mesi comincia a decorrere dalla data in cui si perfezionano i requisiti di età e di contribuzione richiesti per il diritto alla pensione di vecchiaia nei confronti dei lavoratori dipendenti; mentre per gli iscritti alla gestione separata e contestualmente iscritti altra forma pensionistica obbligatoria il periodo di scorrimento comincerà a decorrere dal momento in cui saranno perfezionati i requisiti previsti per gli iscritti alle gestioni autonome;

- per i lavoratori ex LSU o ASU collocati in prepensionamento anticipato di vecchiaia, il diritto alla pensione di vecchiaia scatta dal primo giorno del mese successivo al perfezionamento dei requisiti previsti per la liquidazione del trattamento definitivo di vecchiaia;

- le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici (D.L. n. 78/10) si applicano a decorrere dal I gennaio 2011, nei limiti di 10000 beneficiari che abbiano maturato i requisiti per accedere al pensionamento, ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria nonché ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria nelle aree non ricomprese nel T.U. approvato con D.P.R. 218/78, in seguito alla modifica apportata dall’art. 1, c. 37, L. n. 220/10 all’art. 12, c. 5, D.L. n. 78/10.

INPS, circolare 16/03/2011, n. 53

AUTOVETTURE IN USO PROMISCUO AL DIPENDENTE E ALL’AMMINISTRATORE

L’utilizzo promiscuo dei veicoli da parte dei dipendenti, tra le varie forme messe a disposizione per l’utilizzo di questi, risulta sicuramente la fattispecie più vantaggiosa dal punto di vista fiscale.
Un’analoga situazione si può ritrovare nel caso di utilizzo promiscuo dei veicoli da parte degli amministratori, ma tale analogia si può individuare solo sotto l’aspetto fattuale e non strettamente tributario.
• DIPENDENTI
Esaminando più da vicino la disciplina della materia, per quanto riguarda i dipendenti, la vettura può essere utilizzata sotto varie forme, e con diverso trattamento fiscale:
- Per uso esclusivamente aziendale: nel qual caso il dipendente può usufruire della vettura solo nell’ambito della sua attività lavorativa la quale sarà soggetta alle ordinarie restrizioni fiscali previste per le auto aziendali, e quindi una deduzione dei costi nel limite del 40%;
- Per uso esclusivamente personale: la vettura è concessa al dipendente affinché la utilizzi per le proprie necessità e per quelle della propria famiglia; in tali casi sorge in capo al dipendente un vero e proprio fringe benefit tassabile per il valore normale; mentre in capo all’azienda sarà deducibile, quale spesa di lavoro, un importo pari al compenso in natura che sorge in capo al lavoratore, ai sensi dell’art. 95 del T.U.I.R., ma necessariamente nel limite delle spese effettivamente sostenute dall’azienda;
- Per uso promiscuo: la vettura viene consegnata al dipendente affinché questo la utilizzi sia per le esigenze aziendali che per le esigenze private e della propria famiglia, comprovata però da idonea documentazione.

La fattispecie più diffusa è certamente l’utilizzo promiscuo del veicolo in ragione, ovviamente, ai vantaggi fiscali che ne derivano.
Sotto il profilo delle imposte dirette la disciplina fiscale è contenuta nell’art. 164, comma 1, let. b-bis), del T.U.I.R.: la disciplina attuale prevede che i costi di questi veicoli sono deducibili nel limite del 90%, da applicarsi all’intero ammontare dei costi relativi alla gestione dell’auto in questione. Tale fattispecie è resa ancor di più appetibile sotto il profilo fiscale data l’assenza di un limite superiore al valore del veicolo che ponga un tetto al calcolo della quota di ammortamento deducibile.
La concessione dell’utilizzo della vettura comporta il generare in capo al dipendente di un compenso in natura imponibile, calcolato sulla base del 30% della percorrenza convenzionale di 15.000 Km. L’azienda ha la possibilità poi di riaddebitare al dipendente una parte del costo sostenuto per l’utilizzo privato del mezzo: tale addebito va in questo modo a ridurre il reddito da lavoro dipendente. Questo aspetto ha delle ripercussioni sulla determinazione del fringe benefit dal momento che la Circolare n. 326/E del 1997 afferma che deve avvenire “al netto di quanto trattenuto al dipendente o da questo corrisposto nello stesso periodo di imposta in cambio della possibilità di utilizzare anche ai fini personali il mezzo”. Questo può voler dire che l’addebito al dipendente potrebbe anche andare ad azzerare il benefit fiscale che si verrebbe a creare in capo a questi, purché venga creato nel corso del medesimo periodo d’imposta.
Vi sono delle particolarità poi da tenere presenti per tale fattispecie di utilizzo delle vetture:
- la destinazione ad uso promiscuo deve essere soddisfatta per la maggior parte del periodo d’imposta, il quale deve coincidere con quello del datore di lavoro: l’utilizzo del dipendente deve essere soddisfatto per la metà più uno dei giorni che formano il periodo di imposta del datore,
- nel caso in cui la vettura venga utilizzata per un periodo inferiore al periodo di imposta, per la verifica della prevalenza occorre fare riferimento al periodo durante il quale l’azienda è stata titolare del bene,
- non è necessario che l’utilizzo sia continuativo, ma è sufficiente che nel corso del periodo d’imposta la condizione richiesta sia realizzata per un numero di giorni richiesto,
- il compenso in natura derivante dall’utilizzo di tali veicoli è determinato in modo forfetario ed è stabilito su base annuale: la percorrenza di 15.000 Km deve considerarsi in riferimento all’intero esercizio e pertanto dovrà essere ragguagliata all’eventuale minor periodo durante il quale il dipendente ha la disponibilità del mezzo aziendale.

Sotto l’aspetto, invece, inerente la detrazione dell’IVA, la risoluzione n. 6/DPF del 20 febbraio 2008, del Dipartimento delle Politiche Fiscali ha precisato che i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti generano i seguenti riflessi sulle detrazioni dell’IVA assolta sul costo di acquisizione e di utilizzo di tale vettura:
- se la concessione è a titolo gratuito, è consentita la detrazione forfetaria al 40%, senza obbligo di effettuare alcun addebito di IVA a fronte dell’operazione gratuita;
- se la concessione è a titolo oneroso, è consentita la detrazione integrale al 100% dell’imposta (il veicolo si considera come utilizzato a fini esclusivamente aziendali), accompagnata dall’obbligo di assolvere l’IVA su una base imponibile almeno pari a quella fissata dalle tabelle ACI in corrispondenza di una percorrenza convenzionale di 4.500 Km annui (15.000 Km considerati al 30%);
Questo sta a significare quindi che se l’addebito al dipendente avviene assolvendo l’IVA in relazione all’uso privato, emettendo così fattura per tale addebito, l’azienda può beneficiare della detrazione integrale.

• AMMINISTRATORI

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dei veicoli da parte degli amministratori, si rilevano delle differenze rispetto alla fattispecie fin qui analizzata, e soprattutto riguardo all’utilizzo promiscuo del bene da individuarsi in relazione al trattamento dei costi e dell’IVA per l’azienda concedente, fermo restando invece che l’eventuale benefit è da considerarsi analogo a quello del dipendente.
In relazione alle imposte dirette si rileva innanzitutto che, nonostante l’assimilazione del reddito conseguito dagli amministratori al reddito da lavoro dipendente, a tal proposito la Circolare n. 5/ E del 2001 precisa come le disposizioni di favore previste per le auto concesse in uso al dipendente non possono essere estese alle auto utilizzate ad uso promiscuo da parte degli amministratori.
La Circolare n. 48/E del 2008 pone la disciplina della deduzione dei costi, e quindi:
- l’ammontare del fringe benefit tassato in capo all’amministratore è deducibile per l’impresa fino a concorrenza delle spese sostenuta da quest’ultima, in applicazione dell’art. 95 del T.U.I.R.,
- l’eventuale eccedenza delle suddette spese rispetto al benefit è deducibile secondo le regole generali poste dall’art. 164 T.U.I.R. (40%).

Sotto l’aspetto dell’IVA, invece, le modifiche apportate dalla Finanziaria del 2008 agli artt. 13 e 14 del D.P.R. 633/1972 hanno comportato una detrazione integrale dell’imposta afferente l’acquisto di veicoli utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa: ne consegue quindi che se all’amministratore viene fatto un addebito per l’utilizzo personale assolvendo l’imposta, si ottiene il diritto alla detrazione piena dell’imposta assolta in sede di acquisizione della vettura, nonché alle spese di gestione. Risulta ammessa quindi la detrazione dell’imposta pagata purché avvenga l’addebito per un importo non simbolico.
A tale proposito però sembra non trovare applicazione la disposizione di cui all’art 14 del D.P.R. 633/1972 nel punto in cui fa riferimento al valore convenzionale del benefit ex art. 51 del T.U.I.R. (30% della percorrenza convenzionale di 15.000 Km) per definire il valore da sottoporre ad IVA in sede di riaddebito: tale disposizione esplicitamente si riferisce solo al caso di veicoli messi a disposizione dal “datore di lavoro nei confronti del proprio personale dipendente”.
Il riaddebito dell’amministratore dovrebbe avvenire quindi sulla base del valore normale e non sulla base del valore convenzionale.

Competenze fiscali: attività esclusiva del commercialista?

La Corte di Cassazione, sezione Penale, con la recentissima sentenza n. 10100 è ritornata sul tema delle competenze fiscali del dottore commercialista, affermando che “le attività proprie possono applicarsi esclusivamente dal soggetto abilitato e iscritto all’albo”. Tale posizione riapre, contestualmente, la questione relativa al ruolo del consulente del lavoro in tema di competenze fiscali.

La suindicata sentenza risulta discordante con l’ orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, sezione civile, che sembrava ormai consolidato in raccordo con numerosi interventi normativi che, invece, disciplinano competenza fiscale dei consulenti del lavoro che risultano idonei a prestare suddetta attività ai propri clienti.

Per decidere le azioni susseguenti alla sentenza citata, il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti è stato convocato in seduta straordinaria con procedura d'urgenza

Comunicazione all’Agenzia delle Entrate per la ricezione telematica dei modelli 730-4: temine ultimo 31 marzo

L’Agenzia delle Entrate ha stabilito, attraverso provvedimento pubblicato il 25/02/2011, che i datori di lavoro sostituti d’imposta che intendono ricevere per via telematica i risultati contabili (modelli 730-4) elaborati da parte dei Caf e dei professionisti abilitati devono inviare apposita comunicazione all’Agenzia entro il 31 marzo p.v.

I soggetti interessati sono tutti i sostituti d’imposta del settore privato, per cui si ritengono esclusi l’INPS, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’INPDAP, le Ferrovie dello Stato e le Poste Italiane spa nello svolgimento della funzione di sostituto d’imposta.

Sul proprio sito internet l’Agenzia ha reso disponibile il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche che i datori di lavoro dovranno utilizzare al fine di ricevere i risultati contabili.

La data entro la quale i sostituti d’imposta devono presentare la propria richiesta per la ricezione telematica dei modelli 730-4 da parte dell’Agenzia è il 31 marzo p.v., scaduta la quale la comunicazione telematica non avrà effetto per l’anno 2011.
Sono tenuti a presentare domanda anche i sostituti d’imposta che avessero già effettuato richiesta negli anni precedenti, ricevendo, dunque, telematicamente i modelli.
Qualora, infine, i predetti sostituti d’imposta intendono avvalersi dei soggetti intermediari incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, sono tenuti, in questo caso, ad indicare nella comunicazione il codice sede Entratel dell’intermediario prescelto.

lunedì 21 marzo 2011

PRIVACY: SI AVVICINA LA SCADENZA DEL 31 MARZO!

Si avvicina la scadenza annuale del 31 marzo per l’aggiornamento del DPS (Documento Programmatico sulla Sicurezza). Quest’anno, con l’entrata in vigore del nuovo provvedimento del Garante in materia di Videosorveglianza, il 29 aprile 2011 scadono i termini per adeguarsi alle misure di sicurezza previste dal punto 3.3 dello stesso.

Si consiglia pertanto una verifica dell’attuazione dei principali obblighi previsti dal D.lgs 196/03:

 Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS): annualmente e non oltre il 31 marzo di ogni anno, l'azienda deve aggiornare il proprio DPS (punto 19 allegato B del D.Lgs. 196/2003).
 Nota al consiglio di amministrazione sul DPS: ogni anno occorre riportare (allegato B) nella relazione accompagnatoria del bilancio d'esercizio l'avvenuta redazione o aggiornamento del DPS.
 Notificazione dei trattamenti: ove previsto dal Codice occorre notificare al Garante i trattamenti da effettuare.

Le azioni necessarie alla redazione di un nuovo DPS devono essere un momento di verifica degli altri adempimenti obbligatori, come, ad esempio:

 informative e richieste di consenso al trattamento dati, presenti ed effettuate correttamente;
 individuazione di Titolare, Responsabile/i e Incaricati al trattamento e relative lettere di nomina;
 applicazione delle misure minime di sicurezza e formazione agli incaricati.

IMPORTANTE!

Il DPS dovrà riportare le attività messe in atto a seguito dell’obbligo inerente l’amministratore di sistema (provvedimento che peraltro obbliga all’adozione di informative, nomine e formalizzazioni specifiche per alcuni fornitori esterni). Secondo le norme fissate dal Garante Privacy, tutti i titolari di trattamenti privacy che presuppongono la designazione dell'amministratore di sistema devono prevedere verifiche di conformità annuali, anche in relazione alle modalità di autenticazione e accesso logico ai sistemi di elaborazione e memorizzazione.
L'elenco degli amministratori di sistema, andrà inserito nel DPS a seguito di un'accurata valutazione delle caratteristiche di esperienza, capacità e affidabilità di questi ultimi.

Settore dello spettacolo: nulla osta al lavoro subordinato per i cittadini extracomunitari

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nota del 19/01/2011


Il D.L. n. 64/10 (convertito in L. n. 100/10) ha apportato delle modifiche al T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero per ciò che attiene alle procedure e modalità di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato per cittadini extracomunitari nel settore dello spettacolo ex art. 27.

Nello specifico è stata soppressa la necessità di ottenere il parere preliminare del Dipartimento dello Spettacolo da allegare per l’assunzione di cittadini extra-comunitari per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli.
Lo stesso regime viene esteso alla licenza comunale che i circhi e gli spettacoli viaggianti dovevano presentare in alternativa a tale parere.

L’Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo (ENPALS), con Messaggio del 16/03/11, n. 3, ha diramato la nota in questione a tutti i soggetti interessati.

Esclusione dall’appalto a causa di irregolarità contributiva.

Consiglio di Stato, IV sez., sentenza 24/02/2011, n. 1228

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1228/11, ha stabilito che l’esclusione del concorrente dalla gara d’appalto a fronte della sussistenza di cause di esclusione previste dall’art. 38, c. 1, lett. I), D.Lgs. n. 163/06, può avvenire solo qualora la stazione appaltante sia oggettivamente certa che l’eventuale debito contributivo dichiarato sia “grave e definitivamente accertato”.

Il Giudice ha così accolto l’appello di un’impresa che aveva impugnato il decreto del Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche per la Campania ed il Molise (n. 12494 del 16/09/2009) attraverso il quale era stata revocata l’aggiudicazione dell’appalto disposta in suo favore e affidato ad altro concorrente, per violazione dell’art. 38 c. 1, lett. I), D.Lgs. n. 163/06, ovvero, nello specifico, perché l’importo dell’omesso versamento di contributi assicurativi riportato nel DURC a carico dell’impresa era risultato superiore al minimo disposto dalla norma.
In realtà, l’impresa ricorrente presentava un debito verso l’INAIL imputato nel DURC, ma il suo importo effettivo era di molto inferiore al limite previsto stante la compensazione con il credito che la stessa vantava verso lo stesso Istituto.
Per cui la stazione appaltante avrebbe ben potuto verificare, a fronte di un’attenta valutazione degli elementi concreti e specifici forniti dal concorrente circa la compensazione del debito contributivo in capo all’impresa con il credito dalla stessa vantato presso l’INAIL, che la dichiarazione resa sul punto dal concorrente non era falsa.

Il Consiglio di Stato, in definitiva accogliendo l’appello del ricorrente, ha statuito che “il concorrente, in presenza di un bando di gara che richieda genericamente, come nel caso in esame, una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui alla lett. i), possa essere escluso soltanto qualora la stazione appaltante sia oggettivamente certa che l’eventuale debito contributivo dichiarato sia grave e definitivamente accertato”.

venerdì 18 marzo 2011

LAVORI AGGIUNTIVI SU IMMOBILE «PRIMA CASA» IN COSTRUZIONE

Nella Ris. n. 22/E del 22 febbraio 2011 l'Agenzia delle entrate ha chiarito che scontano l'aliquota agevolata del 4% ai sensi del n. 39) della Tabella A, parte seconda, allegata al D.P.R. n. 633/1972 non solo le prestazioni rese dall'appaltatore nei confronti della cooperativa, aventi ad oggetto la costruzione di fabbricati a destinazione abitativa non di lusso, ma anche le diverse prestazioni rese nei confronti del singolo socio, relative ad interventi di miglioria (extracapitolato). Ciò in quanto tali prestazioni, essendo rese in riferimento ad un alloggio non ancora completamente realizzato, non costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia ma si inseriscono nel processo di costruzione dell'immobile, posto che hanno ad oggetto l'inserimento di materiali particolari o accorgimenti costruttivi destinati ad assicurare una migliore funzionalità dell'alloggio stesso.

Va da sé che l'aliquota del 4% è applicabile anche ai lavori extracapitolato solo a condizione che l'abitazione, anche dopo l'esecuzione di detti lavori, conservi le caratteristiche «non di lusso» determinate sulla base dei parametri dettati dal D.M. 2 agosto 1969.


(R.M. 22 febbraio 2011, n. 22/E)

Certificati medici di malattia: invio per le zone non raggiunte da adsl

INPS, Messaggio n. 6143/2011


Dal 31 gennaio 2011 è diventato obbligatorio il sistema di trasmissione telematico dei certificati di malattia all’INPS da parte dei medici o della struttura sanitaria competente al rilascio.

Attraverso il messaggio suindicato, l’Istituto è intervenuto per gestire la situazione di quei medici che operano in zone non raggiunte da adsl, quindi non in grado di ottemperare alle norme in materia, prevedendo il rilascio di un’applicazione idonea alla trasmissione dei certificati, denominata SendMedClient, attraverso cui, utilizzando una pen-drive con modem GSM, è possibile acquisire i dati qualificanti il certificato medico ed inoltrarlo all’archivio centrale dell’INPS per mezzo di un flusso di sms.

Il sistema assegna un codice identificativo ad ogni certificato medico inviato e rilascia in duplice copia una ricevuta di conferma della “effettuata trasmissione”, una per il medico l’altra per l’utente. Il medico, inoltre, è tenuto a consegnare allo stesso utente una stampa del certificato inviato all’INPS come ricevuta di avvenuta trasmissione

martedì 15 marzo 2011

Stranieri, la segnalazione al sistema UE e' insufficiente

Messa in mora, forma scritta senza solennità

La costituzione in mora, all'infuori della scrittura, non è soggetta a rigore di forme e non richiede l'uso di formule solenni, nè di particolari adempimenti. La costituzione in mora, all’infuori della scrittura, non è soggetta a rigore di forme e non richiede l’uso di formule solenni, né di particolari adempimenti.

La causa di cui al commento ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni, in merito alla quale viene sollevata eccezione di prescrizione da parte della resistente. Nello specifico, al caso di specie è applicabile il disposto dell’art. 2947 c.c. ed il conseguente termine biennale di prescrizione.

L’eccezione della resistente, però, non tiene in adeguata considerazione l’invio da parte del ricorrente di ben tre diverse missive con le quali manifestava l’inequivocabile volontà di far valere il proprio credito nei confronti della controparte, con l’effetto sostanziale di costituire tale soggetto in mora. Infatti, le lettere contenevano una formale intimazione e diffida a versare il dovuto a titolo di risarcimento danni. Giuridicamente, pertanto, con tali scritti si è verificata un’interruzione del decorso del termine di prescrizione.

Il Giudice, al fine di risolvere la preliminare eccezione di prescrizione, si richiama e si attesta sulle posizioni della giurisprudenza ormai consolidata della Cassazione. L’orientamento richiamato stabilisce che la costituzione in mora è un requisito non soggetto a rigore di forme, con l’unica eccezione della scrittura, e, pertanto, non richiede l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti.

Ciò che è necessario, ma sufficiente è che il creditore manifesti in maniera esplicita, con uno scritto qualsiasi diretto al debitore e portato a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.

L’atto di costituzione in mora idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c. deve presentare un elemento soggettivo costituito dalla chiara indicazione del soggetto obbligato e da un elemento oggettivo consistente nell’esplicitazione scritta di una pretesa, intimazione o richiesta di adempimento idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (si richiama in tal senso la recente pronuncia Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2010, n. 3371).

Tale requisito non è ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore (ex multis: Cass. civ., 3 dicembre 2004, n. 2275; Cass. civ., 30 marzo 2006, n.7524). Sulla base di questo orientamento giurisprudenziale sembra non potersi condividere il diverso filone interpretativo secondo il quale l’atto di interruzione della prescrizione non deve consistere “in una richiesta o intimazione” (essendo questa una caratteristica della costituzione in mora) ma può anche emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti puramente o semplicemente l’intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante in tal guisa dovendosi interpretare estensivamente il disposto dell’art. 2943, 4° co. c.c. in sinergia ermeneutica con la più generale norma dettata, in tema di prescrizione, dall’art. 2934 c.c.” (Cass. civ., sez. III, 12 luglio 2006, n. 15766).

(Tribunale Pordenone, Sentenza 27/09/2010, n. 814)

PERMESSI EX R.O.L. - Mancato godimento dei permessi e adempimenti contributivi

dell'indennità sostitutiva degli stessi alle scadenze stabilite dai C.C.N.L., il versamento dei relativi contributi deve essere comunque effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui si colloca il termine ultimo di godimento del permesso.

Fonte: Min. Lavoro e Pol. Sociali, Nota 8/3/2011, n. 16

Ministero del Lavoro: flussi di lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2011

Il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali ed il Ministero dell'Interno, in data 25 febbraio 2011, hanno emanato una circolare congiunta, con la quale vengono fornite le istruzioni sulle procedure di inoltro delle istanze per i flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2011 (modalità di presentazione, procedimento istruttorio e procedimento relativo alla richieste di nulla osta pluriennale per lavoro stagionale).

In particolare, la circolare fa riferimento al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 febbraio 2011, che autorizza l’ingresso di una quota massima di 60.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero.

Si precisa che le domande di nulla osta per il lavoro stagionale potranno essere presentate - secondo le modalità di registrazione e di invio già utilizzate in passato e indicate sul sito del Ministero dell'Interno - a partire dalle ore 8.00 del giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale.

Lo stesso provvedimento consente l'ingresso anche ai lavoratori non comunitari, cittadini dei Paesi indicati precedentemente, che siano entrati in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale per almeno due anni consecutivi e per i quali il datore di lavoro presenti richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale.

INPS: nuove modalità per le comunicazioni obbligatorie dei lavoratori domestici

L’INPS, con la circolare 11/03/2011 n.49, ha precisato che le comunicazioni obbligatorie relative al lavoro domestico potranno continuare ad essere effettuate con i moduli cartacei fino al 31 marzo 2011.
In vero, a partire dal 1° aprile 2011 la presentazione delle comunicazioni obbligatorie di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione per lavoro domestico dovrà avvenire attraverso uno dei seguenti canali:
• WEB - servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
• Contact Center Multicanale - numero verde 803164;
• Intermediari dell'Istituto – attraverso i servizi telematici offerti agli stessi.

Pertanto i moduli cartacei SC38 COLD ASS, e SC39 COLD VAR potranno essere presentati direttamente o inviati per posta solo fino al 31 marzo 2011 (a tal fine fa fede il timbro a data dell'ufficio postale accettante o del servizio corriere utilizzato).

E’ importante osservare i suddetti termini perché per l’omessa o ritardata presentazione della comunicazione sono previste sanzioni amministrative, comminate dall’ Ispettorato del Lavoro, da € 100,00 a € 500,00 per ciascun lavoratore interessato.

La denuncia di assunzione potrà essere annullata purché ciò avvenga entro 5 giorni dalla data indicata quale inizio del rapporto di lavoro; superato detto termine, dovrà essere comunicata la cessazione del rapporto di lavoro.

La procedura telematica consente anche l’inoltro delle variazioni che sono strettamente oggetto di obbligo di comunicazione, in ottemperanza alle norme vigenti in materia e interessano:

- la proroga del termine del rapporto di lavoro inizialmente dichiarato nella dichiarazione di iscrizione;
- la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato;
- la cessazione del rapporto di lavoro.

Per le variazioni del codice fiscale del datore di lavoro e/o del lavoratore conseguenti la modifica effettuata dall’Agenzia delle Entrate e le variazioni dello stato di parentela/affinità, coniugio e di invalidità, l’INPS precisa che possono essere comunicate solo tramite il Contact Center che provvederà alla trasmissione della comunicazione.

Reintegrazione del dipendente in caso di cessazione di azienda

Corte Cassazione, sentenza 08/02/2011, n. 3047


La Suprema Corte ha deciso che in pendenza del giudizio di impugnazione del licenziamento, il verificarsi del trasferimento d’azienda non impedisce l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro. Secondo il parere del Giudice, infatti, l’intercorsa dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato precedentemente al trasferimento, implica la ricostituzione dell’originario rapporto di lavoro tra le parti che si trasferisce, dopo la cessione, in capo al cessionario.

venerdì 11 marzo 2011

Novità, chiarimenti e compilazione del Mod. 730/2011

Con nota operativa n.2 del 7 marzo 2011, l’Inpdap – Direzione Centrale Ragioneria e Finanze ha provveduto a fornire le principali novità intervenute per il corrente anno, in ordine all’assistenza fiscale.

In particolare, il modello in esame deve essere presentato entro il:

• 2 maggio 2011, se il modello è presentato al sostituto d’imposta (Inpdap);
• 31 maggio 2011 se il modello viene presentato al Caf o ad un professionista abilitato;
• 25 ottobre 2011 se viene presentato il Modello 730 integrativo (esclusivamente al Caf o ad un professionista abilitato).

Limiti per l’applicazione del quinto nella cessione dello stipendio

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro con parere n.4 del 7 febbraio 2011, analizza gli orientamenti giurisprudenziali in materia di applicazione del tetto massimo del quinto per la cessione di stipendio in caso di pignoramento, sottolineando come la giurisprudenza prevalente affermi che tale tetto è applicabile solo in caso crediti derivanti da rapporti diversi, mentre, non è applicabile nel caso di crediti e debiti contrapposti abbiano tutti e due origine da
un unico rapporto giuridico (nel caso di specie, il rapporto di lavoro).

Infatti, nel caso di rapporto di lavoro si dovrà realizzare un mero accertamento contabile di dare/avere, c.d. compensazione “in senso improprio” o “atecnico”, con elisione automatica dei relativi crediti fino alla reciproca concorrenza.

Tale specifica risulta applicabile anche al risarcimento del danno arrecato al datore da parte del lavoratore e al trattamento di fine rapporto maturato dal lavoratore.

A chiusura del parere la fondazione sottolinea che esiste anche un orientamento giurisprudenziale minoritario di segno nettamente opposto, secondo il quale si ritiene applicabile la normativa sulla compensazione in senso tecnico, ivi compreso il limite del quinto al credito del lavoratore che derivi da “stipendio, salario, o altre indennità relative al rapporto di lavoro”.

Co.co.pro. non residenti in Italia: gli obblighi contributivi

Il Ministero del Lavoro, con la risposta all’interpello n. 12 dell’8 marzo 2011, ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli obblighi contributivi per i collaboratori a progetto che non risiedono in Italia.

In particolare si segnala quanto segue:

- l’onere del versamento contributivo, nel caso di collaborazioni a progetto, è a carico del datore di lavoro, salvo accordo contrario tra le parti, ai sensi dell’art. 21 del regolamento di applicazione (CE) n. 987/2009;
- il recupero di contributi dovuti ad uno Stato membro può essere effettuato dall’istituzione corrispondente di altro Stato membro secondo le procedure seguite da quest’ultimo (art. 84 del regolamento CE n. 883/2004);
- nel caso in cui al lavoratore comunitario sia applicabile la legislazione italiana, le parti dovranno rispettare le specifiche disposizioni previste da questa stessa legislazione con riferimento alla tipologia di rapporto di lavoro instaurato;
- la possibilità di stipulare convenzioni a livello centrale tra INPS e istituzioni competenti degli Stati membri rientra nelle valutazioni dell’Istituto e come tale non può formare oggetto di interpello.


Ministero Lavoro - Risposta ad interpello 08/03/2011 n. 12

Dirigenti piccola e media industria: contribuzione 2011

Il Previndapi, con la circolare n. 29 dell’8 marzo 2011, ha reso note la contribuzione 2011 per i dirigenti della piccola e media industria e le modalità per il relativo versamento.

Con l'Accordo del 22.12.2010, Confapi e Federmanager hanno convenuto, con decorrenza 1.1.2011, l'introduzione di un massimale retributivo unico di € 150.000,00 per tutti i dirigenti iscritti. Quindi, anche per chi ha aderito alla previdenza complementare dopo il 28 aprile 1993 (cosiddetti "nuovi" iscritti), la retribuzione annua massima imponibile si attesta sullo stesso livello di quella dei cosiddetti "vecchi" iscritti.

Resta confermata la misura minima dei contributi a carico delle imprese (4%) e a carico dei dirigenti (4%) da versare al Previndapi. Il datore di lavoro e il dirigente possono determinare liberamente l'entità della contribuzione a proprio carico. Sulla base di intese, anche individuali, il datore di lavoro potrà aumentare la quota di contribuzione posta a suo carico, con corrispondente pari riduzione della quota di contribuzione posta a carico del dirigente, salvo il rispetto dell'aliquota minima (8%) complessivamente stabilita dagli accordi vigenti a carico dell'impresa e del dirigente.

Non sono intervenute modifiche per quanto riguarda le quote relative al conferimento del T.F.R. al Fondo pensione.

Cassa integrazione e 17 marzo

L’INPS, con il messaggio n. 6137 del 10 marzo 2011, ha precisato che, in caso di coincidenza della festività del 17 marzo con un periodo di ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, è confermato quanto indicato nel messaggio n. 13552 del 12 giugno 2009.

Pertanto:

- nell’ipotesi di CIG a orario ridotto il pagamento della festività è a carico del datore di lavoro;
- nell’ipotesi di CIG con sospensione dell'attività, la festività è riassorbita nel trattamento di integrazione salariale e il datore di lavoro non ha alcun onere se si tratta di lavoratori retribuiti in misura fissa, salvo se diversamente disposto dall'accordo sindacale;
- sempre nell’ipotesi di CIG con sospensione dell'attività con pagamento dei lavoratori a ore, la festività è a carico del datore di lavoro se ricade nelle due prime settimane di sospensione, mentre è assorbita nel trattamento di CIG a carico INPS se la festività ricade oltre le prime due settimane di sospensione dell'attività.

Per l’Unità d’Italia non vi è obbligo di prestazione lavorativa

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con la circolare n. 3 del 10 marzo 2011, ha fornito importanti chiarimenti in merito alla festività del 17 marzo, data in cui ricorre il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

In particolare, si osserva quanto segue:

- l’art. 1, comma 1, del D.L. n. 5/2011, istitutivo della giornata festiva del 17.3.2011, si applica a tutti i datori di lavoro del settore pubblico e privato;
- in tale data non sussiste l’obbligo, da parte dei lavoratori, di svolgimento della prestazione lavorativa. Resta ferma la possibilità, per l’azienda, di svolgere ordinariamente l’attività di lavoro con la consapevolezza che il lavoratore può scegliere se recarsi o meno al lavoro senza alla necessità di giustificare l’assenza dal posto di lavoro, essendo essa giustificata per legge;
- per il solo anno 2011, gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4.11 non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.


Fondazione Studi CDL - Circolare 10/03/2011 n. 3

giovedì 10 marzo 2011

Termini di conclusione dei procedimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

D.P.C.M. 22/12/2010 n. 275 – G.U. 07/03/2011 n. 5



Il D.P.C.M. 22/12/2010 n. 275 ha approvato il nuovo regolamento che, modificando le regole precedentemente in vigore contenute nel D.M. n. 227/1995 oggi abrogato, stabilisce i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza del Ministero del Lavoro che abbiano una durata non superiore ai 90 giorni.

Impossibilità di utilizzazione per il lavoratore licenziato per giustificato motivo

Corte di Cassazione, sentenza 08/02/2011, n. 3040


La Corte di Cassazione attraverso la sent. n. 3040/11 è intervenuta in materia di impossibilità di adibizione a mansioni equivalenti del lavoratore licenziato, stabilendo che la prova dell’impossibilità a carico del datore di lavoro non “deve essere intesa in modo rigido”.

Per cui il datore ha l’onere di provare l’impossibilità di utilizzazione del lavoratore licenziato nei posti di lavoro nei quali poteva essere impiegato anche attraverso la dimostrazione di circostanze indiziarie, come l’assenza di altre assunzioni in relazione alle mansioni del dipendente da licenziare.

Ccnl per il settore del commercio: le novità più importanti

Il 26 febbraio 2011 è stato siglato il contratto collettivo nazionale per il settore del commercio che introduce numerosi cambiamenti riguardanti differenti aspetti. Nello specifico le novità riguardano:

-contrattazione di secondo livello (territoriale o aziendale):
è stabilito che il contratto di secondo livello potrà trattare solo materie delegate dal Ccnl, escludendo, quindi, quelle disciplinate a livello nazionale. Il contratto in questione, inoltre, è eletto come sede per determinare gli elementi retributivi di natura variabile, i quali dovranno dipendere prevalentemente dagli elementi di produttività e competitività dell’ azienda. Infine, è ampliato il potere del suddetto contratto di derogare alcuni istituti previsti dalla contrattazione nazionale quando la deroga è finalizzata a conseguire un aumento della produttività;

-elemento economico di garanzia:
trattasi di un elemento retributivo riconosciuto ai dipendenti appartenenti ad aziende che non stipulano o non applicano accordi di secondo livello, al fine di compensarli per la perdita di reddito derivante proprio dalla mancata applicazione della contrattazione di secondo livello. Il suddetto elemento retributivo è riconosciuto solo ai dipendenti in forza al 31/10/2013, assunti non oltre l’1,5 dello stesso anno, ed è valido per il periodo compreso tra l’1/1/2011 e il 31/10/2013;

-detassazione:
in considerazione della circolare dell’Agenzia dell’entrata 3/2011 che stabilisce le condizioni per applicare la detassazione sulle somme destinate alla produttività, il Ccnl in questione individua gli elementi retributivi a cui applicare l’imposta sostitutiva del 10%;

-malattia:
il Ccnl introduce un sistema volto a penalizzare le malattie di pochi giorni e ripetute, stabilendo che:

- per i primi due giorni di malattia nell’anno solare resta in vigore quanto già previsto, ovvero al lavoratore spetta un’integrazione pari al 100% della retribuzione ordinaria;
- per la terza e quarta malattia, innovando rispetto al passato, l’integrazione sarà pari al 50% della retribuzione ordinaria;
- per la quinta malattia il datore di lavoro non dovrà più pagare i primi tre giorni.
Tale sistema non trova applicazione per le malattie certificate con prognosi di almeno 12 giorni;

-permessi:

l’accordo stabilisce per i lavoratori assunti dopo il rinnovo contrattuale, il differimento della data di maturazione dei permessi aggiuntivi che saranno maturati per metà a partire dal terzo anno e interamente a partire dopo il quinto anno successivo all’assunzione;

-bilateralità:

è noto che la contrattazione collettiva non può imporre l’adesione agli enti bilaterali, per cui l’accordo in questione, al fine comunque di incentivare l’adesione, qualifica i servizi offerti dall’ente come forme di retribuzione. Il datore di lavoro può scegliere o l’adesione all’ente oppure, in caso contrario, è tenuto a corrispondere un trattamento retributivo di carattere economico o la prestazione si servizi con identico contenuto a quello che avrebbe garantito l’ente ai lavoratori;

-arbitrato, conciliazione e certificazione:

il Ccnl stabilisce le nuove regole per costituire il collegio arbitrale che potrà essere adito a istanza di parte, fermo restando la possibilità per l’altra parte di non accettare tale procedura, ovvero sulla base di una clausola compromissoria la quale, in caso di sottoscrizione, diventa vincolante.

Per quanto riguarda la conciliazione si conferma la costituzione di una commissione di conciliazione presso l’Ente bilaterale territoriale del terziario, mentre, infine, per la certificazione dei rapporti, è stabilita la possibilità di costituire presso gli enti bilaterali apposite commissioni di certificazione abilitate a certificare i contratti e convalidare rinunce e transazioni.